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Duro atto d’accusa della senatrice Segre contro il premierato di Meloni che sogna essere l’Evita Peron italiana e cerca di emulare il criminale nonno politico, lo boccia sonoramente: “Ha aspetti allarmanti, non posso tacere”.

Roma, 15 Magg 2024 – Botta e risposta a distanza sulle riforme istituzionali tra due donne: di qua la premier Giorgia Meloni, di là la senatrice a vita Liliana Segre.

L'aula di palazzo Madama è stata impegnata nella seconda giornata dedicata alla discussione generale sul premierato che potrebbe concludersi già oggi, con la stragrande maggioranza degli interventi da parte di senatori d'opposizione. Questi hanno tutti confermato la contrarietà all'elezione diretta e soprattutto al meccanismo del parlamento eletto "a trascinamento" del candidato premier. Per di più senza garanzie di un ballottaggio. 

Ma è stato l'intervento della senatrice a vita Liliana Segre, nominata dal presidente Sergio Mattarella, a caratterizzare la giornata per la nettezza degli argomenti contro il ddl: innanzitutto sul metodo seguito dalla maggioranza ("una prova di forza") e in secondo luogo sul merito ("una sperimentazione temeraria"). Secondo Segre il testo voluto dal centrodestra, con l'elezione del Parlamento a trascinamento del candidato premier "produce un'abnorme lesione della rappresentatività del Parlamento, perché si pretende di creare a qualunque costo una maggioranza al servizio del presidente eletto, attraverso artifici maggioritari tali da stravolgere al di là di ogni ragionevolezza le libere scelte del corpo elettorale". Non è un caso, secondo la senatrice a vita, che pure la Corte costituzionale ha bocciato due volte per il porcellum e per l'italicum che avrebbero voluto applicare quelle ipotesi di premio di maggioranza. Inoltre, ha insistito Segre, la riforma produce "il drastico declassamento a danno del Presidente della Repubblica"; questi "non solo viene privato di alcune fondamentali prerogative, ma sarebbe fatalmente costretto a guardare dal basso in alto un presidente del consiglio forte di una diretta investitura popolare. 

La preoccupazione aumenta per il fatto che anche la carica di presidente della Repubblica può rientrare nel bottino che il partito o la coalizione che vince le elezioni politiche ottiene, in un colpo solo, grazie al premio di maggioranza". E con la maggioranza assoluta, il premier avrà anche il controllo delle nomine dei giudici della Corte costituzionale "e degli altri organi di garanzia". E poi la sferzata finale: anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le costituzioni sono nate". 

Meloni ha invece difeso il testo partecipando al forum organizzato dal quotidiano “La Verità”

“Si sta cercando di personalizzare lo scontro sul referendum sperando in un revival della situazione di Renzi. - dice Meloni - Ma le mie dimissioni sono un tema ogni giorno, avevano già una lista per il governo tecnico quando lo spread era salito un po'. – prosegue la presidente del Consiglio - Ma il premierato è la madre di tutte le riforme, e auspico grandi convergenze. Ma se non dovessero arrivare ci rivolgeremo ai cittadini. Non sarà un referendum su di me, perché questa riforma riguarderebbe la prossima legislatura. Riguarda il futuro, e non tocca neanche l'attuale presidente della Repubblica”. 

La riforma, continua Meloni - realizza meglio l'articolo 1 della Costituzione: 'La sovranità appartiene al popolo'. "Penso che con l'elezione diretta del capo del governo intanto si rimettano le decisioni nelle mani dei cittadini. E quando sono i cittadini a metterti dove sei tu rispondi a loro, mentre quando sono altri a metterti dove sei, tu non hai bisogno di rispondere ai cittadini. E dire che se il presidente del Consiglio va a casa si torna a votare, anche questo è un punto importante a favore di questa riforma". Governi brevi, inoltre "non permettono di avere orizzonte e strategie" e viene meno "la credibilità internazionale: i nostri interlocutori esteri sono abituati al mutare dell'interlocutore ogni volta che c'è un nuovo incontro. E spesso - conclude - mutiamo la linea ogni volta che cambia il governo, e questo lo abbiamo pagato economicamente".

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