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Triste giornata ieri per l’Arma dei carabinieri: arrestati un capitano e due marescialli per truffa ai danni dello Stato, peculato, corruzione e falso.

A fermare i tre militari sono stati gli stessi colleghi del Comando provinciale di Oristano che secondo quanto si è appreso ieri durante la conferenza stampa, i tre sono stati fermati dopo essere stati attirati con una scusa di servizio nella sede del Comando provinciale di Oristano e qui sono stati quindi accusati di aver venduto dati riservati a tre agenzie di investigazione dell'oristanese che pare si occupassero prevalentemente di "storie di corna".

Infatti, le agenzie investigative sarebbero state solite pagare 75 euro per un accesso alla banca dati delle forze dell'ordine e mille per un tabulato telefonico. Il procuratore della Repubblica di Oristano, Andrea Padalino Morichini, che seduto al fianco del comandante provinciale di Oristano dell'Arma Col. Giulio Duranti, il magistrato non è voluto però entrare nel merito dei fatti e si è limitato a confermare la fiducia della Procura nell'Arma dei Carabinieri. "Una fiducia, ha detto, che anzi esce rafforzata dopo questa imbarazzante vicenda - ha detto il procuratore - perché le indagini su quello che succedeva a Mogoro non sono partite dalla denuncia di un privato o da una fonte confidenziale o dal solito esposto anonimo, ma da un'iniziativa autonoma degli stessi carabinieri che hanno avuto la capacità di fare pulizia al proprio interno".

Una indagine rapida, ha detto ancora, che ha messo fine a una escalation di comportamenti illeciti e impedito la commissione di reati più gravi. Gli arresti sono stati eseguiti questa mattina a Oristano nella caserma che ospita il Comando provinciale dell'Arma. Il comandante della Compagnia di Mogoro, Biancheri e i marescialli del Nucleo investigativo, sono stati convocati col pretesto della partecipazione a una operazione coordinata dal Comando provinciale che prevedeva l'esecuzione di diversi ordini di arresto. Di essere loro i destinatari dei mandati lo hanno scoperto solo quando si sono presentati ai propri superiori. I tre militari finiti in carcere, ha rivelato l'inchiesta, non si limitavano a vendere alle agenzie investigative informazioni e dati riservati ai quali potevano accedere in virtù del loro status di Carabinieri, ma hanno anche impiegato i mezzi dell'amministrazione per attività di indagine, per esempio pedinamenti richiesti dalle agenzie di investigazione private, specializzate, a quanto si è saputo, in tradimenti e cause di separazione o di divorzio.

Ed è stato proprio questo "uso sconsiderato dei mezzi dell'arma" e i "consumi sproporzionati per un territorio tranquillo come quello della Compagnia di Mogoro", ha spiegato il col. Duranti, a far scattare i primi sospetti confermati poi dalle indagini che hanno coinvolto complessivamente nove persone. Quattro arrestate, i tre carabinieri più l'investigatore privato di Ghilarza Gianmarco Fadda, altri due militari per i quali è scattato l'obbligo di dimora, e altri tre investigatori denunciati a piede libero per corruzione.