Press "Enter" to skip to content

Turandot: la grande opera incompiuta ed allo stesso tempo un omaggio al grande artista sardo Pinuccio Sciola

Cagliari, 18 Mar 2107 - "Gelo che ti dà foco e dal tuo foco più gelo prende! Candida ed oscura! Se libero ti vuol, ti fa più servo! Se per servo t'accetta, ti fa Re!".

È questa la definizione che la Principessa Turandot dà di sé, in uno dei tre enigmi che i suoi pretendenti sono chiamati a risolvere per averla in sposa, a costo della loro stessa vita. Una donna che incarna la "femme fatale", divoratrice di uomini - ben dodici sono morti nel vano tentativo di averla - in grado di conquistare Calaf, nonostante la sua crudeltà e totale assenza di pietà.

È proprio questo il gelo che la caratterizza, una freddezza d'animo e crudezza che riescono comunque a piegare, quasi come una sorta di incantesimo, numerosi uomini al suo volere, rendendoli per l'appunto schiavi in cui arde come fuoco un sentimento, a dirla tutta incomprensibile date le circostanze, quello dell'amore (ribadisco in dodici perdono "letteralmente" la testa per lei!).

Il momento clou, quello del crollo di questa fortezza di ghiaccio, dovrebbe essere quello della morte di Liù che si sacrifica per il suo amato Calaf, per salvargli la vita, ed espira rivolgendosi a Turandot: "Tu che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta l'amerai anche tu!..... e invece, come disse il maestro Toscanini 'Qui finisce l'opera lasciata incompiuta dal Maestro per la sua morte' ". A questo punto si coglie appieno l'incompletezza della Turandot, manca infatti il risveglio del cuore della "Dark Lady" dal letargo invernale in cui si trova, cosa che finisce per rendere le parole di Liù come un grido senza voce. Lo spettatore resta basito, quasi deluso, dopo essere stato avvinto da un vortice che l'ha accompagnato per tutto lo spettacolo per poi lasciarlo all'improvviso facendolo precipitare rovinosamente a terra senza dargli un punto sicuro di appoggio. Nonostante ciò lo spettacolo data la sua trama avvincente e le musiche superbe continua ad affascinare chi la guarda come un amore che sboccia, ti invade e ti lascia sul più bello, lasciandoti comunque un fantastico ricordo.

Su queste premesse il Teatro Lirico di Cagliari decide di riproporre al pubblico cagliaritano la Turandot di Puccini come omaggio a due grandi maestri, uno il compositore lucchese e l'altro l'artista della pietra Pinuccio Sciola. È frutto della mente di quest'ultimo la scenografia che connota la rappresentazione che richiama la pietra e la sua musicalità, senz'altro suggestiva ed innovativa, come attestano anche i progetti dallo stesso elaborati ed esposti per il periodo di rappresentazione dello spettacolo- dal 17 marzo all'11 aprile- all'interno del Teatro. Su tutti colpisce l'idea di estendere la scenografia fino alla platea, di modo da fornire al pubblico la sensazione di trovarsi tra i grattacieli della città di Pechino, poi irrealizzata per questioni di sicurezza.

Come sempre l'orchestra, diretta da Alpesh Chauhan, e il coro mirabilmente preparato dal solito Gaetano Mastroiaco (che non delude mai!), dimostrano la propria qualità sopraffina. Non può dirsi lo stesso per gli interpreti, durante lo spettacolo non scappa nessun applauso a cielo aperto, specie dopo il passo più importante dell'opera il celebre "Nessun Dorma" in cui Amadi Lagha non riesce a trasmettere al pubblico quell'esplosione di emozioni che questo passaggio così cruciale dell'opera è in grado di produrre.

In ogni caso la Turandot merita di essere vista per Pinuccio per Puccini ma soprattutto per lo spettatore voglioso di innamorarsi - per i più avvezzi rinnamorarsi - di uno dei capolavori della lirica, non solo italiana, ma mondiale.

G.P.