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Verso lo smantellamento di una associazione a delinquere dedita agli omicidi e traffico di droga nella provincia nuorese

Nuoro, 5 Mag 2017 - Al termine di lunghe e laboriose indagini, coordinate dal dott. Danilo Tronci della Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari e svolte dai militari del Nucleo Investigativo di questo Comando Provinciale di Nuoro, in collaborazione con altri reparti dell’Arma, è stato notificato agli imputati ed ai loro difensori, l’avviso della conclusione delle indagini preliminari nei confronti di Cesare Balzano, di 48 anni, operatore ecologico, pregiudicato di Arzana; Angelo Balzano, di 52 operatore ecologico, pregiudicato di Arzana; Andrea Agus, di 48, operaio, pregiudicato di Lanusei; Luigi Piras, di 45, operatore ecologico, pregiudicato di Arzana; Salvatore Mereu, di 54, operaio forestale, pregiudicato di Tortolì; Giangiuseppe Ferrai, di 39, disoccupato, pregiudicato di Arzana; Paolo Mulas, di 52, allevatore, pregiudicato di Tertenia; Armando Mameli, di 59, imprenditore, pregiudicato di Tertenia; Fabrizio Demontis, di 43, allevatore, pregiudicato di Escalaplano e Davide Balzano, di 29 anni, allevatore, pregiudicato di Arzana. Questi sono tutti indagati, a vario titolo, per i seguenti reati: Cesare Balzano, Angelo Balzano, Luigi Piras, Salvatore Mereu e Giangiuseppe Ferrai per rapina aggravata, perché, il 21 settembre 2004, in Tortolì, in concorso tra loro e con Marco Ferrai (deceduto), puntavano due pistole contro il caporal maggiore dell'Esercito Cristian Cabitza, in servizio di piantone all'armeria della base militare di Capo Bellavista, e, quindi, dopo averlo immobilizzato, legandolo con alcuni lacci, si impossessavano di tredici fucili mitragliatori e altro materiale di armamento e per il reato in materia di armi, per avere detenuto illegalmente le due sopraindicate pistole.

Cesare Balzano, Angelo Balzano, Luigi Piras, Giangiuseppe Ferrai e Paolo Mulas per il reato in materia di armi, per avere, in località Capo Bellavista ed altri luoghi, dal 21 settembre 2004 ad oggi, in concorso tra loro, illegalmente detenuto i soprindicati fucili mitragliatori compendio del delitto di rapina aggravata. Successivamente, nel corso degli anni, alcuni dei fucili trafugati sono stati recuperati.

Infatti, due AR 70/90 sono stati rinvenuti il 27 aprile 2006, nell’agro di Loceri, dalla Polizia di Stato; un AR 70/90 è stato rinvenuto il 12 febbraio 2007, in agro di Arzana, dai Carabinieri di Lanusei; un SC 70/90 è stato rinvenuto il 24 ottobre 2007, in agro di Girasole, dalla Polizia di Stato; due AR 70/90 sono stati rinvenuti il 9 novembre 2008, in Arzana, dai Carabinieri; due AR 70/90 sono stati rinvenuti il 18 luglio 2015, in agro di Arzana, dai Carabinieri; altri due AR 79/90 sono stati consegnati a Paolo Mulas in data prossima e antecedente al 30 gennaio 2006, sì che i restanti tre sono da considerare tutt'ora nella disponibilità di Cesare Balzano, Angelo Balzano, Luigi Piras e Giangiuseppe Ferrai.

Fabrizio Demontis invece è accusato del reato in materia di armi, per avere, in luoghi imprecisati, dal 21 settembre 2004 ad oggi, detenuto illegalmente un numero imprecisato di kalashnikov, pistole mitragliatrici P. Beretta M/12 e relativo munizionamento.

