Cagliari, 10 Ott 2025 - Tassi che non calano e prestiti che si contraggono. È questa, in sintesi, la situazione in cui si trovano, ormai da decenni, le micro, piccole e medie imprese della Sardegna, costantemente alle prese con condizioni di accesso al credito molto difficoltose, se non impossibili.
Secondo le rilevazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, su dati della Banca d’Italia, a giugno di quest’anno i prestiti alle micro e piccole imprese sarde, fino a 20 dipendenti, sono diminuiti del 3,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno mentre, al contrario, i finanziamenti al resto delle attività è cresciuto dell’1,6%.
Tra le erogazioni, il 54,6% va ai Servizi, il 31,6% al Manifatturiero, l’8% alle Costruzioni e il 5,7% all’agricoltura. Tra le varie categorie, crescono quelle verso i servizi di innovazione, informazione, comunicazione e digitale (+25%), le imprese dell’energia (+16%), la raffinazione del petrolio (+10%) e le attività professionali (+5,9%). Al contrario crollano quelli verso l’estrazione di minerali (-9%), la fabbricazione di macchine e apparecchiature (-8%), verso la moda (6%) e verso le costruzioni (-6%).
“La ripresa del credito in Sardegna, come nel resto d’Italia, resta fragile e diseguale, con le micro e piccole imprese ancora penalizzate dal costo elevato dei finanziamenti e dall’assenza di un vero impulso espansivo - afferma Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Sardegna - un’adeguata disponibilità di credito è essenziale per sostenere gli investimenti e favorire la ripresa produttiva, soprattutto per le aziende più piccole”.
La situazione resta dunque preoccupante, sia per gli imprenditori che necessitano di credito per poter investire e crescere sia per i cittadini, che hanno bisogno di finanziamenti per sostenere il mutuo e le spese quotidiane”.
Un credito, rileva Confartigianato Sardegna, che non allenta i cordoni della borsa.
In aggiunta a tale condizione, vi è quella dei tassi di interesse applicati alle realtà isolane.
Analizzando il Tae medio applicato alle micro, piccole e medie imprese sarde, risulta essere è il più elevato d’Italia con l’11,37% contro il 6,61% applicato alle realtà di medie e grandi dimensioni, condizione che crea un gap tra le piccole e le grandi di 476 punti base. Al secondo posto la Calabria con un Tae del 10,83% verso le piccole realtà e del 7,21% verso le dimensioni più consistenti. Le condizioni più favorevoli si trovano nella P.A. di Bolzano rispettivamente con il 7,89% e il 5,64%.
Sempre a giugno di quest’anno, la totalità delle attività produttive sarde ha pagato in media un tasso di interesse annuo effettivo (Tae) del 6,80% contro la media nazionale del 5,22%. L’Isola si piazza terza nella classifica nazionale dove i prestiti costano di più dopo Calabria con 7,13% e Molise con 6,81% contro l’Emilia Romagna, ultima nella graduatoria, il cui tasso è del 4,74%.
Analizzando i vari settori il denaro più costoso è quello che richiedono le imprese sarde delle Costruzioni con il Tae al 7,68% (prima la Valle d’Aosta con 8,96 e ultima sempre l’Emilia Romagna con il 5,52% contro una media nazionale del 6.30%. Molto cari anche i prestiti alle Imprese dei Servizi; una attività sarda paga un TAE del 7,33% (prima la Calabria con l’8,08% e ultima sempre l’Emilia Romagna con il 4,93%, contro una media nazionale del 5,40%). I “più convenienti” sono i prestiti verso il Manifatturiero; le realtà sarde pagano un interesse del 5,48% contro il 5,89% della Basilicata e il 4,15% del Trentino e una media nazionale del 4,82%.
