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Dalla Francia fave non tossiche per soggetti affetti da favismo: allo studio ha partecipato una équipe dell’ospedale civile di Alghero.

Anche i soggetti affetti da favismo, carenti di G6pd,portatori cioè di una variante dell'enzima glucoso-6-fosfato deidrogenasi,potrebbero mangiare fave, quelle però a basso tenore di due compostiglucosidici, vicina (V) e convicina (C), che nei fabici possono causare anemiaanche grave.

Sembra dimostrare questo lo studio sperimentale portatoavanti da tre équipe di medici e ricercatori che per 2 anni hanno svolto unaricerca su soggetti parzialmente (eterozigoti) carenti di G6pd in una primafase e, in seguito, su soggetti con carenza totale dell'enzima. In campo, peraffrontare questo studio ci sono, guidati dal primario del Laboratorio analisidi Alghero Luigi Felice Simula, i medici, infermieri e tecnici della struttura alsecondo piano dell’ospedale civile di Alghero, (Salvatore Dettori, LuciaMasala, Gabriella Piroddi, Liliana Ara, Patrizia Delrio, Maria AntoniettaDinurra, Gina Onida, Fausto Caria, Mario Bertora, Laura Dettori, Susanna Loi, GianniScanu), coadiuvati anche dal Centro trasfusionale algherese (Mario Manca e NicolinoContini), i ricercatori del Dipartimento di genetica, biologia e biochimicadell’Università di Torino con a capo il professor Paolo Arese (Valentina Gallo,Evelin Schwarzer, Olexii Skorokhod), quindi l’équipe guidata da Gérard Ducdell’Inra, l’Istituto nazionale della ricerca agronomica di Digione in Francia.

Lo studio parte dalla ricerca congiunta realizzata dall’Inradi Digione in collaborazione con l’università di Torino. Il gruppo francese ha selezionatoalcuni ceppi di fave a bassissimo contenuto di componenti tossici per isoggetti G6pd carenti. «Queste fave sono perfettamente commestibili epotrebbero rappresentare una soluzione al problema del favismo – afferma LuigiFelice Simula –. Scopo del progetto, nel quale siamo stati invitati apartecipare dal professor Arese dell’Università di Torino, è stato quello diaccertare la non tossicità, per soggetti affetti da carenza di G6pd, delle favecon bassissimo tenore di vicina e convicina (V/C). Ma non esisteva ancoraalcuno studio nutrizionale che ne accertasse la innocuità anche per soggettiG6pd-carenti».

«Da qui – prosegue Simula – siamo partiti con lasperimentazione di queste fave su un gruppo ristretto di donne, selezionate perla presenza di una carenza enzimatica parziale, reclutate su base volontaria adAlghero».

Dall’indagine erano rimasti fuori in una prima fase i maschiG6pd carenti (emizigoti) che sono stati oggetto di un secondo studio.

Questo studio conclusivo è stato condotto nel marzo 2011 eha dato risultati sovrapponibili a quello eseguito sulle donne con carenzaparziale. «Durante l’osservazione – spiega ancora il primario del Laboratorioanalisi di Alghero –volontari abbiamo somministrato 500 grammi di fave frescheogni 70 chili di peso corporeo, una quantità superiore dieci volte un normalepasto. Con cadenza oraria abbiamo monitorato i valori dei globuli rossi nelsangue. A distanza di 10 ore e poi di 24 e 48 ore dall’ingestione non si èavuto né alcun danno biochimico ai globuli rossi né alcun segno di emolisi».

I dati della sperimentazione sono stati presentati durantedue simposi, prima nell’ottobre del 2010 al congresso della Società italianamedicina di laboratorio (Simel) svolto a Verona (il lavoro è stato premiato perl'originalità del contributo scientifico alla conoscenza di problematicheattinenti alla Medicina di laboratorio), poi di recente a Parma nel novembre2011, al congresso nazionale congiunto della Società italiana medicina dilaboratorio (Simel) e della Società italiana di biochimica e biologiamolecolare clinica (Sibioc).

Come è noto i semi di fave sono totalmente innocui neisoggetti che hanno livelli normali per l’enzima G6pd. Nonostante la loroinnocuità (rappresentano un alimento largamente consumato nella nostraregione), i semi di fave inducono leggere e transitorie modificazionibiochimiche anche nei soggetti non-carenti. Eseguendo misurazioni moltosensibili è, infatti, possibile rilevare l’azione sui globuli rossi dellesostanze contenute nelle fave. Queste modificazioni sono di breve durata(alcune ore), non causano alcun danno apparente ai globuli rossi e non causanoalcuna anemia.

Nel caso dei soggetti G6pd carenti, queste modificazionisono molto più marcate, non sono reversibili (persistono nel tempo) e nel girodi 24-48 ore dall’ingestione delle fave possono causare la distruzione deiglobuli rossi da parte della milza con conseguente anemizzazione. Nei casi piùgravi (prevalentemente riscontrati nei bambini e negli anziani) l’anemia puòessere molto grave e richiedere una o più trasfusioni di globuli rossi. Isoggetti di sesso maschile con deficit totale di G6pd eritrocitaria sono quellinei quali, come noto, si manifestano la maggioranza delle crisi fabiche.

«I risultati conseguiti – afferma Simula – sono la primaevidenza del fatto che fave a basso contenuto di componenti glucosidici possonoessere somministrate in larga quantità a soggetti fabici, senza il rischio didistruzione dei globuli rossi».

«Siamo convinti – conclude il responsabile del laboratorioanalisi algherese – con i nostri colleghi di Torino e Digione, che questostudio possa incoraggiare la sostituzione dei cultivar tradizionali,potenzialmente tossici, con questi nuovi cultivar, innocui pur essendo dotatidelle stesse caratteristiche nutrizionali ed organolettiche dei cultivartradizionali».

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