Poi Cesare Balzano e Luigi Piras sono indagati per duplice omicidio, per avere, a Tortoli, località Basaura, il 3 dicembre 2004, in concorso tra loro, ucciso Nino Ferrai e Mariangela Bangoni, genitori di Marco Mariano Ferrai, esplodendo al loro indirizzo dieci colpi d'arma da fuoco con due fucili cal. 12, con munizionamento spezzato e con le aggravanti di aver agito con premeditazione e di aver commesso il reato per assicurarsi l'impunità in relazione al delitto e per il reato in materia di armi, per avere detenuto illegalmente i due fucili di cui al punto che precede... Con l'aggravante di aver commesso il fatto per eseguire il delitto di cui al punto che precede.

Cesare Balzano è accusato di omicidio premeditato, perché, ad Arzana, località Accodula, il 26 dicembre 2000, in concorso con persona allo stato non identificata, avrebbero ucciso Angelo Tangianu esplodendo al suo indirizzo cinque colpi d'arma da fuoco, con due fucili cal. 12 caricati a pallettoni, che lo hanno raggiunto mentre era seduto nell'auto e dopo essere uscito dall'auto, mentre cercava di scappare a piedi, ed infine, una volta caduto a terra,  centrandolo con altre due fucilate esplose da breve distanza. Quindi sono anche indagati per il reato in materia di armi, per avere illegalmente detenuto i due fucili di cui al punto che precede.

Inoltre Armando Mameli e Cesare Balzano sarebbero gli autori di un tentato omicidio premeditato, perché, a Tertenia, località Abba Urci, il 6 febbraio 2006, in concorso tra loro, tentavano di cagionare la morte di Luigi Lobina e della moglie Francesca Longobucco, esplodendo contro di essi due colpi di fucile cal. 12, caricati a pallettoni, e non riuscendo nel loro intento per cause indipendenti dalla loro volontà. Infatti, le fucilate sfondarono il finestrino del guidatore del fuoristrada Asia Rocsta condotto dal Lobina, attingendo la moglie alla spalla destra. Il Lobina era poi riuscito a fuggire col suo veicolo. Sono inoltre indagati per il reato in materia di armi, per avere detenuto illegalmente in luogo pubblico il fucile di cui al punto che precede.

Cesare Balzano. Armando Mameli e Paolo Mulas sono accusati del reato in materia di armi, per avere, in luogo imprecisato, a tutt’oggi, in concorso tra loro, illegalmente detenuto e occultato un quantitativo imprecisato di materiale esplodente del tipo dinamite, comunque non inferiore a 10 kg, che Mameli aveva ceduto a Mulas.

Cesare e Angelo Balzano e Luigi Piras sono indagati per il reato di estorsione, aggravata.

Davide Balzano per il reato in materia di armi, per aver detenuto illegalmente una pistola cal. 9 di marca e modello imprecisati, con placchette in osso e relativo munizionamento… In Arzana, dal 6 febbraio 2007 a tutt'oggi.

Cesare Balzano, Angelo Balzano e Andrea Agus sono anche accusati di aver partecipato a un'associazione per delinquere finalizzata alla coltivazione, all'acquisto, alla distribuzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, in particolare provvedendo Cesare e Angelo Balzano alla coltivazione delle piante, alla raccolta della sostanza e Andrea Agus alla commercializzazione della droga... In Lanusei e zone circostanti, sino al 26 novembre 2005.

L’inchiesta in una prima fase è stata incentrata sulla clamorosa rapina alla base militare di Capo Bellavista e sulla contemporanea scomparsa di Marco Mariano Ferrai, ma ha via via riguardato altri fatti collegati e, successivamente, ha fatto luce su altre vicende, anche cronologicamente antecedenti, di cui alcuni indagati erano stati protagonisti.

La rapina alla base militare di Capo Bellavista, nel promontorio di Capo Bellavista (territorio di Arbatax, frazione di Tortolì) aveva la base un distaccamento del Poligono Interforze del Salto di Quirra.

Nel mese di aprile 2003, nell’ambito dell’Operazione Domino, la struttura diventò anche la base operativa dei vari contingenti del Reggimento Corazzato di Teulada, del 151° e del 152° Reggimento della Brigata Sassari, che concorrevano con le Forze di Polizia alla vigilanza sull’aeroporto di Tortolì e sul porto di Arbatax.

Il 21 settembre 2004, vi operava un distaccamento del 151° Reggimento “Sassari”, di stanza alla Monfenera di Cagliari.