È indispensabile - aggiunge Meloni - evitare che questa situazione provochi ulteriori danni al sistema produttivo sardo e, più in generale, a quello italiano”. “Non dobbiamo dimenticarci neanche come le piccole imprese sarde, portino ancora i segni degli oltre 148 milioni di euro di extracosto per il credito del 2023 e 2024, che pesa di più dove le aziende sono più impegnate negli investimenti per crescere - sottolinea - questo è un argomento al quale non si presta sufficiente attenzione ma che rischia di frenare lo sviluppo delle nostre imprese”. “La marginalità è contratta all’osso - conclude il Presidente di Confartigianato Sardegna - quindi anche la volontà di mettere in atto quelle misure utili ad aumentare la propria competitività come le evoluzioni di processo, l’acquisto di nuovi macchinari, la rivoluzione degli spazi di lavoro tutto questo costa e le Pmi non possono permetterselo e quindi riducono drasticamente la loro capacità di stare sul mercato e di esprimere tutto il loro valore”.
Il caro tassi ha imposto all’83,4% delle realtà produttive isolane di ricorrere all’autofinanziamento nel caso di necessità creditizie. In ogni caso, nell’Isola il 50,7% delle imprese di ridotte dimensioni continua a dipendere dall’erogazione di mutui e prestiti da parte degli Istituti di Credito.
Lo studio di Confartigianato Sardegna ha analizzato anche le fonti di finanziamento delle micro e piccole imprese della regione, prendendo in esame il 2023 e il 2018.
L’analisi evidenza come il 50,7% delle imprese sarde (quinto posto tra le regioni italiane, prima la P.A. di Trento con il 52,9%) dipenda dagli Istituti di Credito, percentuale in calo del 4,3% rispetto al 2018. Tra tutte le attività produttive che hanno una “relazione” con le Banche, l’8% ha una “dipendenza elevata dai finanziamenti”.
Tra le fonti, al primo posto, nel 2023, c’è l’autofinanziamento che interessa l’83,2% delle piccole e medie imprese, in crescita 5% rispetto al 2018: la Sardegna è terza in Italia mentre la Nazionale ha una media del 79,4%. Segue il credito bancario a medio e lungo periodo, praticato dal 26,1% delle imprese sarde (in calo del 3,5% rispetto al 2018), e quello a breve utilizzato dal 7,6% (in calo del 7,3% sul 2018).
Le piccole e medie imprese sarde hanno usufruito delle linee di credito per investimenti sul digitale nel 64,1% dei casi e per investimenti green nel 25,5%.
Solo il 6,4% delle piccole e medie imprese sarde ricorre a incentivi o agevolazioni pubbliche: l’Isola è al terzo posto in Italia che ha una media del 3,4%. Rispetto al 2018, la quota è salita del 4,4%.
A settembre il Consiglio della BCE ha mantenuto invariati i tassi di riferimento della politica monetaria, confermando la decisione di luglio. L’atteggiamento prudente delle autorità monetarie è indotto da uno scenario geopolitico instabile, con guerre commerciali e conflitti che determinano incertezza, con potenziali shock per i quali i policy makers si mantengono un margine di manovra. Nonostante l’inflazione sia sotto controllo, la BCE seguirà un approccio guidato dai nuovi dati economici e finanziari “senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi”.
Una politica monetaria prudente si associa ad una politica fiscale scarsamente espansiva. Secondo il Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP) varato giovedì scorso dal Governo la prossima manovra non avrà impatto sulla crescita del 2026, con effetti espansivi limitati solo nel 2027 e 2028 (+0,1 punti). Il debole sostegno di entrambe le politiche economiche non appare adeguato nel contrastare il pesante impatto dei dazi che, sempre nel DPFP, è stimato pari allo 0,5% del PIL nel 2026 e dello 0,4% nel 2027.
Ad agosto 2025 il costo del credito pagato in media dalle imprese sulle nuove operazioni in Italia è del 3,49%, di 186 punti base superiori ai livelli di giugno 2022, precedente all’avvio della stretta monetaria. Il mancato taglio dei tassi di interesse penalizza la ripresa in corso degli investimenti in macchinari e non contribuisce al sostegno dei prestiti alle micro e piccole imprese. Nel secondo trimestre del 2025 gli investimenti in macchinari e impianti tornano a salire (+1,8%), dopo cinque trimestri con il segno negativo. Con il décalage dei tassi, tornano in positivo i prestiti alle imprese che ad agosto salgono dell’1,2% su base annua (+0,8% a luglio), una dinamica che rimane, comunque, meno intensa rispetto al +3,0% registrato in Eurozona.
