I dati a consuntivo dei saldi estivi 2013 evidenziano uno stato di grave sofferenza del settore abbigliamento e calzature, ormai stremato da una serie interminabile di dati contraddistinti dal segno meno. Il bilancio appare decisamente più negativo in quanto i dati dei saldi risultano perfettamente in linea con quanto rilevato per le vendite effettuate durante la stagione regolare, per vari motivi mai decollata.
Dopo una stagione in generale difficile, le imprese sarde del settore confidavano nei saldi estivi, considerati ormai come l’ultima occasione per recuperare una stagione ampiamente compromessa. Ma così, purtroppo, non è stato.
Anche questo anno, in Sardegna, i dati dell’indagine condotta dalla Fismo (Federazione italiana settore moda, aderente alla Confesercenti, che ha somministrato una serie di domande a un campione di 250 aziende associate) confermano per le piccole strutture distributive di questo specifico settore (abbigliamento, intimo e calzature) uno stato di estrema sofferenza che accomuna, senza eccezione alcuna, tutte le zone del territorio isolano preso a riferimento per l’indagine. L’81% (vedi tabelle) delle aziende contattate si dichiara insoddisfatto dell’andamento delle vendite durante il primo periodo dedicato ai saldi di fine stagione, e soltanto il 19% si dichiara pressoché soddisfatto.
Il 73% del campione ha denunciato decrementi rispetto al volume delle vendite relative allo stesso periodo dei saldi estivi dell’anno precedente (emerge il dato di Nuoro, dove l’87% circa dichiara un decremento). Tra questi, il 53% quantifica la perdita compresa tra il 10% e il 30%, mentre il 10% invece la dichiara addirittura superiore al 30%. I più fortunati (l’8% degli intervistati) hanno riscontrato incrementi comunque generalmente inferiori al 30%.
I dati delle vendite durante la stagione estiva sono in linea rispetto al periodo precedente i saldi. Il 73% del campione, infatti, dichiara un decremento rispetto ai volumi già fallimentari registrati nello stesso periodo del 2012.
“I saldi – spiega Davide Marcello, presidente regionale della Fismo – non rappresentano più uno stimolo agli acquisti per il consumatore, i cui comportamenti sono sempre più improntati alla prudenza e soprattutto decisamente limitati da budget prestabiliti che ne inibiscono la reattività a qualsiasi iniziativa di natura commerciale.
Il dato diventa ancor più negativo se si considera che quest’anno i saldi hanno avuto inizio con percentuali di sconto mediamente superiori di circa 10 punti percentuali rispetto agli anni precedenti. Inoltre, questo scarso dinamismo ha finito col danneggiare tutti quegli operatori che, per questioni di natura merceologica, non erano direttamente interessati dai saldi, ma che – in quanto operanti nei centri urbani – avevano sempre beneficiato del fervore commerciale che i saldi avevano generato in passato nelle tradizionali vie commerciali”.
Il presidente regionale della Confesercenti, Marco Sulis, sottolinea che “da tempo la nostra Confederazione ha avviato al suo interno una riflessione sulla questione. Riteniamo ormai maturi i tempi per attivare un concreto e capillare dibattito nella categoria sulla necessità di un nuovo quadro normativo che possa prevedere anche, come extrema ratio, l’abolizione dei saldi di fine stagione come tradizionalmente intesi. Ciò, in particolare, laddove non si riuscisse a pervenire ad una nuova legislazione che sia realmente efficace sul piano delle pari opportunità di vendita straordinaria tra tutti gli operatori del commercio e a tutela e garanzia delle aspettative dei consumatori. Ormai, le normative che regolano la materia, e in particolare le vendite straordinarie, sono obsolete. Come se non bastassero i casi di vendite non corrette da parte di molte catene della grande distribuzione e di alcuni commercianti (vendite promozionali artificiose ed altro), bisogna fare i conti con il commercio on line che ha creato una disparità di trattamento anche sotto il profilo fiscale. Per questo motivo chiediamo allo Stato e alla Regione, per quanto di loro competenza, un adeguamento in materia fiscale che consenta di dare un minimo di ristoro alle numerose aziende del settore”. Com