Press "Enter" to skip to content

Al via la discussione generale della riforma (ennesima) del sistema sanitario regionale (2).

Cagliari, 6 Ago 2020 - Il consigliere del Pd Cesare Moriconi, soffermandosi su alcune scelte del passato, ha ricordato che quando si insediò Giunta Pigliaru la sanità fuori controllo a cominciare dai conti come disse anche la Corte dei Conti, ed anche nel 2010 la Giunta Cappellacci dovette coprire il disavanzo e fronteggiare un sistema con tutti gli indicatori in peggioramento. Oggi, ha sostenuto Moriconi, si ripropone un sistema nato nel ’95 che risaliva a sua volta all’81 e, nei fatti, stiamo ripartendo da lì, come se il tempo trascorso non ci avesse insegnato nulla, senza dimenticare che la pandemia ha aggravato tutto. Affrontando i temi della riforma, il consigliere ha lamentato che l’Ares fa più o meno le stesse cose dell’Ats e delle aziende territoriali, e che rispetto alla necessità di più risorse umane, professionali e finanziarie, c’è un bilancio che queste risorse non le ha. E’ chiaro quindi, secondo l’esponente del Pd, che questo scenario ciò non migliorerà assistenza, a parte il fatto che ci vorrà chissà quanto tempo per portare la riforma a regime, un tempo lungo nel quale non sarà garantito il diritto alla salute dei sardi, ed il sistema sarà esposto a gravissimi pericoli. Fermiamoci, ha detto infine Moriconi rivolto alla maggioranza, per valutare se possiamo affrontare questi rischi; questo sarebbe un vero atto di coraggio e responsabilità.

Il consigliere Nico Mundula, di Fdi, ha sottolineato che l’iter riforma è stato rallentato dalla pandemia e comunque per la Sardegna una riforma è necessaria per superare la visione precedente fondata sull’azienda unica. Questa riforma, ha proseguito, cambia strada per riportare la sanità sul territorio, quindi nessun passo indietro ma piuttosto un passo avanti perché in passato le risposte ai cittadini erano senz’altro più rapide e qualitativamente migliori, mentre poi si è assistito ad un progressivo affollamento delle strutture centralizzate e danno dei territori, a dimostrazione del fatto che risparmiare si può ma non sempre e su tutto. Mundula ha poi respinto l’accusa di una riforma non calata dall’alto: non è vero perché abbiamo sentito tutti ed abbiamo utilizzato i contributi arrivati dal basso, certo ci sarà da lavorare molto sulla rete della medicina territoriale e ospedaliera e questo sarà il vero banco di prova della riforma.

Il consigliere del M5S Roberto Li Gioi, partendo dalle numerosi impugnazioni di leggi regionali, ha sostenuto che è facile prevedere la stessa sorte anche per la riforma sanitaria, molto penalizzante per i cittadini e per tutti gli operatori del settore, un bluff che nasconde a malapena un grande progetto di occupazione di posti di potere, al di là di ogni competenza e di ogni principio di meritocrazia, perché l’Ats come Ares e le Asl sono scatole vuote. Soffermandosi sulla situazione gallurese, Li Gioi ha detto che in quel territorio c’è uno specifico preoccupante, ignorato dalla Regione nonostante le denunce di molti primari poi messi al centro di un procedimento disciplinare solo per aver detto la verità mentre è in corso una indagine della magistratura.

Il consigliere Giovanni Antonio Satta (Riformatori) ha ricordato gli effetti negativi della pandemia nella gestione del sistema sanitario regionale e le difficoltà generali di sostenibilità finanziaria riscontrate negli anni scorsi. «Questa riforma corre il rischio di essere inquinata dalle contraddizioni del passato. È indispensabile avere in testa un nuovo modello assistenziale e le risorse da destinargli – ha detto Satta – per questo abbiamo presentato alcuni emendamenti per disegnare un modello innovativo. In Sardegna, per le sue peculiarità, non possono essere replicati modelli, anche di successo, presenti in altre regioni italiane. Serve un’idea nuova e moderna che segni una rottura con il passato. L’attuale modello assistenziale non è più sostenibile anche per l’abbassamento della qualità dei servizi delle strutture periferiche e la debolezza della medicina territoriale. Occorre cambiare il rapporto tra cittadino e sistema sanitario. È quest’ultimo che si deve avvicinare al paziente e non viceversa».

Eugenio Lai (Leu) ha puntato l’indice contro la decisione della maggioranza di riesumare le vecchie otto aziende sanitarie: “È un ritorno al passato. Quel modello rappresentava il male della politica che i cittadini chiedono di cambiare. State dimostrando la vostra inadeguatezza a governare l’Isola. Se parliamo con il mondo economico e delle professioni sanitarie nessuno ritiene prioritario il ritorno a 48 posti di potere. Tutti pongono all’attenzione la necessità che il governo investa sulla sanità e riporti al centro il diritto alla salute dei cittadini». Secondo Lai i problemi atavici della sanità sarda si sono acuiti: «Le liste d’attesa sono peggiorate, in tanti presidi ospedalieri non sono ancora ripartite le visite ambulatoriali. Questa riforma è un ritorno al passato che crea confusione. Date priorità al ritorno dei posti di potere ma non mostrate attenzione né per i pazienti né per gli operatori del sistema sanitario. La nostra preoccupazione principale è che da settembre il vostro nuovo modello non riuscirà a far fronte a una possibile ripartenza della pandemia».  

Di parere opposto la consigliera Annalisa Mele (Lega): “È una riforma coraggiosa che riporta la sanità vicino ai cittadini – ha detto – la vostra era una riforma ospedalocentrica che ha demolito il territorio. La vostra riforma non ha funzionato, è stata un disastro, la nostra proposta va in una direzione opposta. Adesso definiamo la governance del sistema sanitario a cui seguirà la riorganizzazione della rete ospedaliera e dei servizi territoriali».

