Il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 8097 del 03.04.2013 affronta il problema legato alla burocrazia nelle segreterie delle nostre università, riconoscendo allo studente il diritto al risarcimento per una informazione errata da parte del funzionario della segreteria.
La questione era originata dalla volontà di uno studente in medicina di riprendere gli studi dopo aver interrotto gli stessi e avendo già sostenuto nove esami. Recatosi presso la segreteria dell’Università per richiedere le indispensabili informazioni sulle procedure amministrative necessarie, veniva rassicurato da un funzionario il quale gli spiegava che sebbene fossero ormai trascorsi otto anni dall’interruzione, avrebbe potuto riprendere il proprio corso di studi sostenendo un esame entro un anno e versando le tasse arretrate.
Tuttavia, recatosi in segreteria un anno dopo con le ricevute dei versamenti effettuati, lo studente scopriva in realtà che da un anno era avvenuta la decadenza dell’immatricolazione per non aver sostenuto alcun esame entro otto anni dall’ultimo.
A questo punto decideva di convenire in giudizio tanto il funzionario della segreteria quanto l’Università. E il giudice di primo grado gli dava ragione condannando i convenuti al risarcimento del danno e alla restituzione di quanto versato a titolo di tasse.
I due soccombenti, però, impugnavano la decisione del Tribunale davanti alla Corte d’Appello e, quest’ultima, la ribaltava per due ordini di motivi: innanzitutto non era ritenuto provato che il funzionario avesse dato una erronea informazione sulla data dell’ultimo esame sostenuto; inoltre, le informazioni rese non potevano essere ritenute vincolanti per la pubblica amministrazione in quanto rese oralmente e non per iscritto al pari degli atti tipici.
L’attore si vedeva perciò costretto a ricorrere per Cassazione e la sua istanza trovava pieno accoglimento alla luce della rilettura da parte della terza sezione civile delle motivazioni indicate nella sentenza d’appello.
In primo luogo, infatti, veniva ritenuta priva di fondamento la motivazione circa la presunta inesistenza della prova dell’errore da parte del funzionario, in quanto egli stesso lo aveva ammesso.
Per quanto riguarda, invece, la necessità della forma scritta, la Suprema Corte ha ritenuto che essa non è necessaria nelle obbligazioni da fatto illecito o da attività illegittima per le quali sono sufficienti atti meramente materiali o omissioni. E proprio tale è stata la condotta del funzionario, consistente in una informazione erronea in relazione alle risultanze documentali di cui egli disponeva. Peraltro, la Corte ha precisato come non esista alcuna disposizione di legge che impone alla pubblica amministrazione di offrire informazioni solo per iscritto nello sportello di una segreteria universitaria.
Alla luce di ciò, dunque, la Corte ha annullato la sentenza impugnata rinviando nuovamente alla Corte d’Appello affinché si pronunci sulla richiesta di risarcimento del danno avanzata dallo sfortunato studente. CS.