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Pensioni, dal primo gennaio aumenti del 3%, ma non per sei milioni di pensionati

Dal primo gennaio scattano gli aumenti del 3% per adeguare le pensioni al costo della vita ma, anche il prossimo anno, la rivalutazione non sarà valida per le pensioni superiori tre volte la soglia minima.

Lo ricorda la Spi Cgil, affermando che il blocco della rivalutazione riguarda sei milioni di pensionati. Con la rivalutazione prevista una pensione minima passerà da 481 euro a 495,43, mentre una da 1.000 euro arriverà a quota 1.025 euro.

Poiché nel 2013 sarà ancora in vigore il blocco della rivalutazione annuale introdotto con la riforma Fornero, spiega lo Spi-Cgil, sei milioni di pensionati vedranno invariato il valore della propria pensione per il secondo anno di fila.

Il blocco - segnala il sindacato pensionati della Cgil - riguarda soprattutto pensionati che hanno un reddito mensile di 1.217 euro netti (1.486 euro lordi).

Un pensionato che si trova in questa fascia ha già perso 363 euro nel 2012 e ne perderà 776 nel 2013. Un pensionato con un reddito mensile di 1.576 euro netti (2.000 lordi) nel 2012 ha perso invece 478 euro e nel 2013 ne perderà 1.020.

La mancata rivalutazione della pensione, sommandosi a quella dell'anno precedente, porterà quindi - sempre secondo lo Spi-Cgil - quei sei milioni di pensionati a ritrovarsi nel biennio 2012-2013 complessivamente con 1.135 euro in meno.

"In questo anno - ha detto il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone - abbiamo assistito a un accanimento senza precedenti sui pensionati, che più di tutti hanno dovuto pagare sulla propria pelle il conto della crisi. L'aumento annuale delle pensioni che scatterà nei prossimi giorni - ha continuato Cantone - è risibile e non garantisce il pieno recupero del loro potere d'acquisto. Oltretutto da questo meccanismo automatico sono stati estromessi per decreto sei milioni di pensionati, la maggior parte dei quali non possono di certo essere considerati ricchi o privilegiati".

"Il governo - conclude - ha scelto deliberatamente di colpire la categoria dei pensionati lasciandone in pace tante altre che potevano e dovevano contribuire al risanamento dei conti, ed è per questo che per noi la cosiddetta Agenda Monti non può di certo essere la ricetta giusta per la crescita e lo sviluppo del Paese".