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Le rivelazioni della talpa Wylie: “Raccolta dati Facebook? Avviata da Bannon, lo stratega di Trump”

Londra, 21 Mar 2018 - Spunta un nome pesante nello scandalo che sta facendo tremare l'impero digitale di Facebook. Il programma per la raccolta di dati sul social network fu avviato dalla Cambridge Analytica sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump. Lo ha detto al Washington Post Chris Wylie, la 'talpa' che ha rivelato lo scandalo dei dati personali degli utenti dei social utilizzati per scopi politici. Bannon avrebbe voluto testare su milioni di profili facebook l'efficacia dei messaggi populisti lanciati durante la campagna elettorale di Trump. "L'intera società indignata, siamo stati ingannati", fa sapere la società, negando responsabilità dirette e promettendo indagini accurate e soluzioni sempre più efficaci a tutela della privacy. Intanto Londra, Washington, Bruxelles e l'italiana Agcom chiedono a Zuckerberg spiegazioni su quanto accaduto.

La rivelazione arriva dalla "talpa" di tutta l'inchiesta, intervistato dal Washington Post. Il programma per la raccolta di dati su Facebook fu avviato dalla Cambridge Analytica nientemeno che sotto la supervisione di Steve Bannon, l'ex stratega di Donald Trump. Per Chris Wylie - la gola profonda che ha innescato lo scandalo - Bannon, tre anni prima del suo incarico alla Casa Bianca, cominciò a lavorare a un ambizioso programma: costruire profili dettagliati di milioni di elettori americani su cui testare l'efficacia di molti di quei messaggi populisti che furono poi alla base della campagna elettorale di Trump.

Bannon, già numero uno del magazine ultraconservatore Breitbart news, entrò a far parte del board della società Cambridge Analytica di cui è stato vicepresidente dal giugno 2014 all'agosto 2016, quando divenne uno dei responsabili della campagna elettorale di Trump. Fu lui che aiutò a lanciare la società grazie ai finanziamenti dei suoi ricchi sostenitori, a partire dalla famiglia miliardaria dei Mercer. L'ex dipendente della Cambridge Analytica Wylie, in una intervista al Washington Post, spiega come di fatto Bannon in quel periodo era il boss di Alexander Nix, il controverso AD della società che nelle ultime ore è stato sospeso dal suo incarico.

"Nix non aveva l'autorità di spendere tutti quei soldi, afferma Wylie, che spiega come Bannon approvò nel 2014 una spesa di circa un milione di dollari per acquistare dati personali raccolti anche su Facebook. Bannon - riporta ancora il WP - ha ricevuto dalla Cambridge Analytica nel 2016 oltre 125 mila dollari in compensi per le sue consulenze e ha posseduto una parte della società per un valore tra un milione e i 5 milioni di dollari.

"Ho lavorato a diversi progetti politici e di solito che li finanzia non è il più intelligente" ma nel caso di Cambridge Analytica, la società che ha violato i dati personali di oltre 50 milioni di utenti Facebook per utilizzarli per fini politici, era il proprietario, il miliardario Robert Mercer, "il più intelligente nella stanza". Cosi' dice ancora Christopher Wylie. Cambridge Analytica appartiene al gruppo Strategic Communication Laboratories (Scl) ed è di proprietà di Robert Mercer che ha voluto ai vertici Steve Bannon, l'ex capo stratega del presidente Donald Trump.

Facebook, dopo il crollo in Borsa, interviene con una nuova dichiarazione sullo scandalo dei dati personali venduti alla Cambridge Analytica e utilizzati per scopi politici. "L'intera società è indignata, siamo stati ingannati", si afferma, assicurando come sia Mark Zuckerberg sia Sheryl Sandberg stanno lavorando per appurare i fatti e prendere le misure più adeguate. "Siamo impegnati a rafforzare le nostre policy per proteggere le informazioni personali e prenderemo qualunque iniziativa perché questo accada", prosegue la breve nota.

Lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi sui legami tra Facebook e la società di analisi dei dati Cambridge Analytica somiglia sempre più a una valanga, che trascina verso il basso i titoli del social network (ma anche del “rivale” Twitter, ad esempio) a Wall Street, producendo al tempo stesso pesanti conseguenze politiche, come la convocazione del fondatore Mark Zuckerberg alla Camera dei comuni inglese. La vicenda riguarda la cessione da parte del più utilizzato social network del mondo di dettagli personali su oltre 50 milioni di utenti, che sarebbero stati sfruttati per la campagna elettorale alle ultime presidenziali americane di Donald Trump, con lo stesso inquilino della Casa bianca costretto a promettere impegno per tutelare la privacy dei cittadini.

