Roma, 10 Mag 2018 - Condannato a trent'anni in appello Vincenzo Paduano, l'ex vigilante accusato di avere ucciso e dato alle fiamme la sua ex fidanzata, Sara Di Pietrantonio, il 29 maggio 2016. La conferma dell'ergastolo è quel che chiedeva la procura per l'uomo che due anni fa in Via della Magliana, a Roma, diede alle fiamme la ragazza, appena ventenne, dopo averla strangolata.
La difesa premeva per l'assoluzione di Paduano dai reati di stalking e di distruzione di cadavere, ma soprattutto perché non gli venisse riconosciuto l'aggravante della premeditazione. Secondo l'avvocato difensore Flora Divizia, infatti, l'alcool contenuto nella bottiglia che Paduano aveva portato con se quel giorno era poco e doveva servire solo a danneggiare la macchina della ragazza non ad incendiare nient'altro".
Quanto all'altro aggravante, quello per futili motivi, la difesa parlava di Vincenzo Paduano come "vittima di gelosia". Una gelosia diventata così insopportabile da arrivare a compiere il tragico gesto.
Un rapporto, quello tra Vincenzo e Sara, fatto di continui litigi e discussioni: "Loro due hanno sempre avuto mille casini e ogni volta tornavano insieme", ha spiegato la difesa. "Ma dai messaggi che i due si scrivevano Sara non aveva mai espresso paura nei confronti di Vincenzo".
Di altro avviso il Pm Maria Gabriella Fazi, secondo la quale la premeditazione c'era ed emergeva dal fatto che Paduano prima di compiere l'omicidio, si era preoccupato di lasciare il cellulare e il tablet al lavoro. "La ragazza - ha affermato oggi davanti ai giudici Fazi - è stata bagnata di benzina dalla testa ai piedi. Paduano inoltre ha bruciato il corpo sulle foglie secche per distruggere Sara".
L'alcol contenuto nella bottiglietta, insomma, sarebbe servito per ripulire il marcio da sradicare e fare "tabula rasa". Sui futili motivi insisteva l'accusa, che parlava di un gesto estremo dovuto alla perdita improvvisa di potere e controllo di Paduano sulla vittima che considerava essere "di sua proprietà".
"Non posso meritare la pace. Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto: ho tolto a Sara la possibiltà di essere felice, la pena più grande è la sofferenza che porto dentro e non il carcere", ha detto Paduano in aula rendendo spontanee dichiarazioni alla Corte.
"Posso sembrare cinica, ma non credo che Paduano si sia pentito: credo che per arrivare a un pentimento vero dovrà essere aiutato molto ancora perché da solo non può farcela", ha commentato la madre della vittima dopo la sentenza di condanna a 30 anni per Vincenzo Paduano. Rispetto al pianto del ragazzo la signora ha continuato: "Ha pianto per sé stesso direi...perché 30 anni sono una pena molto dura".