Di ritorno al passato ha parlato Piero Comandini (Pd): «Non lo dico solo per il numero delle Asl. In tutto il mondo si discute di spesa sanitaria e della riorganizzazione del sistema alla luce delle nuove emergenze causate dalla pandemia. La regola che in sanità si doveva risparmiare non vale più. Si ragiona in modo diverso perché si è capita l’importanza della prevenzione. Per questo credo che questa sia una discussione rivolta al passato. Sembra che non sia successo nulla e invece abbiamo dovuto affrontare una sfida senza precedenti. La Sardegna deve inserirsi nei ragionamenti europei e mondiali. C’è un problema di risorse e di infrastrutturazione degli ospedali». Comandini ha poi ricordato come il problema della governance abbia pesato su tutti i governi regionali. «Dal 2007 la spesa sanitaria è sulle spalle della Regione, da allora le cose sono cambiate ma non sono cambiate le liste d’attesa e la qualità dell’offerta nei territori. Dobbiamo tutti lavorare sul rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario. Se questo manca o è viziato si crea un cortocircuito. Noi abbiamo operatori di eccellenza ma dobbiamo migliorare la percezione che c’è nei confronti di questa riforma, basta vedere cosa ne pensano i territori e gli operatori sanitari.

 Giovanni Satta (Psd’Az), in apertura del suo intervento, ha ricordato il suo voto di astensione quando venne approvata la riforma della Giunta Pigliaru: «L’ho fatto perché nonostante non condividessi l’impianto della riforma ne apprezzavo gli sforzi per la riduzione della spesa e per una migliore organizzazione del sistema sanitario. Non ero d’accordo nemmeno sulla riorganizzazione della rete ospedaliera che ha penalizzato territori come la Gallura. L’Ats ha creato nuove periferie».

Negativo il giudizio di Antonio Piu (Progressisti): «Non ci sarà nessuna differenza tra l’attuale gestione di Ats e quella di Ares. Questa riforma non risolve né i problemi generali né quelli locali. E’ una discussione rivolta al passato, lascia una serie di punti aperti. Il ritorno alle 8 Asl causerà un inevitabile aumento dei costi. Mi aspettavo in questo difficile momento storico che si potesse parlare di ospedali del futuro, invece parliamo di altro. Abbiamo fatto una serie di proposte per le quali non abbiamo avuto nessuna risposta. Ci aspettiamo di capire come si abbatteranno le liste d’attesa, come si migliorerà l’offerta ospedaliera e l’organizzazione interna ai nosocomi. A Sassari uno dei migliori reparti di cardiologia d’Italia non può fare più di 500 interventi all’anno. Occorre connettere gli ospedali per aumentare l’offerta e garantire un servizio migliore ai cittadini».

Giorgio Oppi (Udc-Cambiamo), ricordando la sua pluriennale esperienza da assessore alla Sanità, ha difeso le scelte fatte: «Magari si tornasse al passato – ha detto - a Ozieri operavano grandi specialisti, a Iglesias c’era il miglior reparto di ortopedia della Sardegna. Prima i piccoli ospedali garantivano qualità. I problemi sono iniziati nel 2006 quando Soru ha deciso di caricare la spesa sanitaria sul bilancio regionale. Poi sono arrivate le gestioni Dirindin e Moirano. Il sistema adesso ha bisogno di correzioni». Sulle liste d’attesa e sulle scuole di specializzazione Oppi ha rivendicato le cose fatte e sottolineato le carenze delle ultime gestioni: «Nel Sulcis è sparito tutto. Bisogna capire bene le cose. E’ fondamentale oggi lavorare tutti uniti per approvare una buona legge e darle gambe». Segue

Giuseppe Meloni (Pd) ha espresso preoccupazione per i contenuti della riforma: «Vi chiediamo di fermarvi perché teniamo alla salute dei sardi ragionate insieme a noi. La sanità gallurese è in condizioni precarie. Mi sarei aspettato che l’assessore venisse a valutare. E’ inammissibile che Primari e medici vengano imbavagliati perché denunciano questa situazione. State prendendo una strada sbagliata. Siamo ancora in tempo per valutare le priorità e risolvere i problemi quotidiani dei pazienti sardi. E’ vero che in passato sono stati fatti errori ma da questi bisogna imparare. Non è solo l’Ats la causa dei mali della Sardegna. Il male principale è quello del reclutamento del personale. L’Aula se ne deve occupare anziché pensare solo alle poltrone».

Il dibattito è proseguito con l’intervento di Maria Laura Orrù (Progressisti) che ha rinnovato l’appello alla maggioranza di fermarsi.  «Mi aspettavo in una riforma del genere – ha detto -  di vedere un modello copernicano dove il cittadino viene messo al centro, ma nulla di tutto questo è contenuto in questo testo.  Noi dobbiamo provare a superare un momento di emergenza, ma dobbiamo anche guardare all’ordinario e allo straordinario. Per la consigliera Orrù è sbagliato il mancato coinvolgimento delle parti interessate. Reputo non corretto – ha affermato - affrontare una riforma sanitaria senza un’analisi costi benefici, strutturale e del personale. Inoltre, in questo testo non si parla di prevenzione e di sviluppo della politica di prossimità sanitaria. Con questa riforma – ha concluso - si rischia di perdere un’occasione straordinaria. Dobbiamo mettere al centro il cittadino».

I lavori sono stati sospesi e sono stati ripresi alle ore 16. Com

More from PRIMA PAGINAMore posts in PRIMA PAGINA »

Comments are closed.