A Wall Street, dopo la giornata nera di martedì, anche ieri il titolo di Facebook è arrivato a perdere oltre il 5%. Mark Zuckerberg ci avrebbe rimesso quasi 5 miliardi di dollari in sole 24 ore, scivolando al quinto posto della classifica dei miliardari di Bloomberg, alle spalle di Jeff Bezos, Bill Gates, Warren Buffet e Amancio Ortega. Il creatore del social era arrivato a perdere fino a 6,06 miliardi di dollari nella seduta di lunedì, con i titoli del social media scesi dell'8%. Zuckerberg e le organizzazioni affiliate, inclusa la Chan Zuckerberg Initiative, possiedono - secondo alcune stime - complessivamente 403 milioni di titoli Facebook. E il crollo sta coinvolgendo anche i rivali di Twitter, col titolo precipitato al Nyse, cedendo il 9,4% a 31,68 dollari: le azioni erano arrivate anche a perdere l'11%, raggiungendo i minimi degli ultimi otto mesi.

Il parlamento inglese ha convocato Mark Zuckerberg, chiedendogli di comparire davanti a un comitato ristretto che indaga sulla diffusione di fake news, accusando la sua compagnia di averli ingannati in una precedente udienza. Il fondatore di Facebook è stato chiamato a fornire prove al Comitato su digitale, cultura, media e sport: In una lettera, il presidente della commissione, Damian Collins, ha scritto che a Facebook è stato ripetutamente chiesto come altre società abbiano potuto acquisire e detenere i dati degli utenti del suo sito, e se questi siano stati concessi senza il consenso degli utenti. "Le risposte dei suoi funzionari hanno sempre minimizzato questo rischio e sono state fuorvianti per il comitato” – si legge – “è giunto il momento di sentire un dirigente con autorità sufficiente per fornire un resoconto accurato di questo catastrofico fallimento del processo” di gestione dei dati personali di milioni di utenti. Zuckerberg dovrà rispondere entro il 26 marzo. E il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha scritto su Twitter di aver “invitato Mark Zuckerberg al Parlamento europeo. Facebook ha bisogno di chiarire davanti ai rappresentanti di 500 milioni di europei che i loro dati personali non vengono utilizzati per manipolare la democrazia".

Il presidente americano Donald Trump ritiene “che il diritto alla privacy degli americani dovrebbe essere tutelato”. Lo ha affermato il vice portavoce della Casa Bianca, Raj Shah, intervenendo sullo scandalo Facebook - Cambridge Analytica. Intanto, i vertici di Facebook – Mark Zuckerberg e Sheryl Sandberg in testa - si preparano ad affrontare i dipendenti del gruppo in un'assemblea che si svolgerà venerdì, nel corso della quale si discuterà della vendita dei dati di 50 milioni di utenti alla società di consulenza anglo - americana. Oggi, in collegamento live streaming col quartier generale di Menlo Park, c’è stato un primo incontro con lo staff, presieduto dal vicedirettore generale Paul Grewal. È la prima volta che i dipendenti hanno potuto chiedere spiegazioni sulla vicenda ai loro dirigenti.

A seguito dell'indagine dell'autorità  indipendente britannica Ico – Information Commissioner's Officer, relativa ai rapporti tra partiti politici, "data companies" e piattaforme online per la profilazione degli utenti, connessa alla personalizzazione dei messaggi elettorali, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha inviato a Facebook una specifica richiesta di informazioni circa l'impiego in Italia di analisi di dati per finalità  di comunicazione politica, da parte di soggetti terzi. Il Garante della privacy, Antonello Soro, ha detto di non avere "elementi per dire se anche in Italia sia accaduto e chi sia il destinatario di questa campagna di riconquista degli elettori e di allargamento in qualche modo viziato del consenso”, ha però sottolineato che si tratta di una possibilità concreta, ed “essendo possibile non possiamo sorprenderci se anche da noi, oltre che negli Usa, in Inghilterra o in altre parti del mondo si utilizzano questi canali per la ricerca del consenso". E il suo omologo europeo, Giovanni Buttarelli, è ancora più chiaro quando dice "non è il mio ruolo indagare come i dati" degli italiani su Facebook "siano stati utilizzati in pratica", nell'ottica di una potenziale manipolazione delle elezioni italiane, ma "il modo in cui il sistema funziona", dai likes alle fan page sino alla geolocalizzazione "è globale, è esattamente lo stesso, non c'è un approccio nazionale".

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