I servizi di pattuglia erano disimpegnati da militari armati di fucile mitragliatore Beretta mod. AR 70/90.

La sera del 21 settembre 2004, intorno alle 21.40, un malvivente, suonando ripetutamente il clacson, richiamò l’attenzione del militare che disimpegnava il servizio di piantone all’armeria della base. Il militare si affacciò a una finestra e vide, ferma davanti al cancello, una Fiat Uno rossa. E subito dopo due banditi, rizzatisi da sotto il davanzale, gli hanno puntato contro delle pistole, intimandogli di non muoversi e subito dopo il militare sentì un forte scoppio.

Immediatamente fu raggiunto alle spalle da un altro bandito. Velocemente un altro fuorilegge entrò nel bagno.

I due, strattonandolo, lo condussero all’interno dell’armeria, costringendolo a sdraiarsi per terra. Un criminale gli legò le mani ed i piedi e nel frattempo i complici razziarono i fucili mitragliatori e le cassette contenenti le munizioni, portando via 13 fucili mitragliatori A.R. 70/90, munizioni e vario materiale.

La scomparsa di Marco Mariano Ferrai - Nella tarda mattinata del giorno seguente, 22 settembre 2004, Nino Ferrai si recò alla Stazione Carabinieri di Tortolì per cercare notizie sul figlio Marco Mariano, che non rispondeva al telefono e non dava notizie di sé. Chiese se fosse stato arrestato, poiché non era rientrato a casa dal giorno precedente. Furono espletati accertamenti ma nessuno aveva sue notizie.

Nel pomeriggio, Nino Ferrai si ripresentò in caserma e ripeté che il figlio era scomparso, ma che prima di formalizzare la denuncia doveva fare un non meglio indicato controllo.

L’indomani, Nino Ferrai si recò al Commissariato di Tortolì, visibilmente stanco ed agitato, per cercare notizie del figlio, riferendo che era scomparso tra le 15.30 e le 16 del 21 settembre, dopo che si era allontanato da casa assieme all’arzanese Cesare Balzano, che era passato a prenderlo.

Chi era Marco Ferrai? - Marco Mariano Ferrai, noto Marco, viveva col padre Nino, che era pensionato ed allevava poche pecore, e con la madre, Mariangela Bangoni, casalinga e pensionata. Il giovane non lavorava ed era sprovvisto di patente di guida. Era stato fidanzato con una giovane del luogo. Non fumava, né beveva. La madre, di nascosto dal marito, gli dava 25 euro al giorno per uscire. Ma alle macchinette video poker, come ha accertato l'indagine, ne spendeva molti di più. Aveva qualche piccolo precedente di polizia e, soprattutto, un carattere difficile, tanto che gli avevano bruciato tre delle cinque o sei autovetture che aveva posseduto.

Marco scomparve nelle stesse ore in cui a Tortolì furono rapinati i fucili mitragliatori, e i giornali pubblicarono la notizia della rapina il giorno seguente.

È verosimile, pertanto, che Nino temesse che i Carabinieri o la Polizia avessero arrestato il figlio poiché lo considerava coinvolto nella rapina. I suoi comportamenti successivi avvalorarono questa tesi.

Poco dopo essere andato dalla Polizia, Nino Ferrai si presentò di nuovo dai Carabinieri. Disse che il figlio era uscito da casa intorno alle 16 del 21 settembre, allontanandosi assieme a Cesare Balzano, e che da allora non avevano più sue notizie, precisando che la moglie era testimone oculare del fatto.

Poi riferì che la sera precedente aveva parlato con il Balzano, il quale gli disse che lui e Marco erano andati al Bar Gennargentu di Tortolì per bere una birra, e affermò di averlo lasciato al bar.

Nino raccontò anche d’aver contattato altri amici di Marco ma che nessuno sapeva dove fosse finito, e che era preoccupato perché si era allontanato senza portare con sé effetti personali e non era mai rimasto così tanto fuori casa. Svelò, peraltro, che la moglie non era in  grado di parlare  poiché  molto scossa.

