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Un bordello per compiacere il premier

Hanno parlato "di un sistema strutturato per fornire ragazze disponibili a prostituirsi" il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e il pm Antonio Sangermano nel loro intervento davanti al gup Maria Grazia Domanico alla quale hanno ribadito la richiesta di processo per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione di ragazze maggiorenni e di Ruby, all'epoca dei fatti minerenne.

Nella loro ricostruzione i pm hanno sottolineato che il sistema si articolava su tre ruoli: un arruolatore e cioè Lele Mora, un fidelizzatore (Emilio Fede) che doveva valutare l'affidabilità della persona e un organizzatore economico-logistico (Nicole Minetti).

Per altro la Minetti, in qualche modo, secondo l'accusa, si è attribuita questo ruolo in una telefonata con l'amica M.T.. Quanto a Fede, secondo i due pm, aveva il compito di valutare le ragazze, la loro riservatezza, la disponibilità a fare sesso, e l'adattabilità alle personali esigenze che nascevano.

Il gup di Milano Maria Grazia Domanico, nella sua ordinanza con la quale ha ammesso Chiara Danese e Ambra Battilana come parti civili nell'udienza preliminare sul caso Ruby, ha spiegato che le ragazze hanno diritto ad 'entrare' nel procedimento perché é possibile che abbiano subito un danno all'immagine dal fatto di essere state associate alla presunta induzione alla prostituzione per le serate ad Arcore.

"Sono contenta, speriamo vada tutto bene". Sono le uniche parole pronunciate da Chiara Danese, 19 anni, che insieme ad Ambra ha chiesto ed ottenuto di essere parte civile all'udienza preliminare per il caso Ruby.

Chiara si è presentata questa mattina in aula per seguire l'udienza. Viso da ragazzina, capelli lunghi raccolti in una coda di cavallo, occhiali da vista anni Cinquanta, camicia rosa con rouches, blue jeans, golf, ballerine bianche e unghie laccate di rosso, Chiara, che ha ammesso di essere timida, è sempre stata affiancata da suoi due legali per tutto il tempo.

I legali avevano fatto riferimento ai danni all'immagine e ai danni morali e patrimoniali, da perdita di chance lavorative, che le due ragazze avrebbero subito dopo aver partecipato a un presunto festino a luci rossi ad Arcore il 22 agosto scorso.

Il gup nella sua ordinanza ha spiegato che il reato di induzione alla prostituzione, previsto dalla legge Merlin, si è evoluto nel tempo e dunque non è più solo un reato contro la morale pubblica, ma può danneggiare anche le persone fisiche e la loro immagine. "Il danno - hanno spiegato i legali delle due ragazze - sta nei comportamenti degli imputati (Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, ndr) che hanno portato le ragazze ad essere associate a ruoli che non hanno mai avuto".

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