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Ucraina, tensione ancora alta: oggi incontro Kerry-Lavrov a Roma.

Il lavoro della diplomazia sulla crisi in Ucraina prosegue, anche se Mosca e Kiev continuano a non parlarsi e la Nato alza i toni. Oggi a Roma ci sarà probabilmente un secondo faccia a faccia tra il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. Intanto l’Unione Europea vara un piano di aiuti all’Ucraina da 11 miliardi di euro in due anni. Il pacchetto dovrà essere approvato oggi dal Consiglio straordinario dei 28 capi di Stato e di governo dell’Ue, l’altro fronte caldo sul piano diplomatico. In Crimea la tensione resta altissima e il vicepremier filorusso, Rustam Temirgaliev, annuncia che il 16 marzo si terrà il referendum sull’annessione alla Russia. Il Parlamento locale si è già espresso, votando all'unanimità per la secessione.

I soldi messi sul piatto da Bruxelles pareggiano, sostanzialmente, quelli promessi dalla Russia. Alla riunione di oggi, che sarà il primo impegno europeo di Matteo Renzi, è stato invitato anche il nuovo premier di Kiev, Arseniy Yatsenyuk. Gli aiuti sono molto articolati, con risorse che verranno dal bilancio europeo, ma soprattutto sotto forma di prestiti e investimenti coinvolgono la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Nel pacchetto, inteso come "contributo della Commissione allo forzo europeo e internazionale per fornire una via d'uscita sostenibile dalla difficile situazione economica e a sostegno della transizione economica e politica", sono incluse misure di assistenza politica e tecnica oltre ad un sistema di rifornitura di gas.

Le trattative diplomatiche intanto proseguono, anche se per ora con pochi passi avanti. Ieri a Parigi il segretario di Stato americano, John Kerry ha incontrato per due volte il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Non è stato però possibile portare allo stesso tavolo il capo della diplomazia russa e il ministro degli Esteri ad interim dell'Ucraina, Andrii Deshchytsia: Mosca continua a non riconoscere il governo ad interim di Kiev.

La conferenza sulla Libia in programma oggi alla Farnesina fornirà probabilmente una nuova occasione di confronto ed ha già permesso un primo colloquio informale tra Kerry, i ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania e il viceministro degli Esteri britannico. La richiesta è il ritiro delle forze russe e l'intervento di osservatori internazionali.

L'ipotesi è tornare agli accordi del 21 febbraio, conclusi tra l'allora presidente Yanukovich e le opposizioni, con la mediazione Ue. Altre consultazioni sono in programma a New York, dove il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si riunirà in serata.

Sul campo invece le parti continuano a mostrare i muscoli e a schierare i propri pezzi. Secondo Sergei Aksyonov, nuovo premier della regione autonoma della Crimea, le forze filorusse controllano tutti gli accessi alla penisola. Il vicepremier della Crimea, Rustam Temirgaliev, ha invece annunciato che il 16 marzo si svolgerà il referendum che chiederà alla popolazione se vuole restare a far parte dell’Ucraina o se vuole l’annessione alla Russia. Il Parlamento filorusso ha già deciso, votando all'unanimità per la secessione da Kiev.

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno dispiegato altri caccia F-35 nei Paesi baltici e tra le parti in causa la tensione è palpabile. Nel Consiglio Nato-Russia invece l'ambasciatore Aleksander Grushko si è alzato in più occasioni per lasciare polemicamente la riunione. Al termine l'Alleanza Atlantica ha annunciato da una parte che stringerà la collaborazione con Kiev e contribuirà a "aumentare la capacità militare" ucraina, dall'altra che "rivedrà i rapporti" con la Russia. A Kiev e nelle aree filo-occidentali dell’Ucraina intanto davanti ai centri di arruolamento si sono formate lunghe code. I giovani si preparano ad imbracciare le armi. Una prospettiva che tutto il mondo spera di evitare.

Ucraina, a Roma nessuna intesa e il ministro degli esteri russo rifiuta l’incontro con l’omologo ucraino.

La strada c'è: riportare in vigore gli accordi del 21 febbraio. Ma per arrivare a un accordo condiviso il percorso è ancora lungo. Tutto accade in poche ore di colloqui diplomatici: un'altalena di speranze e delusioni. I delegati si chiudono nell'Ambasciata Francese. Il ministro degli esteri ucraino arriva , in aereo, con Kerrry. Arriva anche il Ministro Lavrov. Ma quello che accade dopo non è chiaro. La Russia, si affretta a parlare di un'intesa raggiunta con gli Stati Uniti. L'ipotesi è tornare agli accordi conclusi tra l'allora presidente Yanukovich e le opposizioni, con la mediazione Ue. Ma subito dopo, una fonte diplomatica americana, precisa: nessun accordo sarà possibile "senza un'implicazione diretta del governo ucraino" ad interim.

Il nodo rimane dunque il riconoscimento del nuovo governo di Kiev. Serghiei Lavrov, infatti, a Parigi stringe la mano del segretario di Stato americano, ma si rifiuta di incontrare il ministro ucraino Andrei Deshizia.

A complicare le trattative diplomatiche arriva la presa di posizione della Nato, che oltre a "rivedere la gamma delle relazioni con la Russia" e a sospende la pianificazione degli incontri previsti, annuncia una più stretta collaborazione con l'Ucraina sul piano "militare e civile". Non aiutano le dichiarazioni forti di Hillary Clinton durante un incontro elettorale: Putin è come Hitler- dice.

Mentre la diplomazia continua a tessere i fili per arrivare a un accordo, sulla scacchiera della Crimea la Russia schiera i propri pezzi. Le forze russe hanno preso il controllo parziale di due basi missilistiche. A Evpatoria, nell'ovest della Penisola; a Fiolent, vicino al porto di Sebastopoli, che ospita la Flotta russa del Mar Nero. Qui, la tensione è così alta che l'inviato speciale dell'Onu Robert Serry viene accolto subito dalle minacce di un gruppo di filorussi: gli intimano di lasciare la Penisola e - di fatto - lo costringono a interrompere la missione. Per tutti è una guerra di posizione per controllare il territorio: i filorussi sono tornati anche a occupare il palazzo dell'amministrazione regionale di Donetsk, nell'Ucraina orientale, da dove erano stati cacciati poche ore prima, issando la loro bandiera sull'edificio.

 Così anche fuori dai confini: la Russia aveva mostrato i muscoli rafforzando le esercitazioni alla frontiera. Ora gli Stati Uniti dispiegano altri caccia F-15 nei Paesi baltici. Serviranno per aumentare la sorveglianze dei cieli, fino a che l'Ucraina non sarà pacificata. Così in tutto il paese: da Kiev alle regioni filo-occidentali i giovani si preparano alla guerra: lunghe code di reclute si sono formate davanti a ogni centro di arruolamento. Nel cuore di Kiev, i volontari erano così tanti, che hanno dovuto rimandarli a casa.