Nino Ferrai, dunque, non rivelò subito che il figlio si era allontanato con Cesare Balzano. Inoltre, dopo aver cercato di rintracciare Marco chiamandolo al cellulare, la mattina del 22 settembre 2004, chiamò Salvatore Mereu, senza però riuscire a parlarci.

Nino aspettò qualche ora e poi con la moglie e un conoscente si recarono ad Arzana, per parlare con Cesare Balzano. Nel corso di un acceso confronto gli chiese di telefonare a Marco in sua presenza. Dopo quella discussione Nino contattò Salvatore Mereu.

L’incontro con Cesare Balzano fece cambiare atteggiamento a Nino convincendolo a sporgere denuncia di scomparsa.

Il pomeriggio del 23 settembre 2004, il cellulare di Marco Ferrai continuava ad impegnare il ponte ripetitore ubicato in località Bruncu Avane, nelle campagne del comune di Arzana. Interagì con la rete, trasmettendo dallo stesso punto, sino alle 15.54 del giorno 25, poi, probabilmente perché esaurita la batteria, il cellulare non captò gli impulsi che gli venivano inviati.

Dalla mattina del 24 settembre e per molti giorni a seguire, diverse squadriglie dell’Arma, supportate da unità cinofile e dagli elicotteri, perlustrarono una vasta zona sita ai confini tra i territori di Arzana, Villagrande Strisaili, Talana, Baunei e Girasole: si soffermarono nella zona di Birdesu e sulle rive del lago Santa Lucia. Le asperità del terreno ed il fitto sottobosco resero molto difficili le ricerche, che nonostante i reiterati tentativi ebbero esito negativo.

In più circostanze, anche pubblicamente, Nino Ferrai e la moglie Mariangela Bangoni puntarono l’indice contro Cesare Balzano, ritenendolo responsabile della sparizione del figlio. Emblematico al riguardo ciò che disse Nino Ferrai ad una giornalista che lo ha intervistato: “L’hanno preso in tranello e l’hanno ammazzato”.

L’intervista fu mandata in onda la sera del 18 ottobre 2004, da Rai Tre, all’interno del programma “Chi l’ha visto?”, durante un servizio riguardante la rapina alla caserma di Capo Bellavista e la scomparsa del giovane tortoliese. Le accuse erano gravissime e inequivocabili: facendo quelle affermazioni disse in buona sostanza di ritenerlo uno degli assassini di Marco.

Per più giorni i familiari cercarono il corpo di Marco nelle rive del lago Santa Lucia, confermando che si erano rassegnati circa la sua sorte.

I genitori non nascosero che avrebbero fatto ricorso a qualsiasi mezzo per scoprire la verità e che erano decisi a vendicarsi.

Era palese che non si sarebbero fermati davanti a nulla finché non avessero raggiunto lo scopo, dopo aver avuto il coraggio di denunciarlo anche in tv (fatto del tutto inconsueto per quella comunità, contraddistinta da un’atavica omertà).

Nei giorni seguenti, incessantemente, Nino continuò a tentare di trovare indizi, spesso esternando i propositi di vendetta e proferendo minacce di morte nei confronti di Cesare Balzano.

Il 13 novembre 2004, in piena notte, andò a fuoco la Fiat Uno di Nino Ferrai. Poiché non aveva mai difettato, sebbene non siano state rilevate tracce che avvalorassero l’ipotesi, egli non ebbe dubbi nel ritenere l’incendio di origine dolosa. Sebbene, infatti, in sede di denuncia abbia dichiarato di non avere sospetti, nell’immediatezza riferì ad un operatore di Polizia che l’unico che riteneva capace di un tale gesto era Cesare Balzano.

Nino Ferrai era cosciente che la ricerca di notizie e l’intervista a “Chi l’ha visto?” avrebbe provocato una risposta, per cui si attendeva di tutto. Ed il fatto che andasse in giro armato di pistola lo conferma (fu repertata accanto alla mano destra del suo cadavere). Dimostra, appunto, che si sentiva in pericolo e che riteneva tale condotta un movente sufficiente per attentare alla sua vita.

