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Caso Maugeri, motivazioni sentenza: “Formigoni corrotto e spregiudicato, grave danno per la Regione”

Milano, 20 Giu 2017 - A Roberto Formigoni non può riconoscersi alcuna attenuante in quanto dal processo sono emersi "gravi fatti posti in essere dalla più alta carica politica della Regione Lombardia per un lungo periodo di tempo, con particolare pervicacia", con "palese abuso delle sue funzioni" e "in modo particolarmente spregiudicato, per fini marcatamente di lucro e con grave danno per la Regione". Così nelle motivazioni della condanna per l'ex Governatore a 6 anni per corruzione per il caso Maugeri. Le sentenze Lo scorso 22 dicembre, la decima sezione penale ha condannato l'ex Governatore a 6 anni per corruzione. Per lui è caduta l'accusa di associazione per delinquere, i Pm avevano chiesto 9 anni. I giudici hanno condannato anche il faccendiere Pierangelo Daccò (9 anni e 2 mesi), l'ex assessore lombardo Antonio Simone (8 anni e 8 mesi), l'ex direttore amministrativo della Maugeri Costantino Passarino (7 anni) e l'imprenditore Carlo Farina (3 anni e 4 mesi). Assolti invece l'ex direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina, l'ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, l'ex dirigente regionale Alessandra Massei, l'ex moglie di Simone Carla Vites e Alberto Perego, amico storico dell'ex presidente lombardo.

Per il Tribunale, 6 anni sono una pena giusta per Formigoni tenuto conto della "gravità delle condotte, dell'intensità del dolo, dell'entità delle utilità illecite percepite per la messa a disposizione della altissima funzione, della mancanza di alcun quantomeno parziale risarcimento del danno, della notevole entità dei danni patrimoniali cagionati". Secondo l'accusa, dalle casse della Fondazione Maugeri sarebbero usciti, tra il 1997 e il 2011, 61 milioni di euro e dalle casse del San Raffaele (altro filone del processo), tra il 2005 e il 2006, altri 9 milioni. Soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società di Daccò e Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui l'uso di yacht e il pagamento di vacanze, a Formigoni. Lui in cambio, stando alle indagini dei pm Laura Pedio e Antonio Pastore, avrebbe favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di Giunta, garantendo rimborsi indebiti per prestazioni sanitarie (circa 200 milioni per la sola Maugeri).

Il Tribunale di Milano "ritiene che le utilità corrisposte a Formigoni in esecuzione dell'accordo corruttivo, tra il 2006 ed il 2011, siano stimabili nell'ordine di almeno sei milioni di euro, a fronte di circa 120 milioni di euro e di circa 180 milioni di euro che, nello stesso periodo, vengono erogati dalla Regione rispettivamente a Fondazione Salvatore Maugeri e Ospedale San Raffaele". Lo si legge nei motivi della sentenza con cui, tra gli altri, l'ex governatore è stato condannato a 6 anni per il caso Maugeri. Secondo i giudici "sotto il profilo cronologico si sottolinea il quasi parallelismo tra le erogazioni" a Fondazione Maugeri e al san Raffaele e "le erogazioni delle utilità". A questo proposito il Tribunale fa una serie di esempi come "le vacanze di Capodanno 2006/2007 (...) coeve all'intervento di Formigoni per la reintroduzione delle funzioni non tariffabili", che hanno comportato un incremento dei rimborsi alla Maugeri. Oppure, sostiene il collegio, l'ex governatore "fruisce del grosso utilità (vacanze e viaggi, contanti, villa in Sardegna) dal Capodanno 2007 in poi. Proprio in quell'anno (...) - si legge sempre nelle motivazioni -  si verifica l'intervento di Formigoni per garantire che la legge no profit venga approvata con un testo favorevole" all'ente con sede a Pavia e al San Raffaele "che avevano, all'epoca, più pressanti necessità finanziarie. È significativo, in particolare - proseguono i giudici - che la Giunta Regionale recepisca le modifiche alla legge sui no profit favorevoli alle due fondazioni in data 22.6.2007 e che Daccò acquisti Ojala (imbarcazione poi utilizzata quasi esclusivamente da Formigoni) proprio in data 28.6.2007".

"Gli ingenti capitali investiti" dal faccendiere Pierangelo Daccò e dall'ex assessore Antonio Simone "per garantire a Formigoni vacanze in località esclusive, disponibilità di imbarcazioni di lusso, uso di dimore di pregio, un altissimo tenore di vita, cene di rappresentanza e viaggi su aerei privati sono del tutto esorbitanti un qualsiasi normale rapporto di amicizia (sia pure con persone molto facoltose) e trovano, viceversa, sotto il profilo quantitativo e temporale, una logica spiegazione proprio nella remunerazione che i privati riconoscono al pubblico ufficiale quale corrispettivo al mercimonio delle funzioni". Scrive ancora il Tribunale di Milano nei motivi della sentenza. Per il collegio, "l'evidenza delle prove raccolte smentisce in radice la tesi della difesa di Formigoni, secondo cui le c.d. 'utilità del Presidente' non sarebbero che omaggi e regalie rientranti nell'ambito di un normale rapporto di amicizia tra Formigoni e Daccò".

In un capitolo delle quasi 700 pagine di motivazioni i giudici esaminano anche, una ad una, "le utilità percepite dal Presidente Formigoni, suddividendole in alcune macrocategorie per comodità espositiva: imbarcazioni; vacanze di Capodanno ed altri viaggi; villa in Arzachena - Località Li Liccioli; denaro contante; finanziamento elettorale di 600.000 euro". A differenza di quanto sostenuto dall'accusa, che ha contestato all'ex Governatore una corruzione da oltre 8 milioni, per i giudici (che hanno confiscato a suo carico 6,6 milioni come prezzo delle presunte tangenti) "non rientrano nel novero delle utilità di Formigoni le cene in ristoranti di lusso organizzate da Daccò in onore del Presidente della Regione". "Pur avendo tali cene, indubbiamente, un ritorno in termini di immagine per Formigoni - si legge nelle motivazioni - esse rispondevano anche al tornaconto di Daccò, che in questo modo accreditava (soprattutto agli occhi dei funzionari della Regione e dei Direttori Generali) la sua immagine di imprenditore del settore Sanità molto vicino al Presidente". Non appare dunque "congruo considerare tali cene come parte del sinallagma corruttivo". Le utilità in questione, tuttavia, concludono i giudici, "hanno una indubbia valenza probatoria con riguardo al consolidato rapporto personale esistente tra Daccò e Formigoni ed alle forti cointeressenze esistenti tra i due".

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