Il trend dei prestiti alle MPI per regione – Il focus credito del 35° report congiunturale di Confartigianato pubblicato oggi dall’Ufficio Studi delinea il persistere di una situazione critica per il credito alle micro e piccole imprese, un fenomeno su cui ha posto particolare attenzione il Governatore di Banca d’Italia nelle considerazioni finali dello scorso maggio: “un’adeguata disponibilità di credito è essenziale per sostenere gli investimenti e favorire la ripresa produttiva, soprattutto per le aziende più piccole, che incontrano maggiori difficoltà di accesso a fonti alternative di finanziamento”.
A giugno 2025 i prestiti alle micro e piccole imprese fino a 20 addetti diminuiscono del 5,0% continuando il percorso di rallentamento della flessione iniziato nel 2024 in cui però registrano flessioni più intense rispetto al totale imprese (-0,2% a giugno 2025). Tra le imprese di minor dimensione va segnalata la criticità dei prestiti alle quasi-società artigiane – l’unico cluster riferito all’artigianato preso in esame da Banca d’Italia e che rappresenta circa la metà dei prestiti all’artigianato – il cui stock a giugno 2025 è in flessione dell’8,5%.
Focalizzando l’attenzione sul prestiti alle piccole imprese nelle principali regioni – ognuna con un ammontare di prestiti di almeno 3 miliardi di euro -, si rilevano diminuzioni inferiori o pari alla media a giugno 2025 per: Provincia Autonoma di Bolzano con il -2,6% (vs +2,0% totale imprese), Lazio con il -3,3% (vs +1,9% totale imprese), Piemonte con il -4,2% (vs +2,0% totale imprese), Puglia con il -4,5% (vs +0,1% totale imprese) e Sicilia con il -5,0% (vs -1,1% totale imprese). I cali più marcati dei prestiti alle piccole imprese si segnalano invece in Veneto con il -6,1% (vs -2,8% totale imprese), Toscana con il -5,4% (vs -0,6% totale imprese), Campania con il -5,2% (vs +1,2% totale imprese), Emilia-Romagna con il -5,1% (vs -0,8% totale imprese) e Lombardia con il -5,1% (vs -0,3% totale imprese). Si segnala che in nessuna regione il credito alle piccole imprese mostra una dinamica migliore rispetto a quello del totale imprese. A settembre 2025 il giudizio sulle condizioni di accesso al credito delle piccole imprese del manifatturiero è peggiorato (saldo a -12) rispetto alla rilevazione di giugno 2025 (saldo di -10).
Costo del credito nelle regioni e per settore – I divari territoriali amplificano gli effetti sul costo del credito per le imprese determinato da una minore velocità di discesa dei tassi. A giugno 2025 le imprese pagano in media un tasso di interesse annuo effettivo (TAE) del 5,22% con un ampio range territoriale, con un costo dei prestiti più onerosi nel Mezzogiorno e una oscillazione che va dal massimo di 7,13% in Calabria al minimo di 4,74% in Emilia-Romagna. Il settore che paga il tasso più alto sono le Costruzioni con il 6,30% con il massimo di 8,96% in Valle d’Aosta ed il minimo in Emilia-Romagna con il 5,52%. Seguono i Servizi con un tasso di interesse annuo effettivo del 5,40% e una differenziazione territoriale che va dall’8,08% della Calabria al 4,93% dell’Emilia-Romagna. Il costo del credito relativamente più contenuto si riscontra nel Manifatturiero esteso, comprensivo di estrattivo, energia e utilities, pari 4,82% oscillando tra il 5,89% della Basilicata ed il 4,15% del Trentino-Alto Adige. Com
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