I media diedero ampio risalto al fatto, per cui Nino Ferrai e Mariangela Bangoni ricevettero diverse telefonate da parenti, conoscenti e amici ed in più di una circostanza, con diversi interlocutori, i coniugi ribadirono le accuse contro Balzano e l’intento di vendicarsi.

Duplice omicidio di Nino Ferrai e Mariangela Bangoni - Verso le 7.20 del 3 dicembre 2004, in località Basaura, sulla strada che fiancheggia la pista dell’aeroporto di Tortolì, appena scesi dalla loro Fiat Uno, mentre stavano per accedere ad un terreno in cui da diverso tempo facevano pascolare il loro gregge di pecore, Nino Ferrai e Mariangela Bangoni furono attinti da numerose fucilate.

L’uomo morì subito, la donna qualche ora dopo, nell’ospedale di Lanusei.

L’indagine tecnica eseguita dal R.I.S. Carabinieri di Cagliari confermò che erano stati usati due diversi fucili, svelando, soprattutto, che uno era stato utilizzato anche il 13 novembre 2002, in agro di Loceri, per uccidere Ottavio Podda.

Durante le investigazioni sono stati acquisiti elementi che portano a ritenere che Cesare Balzano e Luigi Piras siano i responsabili del duplice omicidio e che abbiano commesso il delitto per garantirsi l’impunità circa la rapina ai militari, di cui sono ritenuti pure responsabili unitamente ad Angelo Balzano, Salvatore Mereu e Giangiuseppe Ferrai.

Omicidio di Angelo Tangianu (24 enne, allevatore, celibe) - Durante l’attività investigativa, lo stesso Balzano, in una intercettazione in cui parlava col suocero Armando Mameli, dopo aver descritto fin nei minimi dettagli l’attentato patito l’11 dicembre 2000, in cui perì il figlioccio, l’arzanese Lino Perotti (20 enne, celibe), riferì di essersi vendicato dopo appena 15 giorni (assassinando Angelo Tangianu, quindi: l’omicidio fu infatti commesso il 26 dicembre 2000, da almeno due killer).

La ricostruzione - Intorno alle 3 del mattino dell’11 dicembre 2000, Cesare Balzano partì da casa sua, ad Arzana, con la sua Fiat Uno, si fermò in Piazza San Rocco e prese a bordo il figlioccio e collaboratore Lino Perotti.

Insieme, come ogni giorno, si recarono a Orgiola Onniga, a tre chilometri circa dal centro abitato, dove il Balzano possiede un podere recintato, nel quale parcheggiavano il mezzo che utilizzavano per la raccolta dei rifiuti.

Verso le 3.10 arrivarono sul posto. Fermarono il veicolo a ridosso del cancello, lasciandolo in moto.

Perotti scese dal mezzo. Mentre stava per aprire il cancello una fucilata caricata a pallettoni lo attinse al fianco destro. Si portò le mani al fianco, fece qualche passo indietro, verso la macchina, e stramazzò al suolo.

Prima che Perotti crollasse a terra, un killer esplose un’altra fucilata che però andò a vuoto.

Dopo un’altra fucilata, Cesare Balzano si diede a precipitosa fuga verso valle, in direzione Bau Nuxi. Il killer gli tirò contro un’altra fucilata, che lo attinse alla gamba destra. Balzano, comunque, riuscì a scappare. Il malvivente lo inseguì e gli esplose contro un altro tiro senza riuscire a colpirlo nuovamente. A circa 400 metri dal teatro dell’agguato, Balzano entrò in un oliveto, arrivò al fiume e si nascose. Quando si ritenne al sicuro, col telefono cellulare chiamò il fratello, Angelo, per dirgli cos’era successo, chiedendogli d’informare i Carabinieri e di raggiungerlo con loro sul posto.

Cesare Balzano disse al suocero che il motivo che aveva armato la mano di Tangianu era da ricercarsi in una discussione avvenuta in un bar di Arzana con altri pregiudicati di livello del luogo, e nell'attentato dinamitardo che aveva distrutto il fuoristrada dello stesso Tangianu (verso le 2 del mattino del 10 aprile 2000, in Arzana, nella via Napoli, ignoti collocarono un ordigno esplosivo, tra la ruota destra e la relativa sospensione del fuoristrada Mitsubishi Pajero in uso al Tangianu. La deflagrazione causò danni oltre che al veicolo anche agli infissi della sua casa).

