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Occupazione giovanile, appello della Cna: la Regione investa sulla formazione e sull’apprendistato

Per combattere la crisi in Sardegna è necessario investire maggiormente nella formazione dei giovani e nell’apprendistato. In quattro anni, dal 2008 al 2012, nella nostra regione il numero delle imprese artigiane è diminuito di oltre 3mila unità ed è calato del 3 per cento il numero degli addetti, ma il crollo occupazionale ha interessato in misura pesante le generazioni più giovani. Per questo motivo i vertici della Cna Sardegna chiedono alla Giunta regionale un maggiore sforzo per la formazione dei ragazzi in vista del loro inserimento nel mondo del lavoro.

Da una recente ricerca effettuata dal Censis per la Cna è infatti emerso che le imprese artigiane, anche quelle sarde, incontrano notevoli difficoltà ad inserire risorse giovanili in quanto i ragazzi sono spesso impreparati e hanno aspettative economiche eccessive rispetto alle effettive possibilità delle aziende. Solo il 32% degli artigiani ha infatti dichiarato l’intenzione di ricercare giovani con meno di 30 anni: la maggioranza delle imprese considera la variabile anagrafica ininfluente nella scelta della professionalità da inserire in azienda, ma vi è un 15,3% che esprime una chiara preferenza per gli over 30.  In base alla ricerca Censis-Cna la preparazione tecnica dei giovani, che non sempre si rivela adeguata (39,5%) alle esigenze, le aspettative economiche talvolta non in linea con quelle che sono le effettive possibilità delle microimprese artigiane (28%), la scarsa attitudine al lavoro artigiano (26,6%) e la difficoltà a sopportarne gli elevati carichi (25,1%), sono i principali problemi che gli imprenditori riscontrano nell’inserimento dei giovani nel lavoro. Questa dinamica è particolarmente preoccupante in una regione come la Sardegna in cui il tasso di disoccupazione giovanile – nettamente superiore rispetto al resto della Penisola - ha sfiorato anche il 45%, con punte superiori al 54% nella provincia di Sassari.

I giovani e l’artigianato - «In Sardegna la lunga crisi economica si è inserita in un contesto già strutturalmente problematico, in cui, rispetto al resto del Paese, i giovani hanno maggiori difficoltà nell’inserimento occupazionale nazionale»,  spiegano Bruno Marras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna. «Nella nostra regione, oltre alle difficoltà di trovare un posto di lavoro, si registrano anche maggiori probabilità di perderlo specialmente per chi è assunto con contratti atipici o a tempo determinato e un maggiore tasso di condizioni di lavoro irregolari: dati che preoccupano, visto che nel 2012 anche a livello nazionale si è segnato un nuovo record nei livelli di disoccupazione giovanile. La ricerca della Cna – sottolineano Marras e Porcu – evidenzia però anche un altro aspetto che potrebbe essere risolto da adeguati interventi politici: la difficoltà di reperire personale adeguatamente formato da parte delle imprese artigiane». Più di tre imprese su quattro (76,3%), tra quelle che negli ultimi cinque anni hanno ricercato profili da inserire in azienda, sono infatti andate incontro a enormi difficoltà quando si sono confrontate col mercato del lavoro: per il 42,6% delle imprese i profili incontrati non hanno competenze in linea con quelle richieste, perché poco tecniche e specialistiche.

Il nodo della formazione - Il mondo artigiano denuncia dunque anche in Sardegna un forte scollamento tra il mondo dell’istruzione e quello dell’impresa e critica un sistema educativo troppo teorico e generalista che non incoraggia l’esperienza pratica. «Il nostro sistema formativo è troppo frammentato in una miriade di percorsi che non sempre permettono uno sbocco occupazionale – spiegano Marras e Porcu -: ben tre aziende su quattro ritengono il sistema formativo inadatto ai bisogni delle imprese  e a criticare la qualità e l’efficacia di questo sistema sono soprattutto le imprese più strutturate, che necessitano di una maggiore diversificazione delle figure professionali e che e sempre più spesso e nonostante la crisi dell’occupazione oggi in atto, faticano a trovare sul mercato le competenze richieste». E, infatti, ben l’83,5% delle aziende con 20-49 addetti esprime un giudizio negativo sui canali dell’istruzione, reputati “poco adeguati” nel 54,9% dei casi, e “del tutto inadeguati” nel restante 28,6%.

