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Denunciata in stato di libertà per simulazione di reato e procurato allarme.

Gli Agenti della Squadra Mobile  -  Quarta Sezione  Antirapine -  della Questura di Sassari, guidati dal dirigente Bibiana Pala,  hanno deferito all’autorità giudiziaria una infermiera sassarese di 40 anni, ritenuta responsabile dei reati di simulazione di reato e procurato allarme presso l’autorità. Infatti, al termine di intense indagini, gli investigatori hanno scoperto che la vittima aveva  inventato tutto, denunciando falsamente fatti inesistenti  e aveva  predisposto una vera e propria scena del crimine con dovizia di particolari allo scopo di trarre in inganno i soccorritori e gli stessi investigatori.

La donna è la presunta vittima di una grave rapina a mano armata compiuta da ignoti che, secondo il suo racconto,  nella serata di sabato scorso 7 settembre,  avevano fatto irruzione nella sua abitazione e dopo averla immobilizzata, picchiata e seviziata, provocandole delle lesioni, si erano impossessati di diversi oggetti in oro contenuti all’interno di una  cassaforte.

Immediatamente intervenuti gli Agenti della Squadra Volante e gli investigatori della Squadra Mobile avevano rinvenuto una scena del crimine di grave allarme sociale. L’allarme era scattato allorquando il convivente della vittima, fuori casa per lavoro, aveva ricevuto un sms sulla propria utenza, proveniente dal cellulare della donna, dal tenore  inquietante. Qualcuno, servendosi del telefonino della vittima, gli aveva comunicato di averla  presa in ostaggio e  di averla seviziata, come vendetta per aver, egli, “pestato i piedi” alle persone sbagliate. L’anonimo concludeva minacciando pesantemente l’uomo di “fare attenzione” perché altrimenti, in futuro  “avrebbero fatto la donna a pezzetti”. Quindi il compagno in preda al timore che fosse successo qualcosa di veramente alla sua compagna si è precipitato a casa e una volta dentro l’abitazione l’uomo dopo aver aperto la porta ha trovato la donna immobilizzata  su di una sedia a pochi metri dall’ingresso, legata ed imbavagliata, con nastro da pacchi e fili elettrici. La donna era  in stato di fortissima agitazione,  presentava ferite da taglio sulla coscia, sulle ginocchia e sulla pianta dei piedi, con copioso sanguinamento e presenza di tracce ematiche in tutto l’appartamento. Inoltre l’abitazione era completamente a soqquadro, tutte le stanze erano state rovistate,  a terra, dappertutto,  i cocci della cristalleria infranta. Quindi la vittima del presunto pestaggio e sequestro è stata soccorsa dai sanitari del pronto soccorso dal quale si era volontariamente allontanata al termine degli  accertamenti clinici necessari.

Nel frattempo la casa era stata accuratamente ispezionata dagli investigatori con l’ausilio della Polizia Scientifica. Poi, durante la notte è stata fatta l’ispezione del palazzo e della zona circostanze,  dove è stata in seguito ritrovava la cassaforte aperta e vuota,  abbandonata all’interno di un garage.

In Questura la vittima aveva denunciato che gli aggressori erano una donna a volto scoperto e due uomini, questi  mascherati, tutti con guanti in lattice e uno di essi armato di un grosso coltello, tutti italiani.

Al termine delle meticolose indagini, diverse incongruenze logiche erano state debitamente  approfondite tanto da far propendere gli investigatori per la tesi della simulazione di reato.  La donna ha infatti consentito alla Polizia di recuperare tutto il bottino,  facendo credere, con una  grossolana messa in scena, di aver lei ritrovato spontaneamente la refurtiva, a suo dire occultata dai malviventi in un nascondiglio nei garage del palazzo,  peraltro a breve distanza dal luogo di ritrovamento della cassaforte,  “guidata” nella ricerca da un sogno premonitore in cui la defunta zia  “le suggeriva di cercare al buio”.

Non riuscendo a fornire convincenti spiegazioni alle numerose contraddizioni rilevate dagli inquirenti  sulla  precisa ricostruzione dei fatti,  la donna ha infine ammesso di essersi inventata tutto,  spiegando che il motivo del  gesto era unicamente quello di suscitare la compassione del compagno che negli ultimi tempi era sempre più deciso ad abbandonare la convivenza.

Nel corso delle indagini è poi emerso che le liti erano  sempre più frequenti e che   la donna, all’unico scopo di tenere a se il compagno,  aveva in più occasioni minacciato il suicidio e aveva adottato nei confronti dell’uomo  numerosi comportamenti molesti, simulato malesseri e improbabili svenimenti.