Angelo Tangianu fu assassinato in località Accodula, agro di Arzana, il pomeriggio del 26 dicembre 2000. Quindici giorni dopo l’attentato a Balzano e al figlioccio Lino Perotti.

Quel giorno Angelo Tangianu, dopo aver pranzato in famiglia, uscì di casa per andare ad accudire il suo bestiame in montagna.  Mentre percorreva con la sua Fiat uno bianca un tratto in salita di una strada sterrata e dissestata, trovò il passaggio ostruito da alcuni massi e fu costretto ad arrestare la marcia e ad azionare il freno a mano.

Dal bosco partirono alcuni colpi di fucile e fu quindi raggiunto da diversi pallettoni. Benché ferito riuscì a scendere dall’auto e a percorrere diversi metri verso valle; durante la fuga, però, fu attinto da altri pallettoni. Sicché cadde a terra ed a quel punto i killer (almeno due) gli esplosero, a breve distanza, altri due colpi di fucile caricato a pallettoni.

Il cadavere fu trovato l’indomani mattina, verso le 8, dal padre Ottavio.

 

Tentato omicidio dei coniugi Luigi Lobina (70 enne, pensionato), e Francesca Longobucco (63 enne, operaia forestale) - Nel corso delle investigazioni sono stati, inoltre, raccolti elementi che portano a ritenere Armando Mameli e Cesare Balzano responsabili del tentato omicidio di Luigi Lobina e della moglie Francesca Longobucco.

Luigi Lobina era considerato dal paesano Armando Mameli un acerrimo nemico. Entrambi abitavano nella marina di Tertenia e avevano interessi confliggenti in quanto entrambi proprietari di terreni sul mare.

La mattina del 6 febbraio 2006, alle 7 circa, in Tertenia, frazione Sarrala, località Abba Urci, il fuoristrada Asia Rocsta di colore rosso, al bordo del quale viaggiava Luigi Lobina, che come ogni mattina accompagnava la moglie nel posto di lavoro, fu attinto da due fucilate caricate a pallettoni.

Il Lobina rimase miracolosamente illeso, mentre la moglie, Francesca Longobucco, fu colpita alla spalla destra. La donna venne trasportata al nosocomio di Lanusei, dove le veniva estratto un pallettone camiciato.

Estorsione aggravata ai danni di Massimo Cocco, 47 enne, imprenditore - Cesare e Angelo Balzano e Luigi Piras sono ritenuti responsabili di questo reato, perchè nel primo semestre del 2006,  in concorso tra loro, al fine di procurarsi un ingiusto profitto mediante violenza e minaccia, (consistita nell'appiccare fuoco all'autocarro Fiat Daily di proprietà di Massimo Cocco, titolare dell'omonima impresa aggiudicataria del servizio di smaltimento dei rifiuti nei comuni di Arzana, Elini, Bari Sardo, Urzulei, nonché nel riferire allo stesso Cocco che "se non avesse accettato le condizioni impostegli gli avrebbero impedito in tutti i modi di svolgere l'attività" e lo "avrebbero ucciso"), ottenevano condizioni contrattuali più favorevoli e l'assunzione nell'impresa dello stesso Piras e del fratello, nonché di Davide Balzano, figlio di Angelo; ottennero inoltre che per il compattamento dei rifiuti lo stesso Cocco prendesse a noleggio la terna di proprietà di Cesare e Angelo Balzano.

Con l'aggravante di aver agito in più persone riunite e dell'avere utilizzato un metodo mafioso consistito nelle modalità sopra descritte della minaccia ed avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà scaturente anche dalla commissione dei delitti di sangue riportati nei precedenti punti.

Durante le indagini sono stati accertati reati in materia di armi a carico di Fabrizio Demontis, Paolo Mulas, Cesare Balzano Davide Balzano e Armando Mameli.

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