Le accuse rivolte al sistema formativo dalla Cna sono sostanzialmente riconducibili a due filoni: da un lato, la percezione che i programmi formativi siano ispirati da una logica eccessivamente generalista, dall’altro quella che esista una separazione troppo netta e apparentemente insanabile tra mondo delle imprese e sistema scolastico. Più della metà degli imprenditori è convinta che i programmi formativi siano troppo teorici e generici (56,2%); per il 40,1% c’è poca comunicazione tra il mondo scolastico e quello produttivo, e quest’assenza di dialogo genera una mancata comprensione delle esigenze delle imprese; per il 39,7% degli intervistati si fa troppa poca pratica, e le risorse – economiche e tecnologiche – dedicate all’esperienza diretta sono inadeguate; per il 27,7% le esperienze formative – tirocini, stage, ecc. – promosse in ambito scolastico sono poche e poco efficaci; per il 23,2% la scuola viene meno al compito di trasmettere i valori fondanti del lavoro, quali la fatica, il dovere, il merito; per l’1,8%, poi, il sistema formativo è gravato da una complessità eccessiva che non giova all’efficacia dei percorsi scelti e alla qualità degli insegnamenti.

L’apprendistato - Se il mondo dell’impresa lancia pesanti accuse al sistema formativo, reo di trascurare le esigenze concrete che le aziende vivono nel loro operare quotidiano, salva invece l’apprendistato, unico strumento in grado oggi di fare da ponte tra mondo della scuola e quello dell’impresa. «Con il suo mix di studi teorici ed esperienza pratica fatta in azienda – aggiungono Marras e Porcu – l’apprendistato riesce a fornire ai nostri giovani un “buon” livello di preparazione per entrare nel mondo del lavoro. D’altronde l’esigenza di una maggiore attenzione alla formazione di giovani artigiani viene sentita in maniera particolare in Sardegna dove, secondo una recente a ricerca della CNA Sarda e del Cresme, i giovani sono fortemente preoccupati al pensiero della propria condizione futura, e – pur prediligendo il posto fisso - dichiarano una forte propensione ad intraprendere un’attività artigiana. Oltre il 60 per cento dei ragazzi sardi risulta molto intimorito dalla crisi: chi non lavora ritiene difficile trovare una collocazione che gli consenta di fare progetti e mettere su famiglia, chi invece ha un posto è preoccupato per l'instabilità della sua condizione contrattuale. «I ragazzi sardi hanno denunciato una grande difficoltà di accesso all’informazione sul lavoro – spiegano Marras e Porcu -: difficoltà nel venire a conoscenza delle opportunità lavorative ma anche nel progettare percorsi lavorativi efficaci. Pur prediligendo un eventuale posto fisso, i giovani sardi si mostrano abbastanza propensi ad intraprendere un mestiere artigiano. Circa il 37% di loro dichiara di mostrare un discreto interesse, percentuale che cresce decisamente tra i meno giovani e arriva fino al 45% nella classe di età tra 26 e 30 anni. I più interessati ad una professione artigiana sono coloro che possiedono un titolo di diploma di scuola superiore (quasi il 40%) mentre la percentuale scende tra i laureati- Per questi motivi – concludono Marras e Porcu – crediamo che le istituzioni abbiano il dovere di intervenire con adeguate politiche di istruzione e formazione per offrire una possibilità concreta a chi vuole costruire il proprio futuro intraprendendo una attività artigiana».Com