Cagliari, 29 Dic 2025 - Le micro, piccole e medie imprese della Sardegna hanno pagato l’energia elettrica 147milioni di euro in più rispetto alla media europea. Questo extracosto è andato a incidere per lo 0,38% sul PIL regionale.
Sono questi i dati, relativi ai primi 6 mesi del 2025, che emergono dall’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su dati Eurostat, Arera e Terna, sulle bollette elettriche delle imprese sarde di ridotte dimensioni dei settori alimentare, moda, mobili, legno, metalli e altre manifatture, tra cui gioielleria ed occhialeria, confrontate con quelle di pari dimensioni nel resto delle 27 Nazioni europee.
“Bisogna ristabilire l’equilibrio e l’equità nel costo dell’energia pagato dalle imprese - afferma Giacomo Meloni, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna - queste attività non possono più considerate un bancomat”. “Il caro-energia frena la competitività delle piccole realtà – aggiunge - bisogna innanzitutto intervenire per ricalibrare il carico fiscale sulle bollette delle diverse dimensioni di imprenditori-utenti e che oggi penalizza micro, piccole e medie aziende costrette a pagare per i grandi energivori. Le nostre imprese non chiedono privilegi, ma regole chiare ed eque”.
L’Isola si piazza al decimo posto in una distribuzione nazionale aperta dal maggior extracosto rilevato in Lombardia con 1.021 milioni di euro (18,9% del totale), pari a 0,22% del PIL della regione, seguita da Veneto con 563 milioni (10,4%), pari a 0,31% del PIL, Emilia-Romagna con 496 milioni (9,2%), pari a 0,27% del PIL e Puglia con 410 milioni (7,6%), pari a 0,47% del PIL (3° maggior peso tra le regioni).
A livello territoriale isolano la maggiore incidenza percentuale sul PIL la si rileva nella provincia del Sud Sardegna con lo 0,42% e 25 milioni di euro di extracosti rispetto alla UE. Segue la provincia di Cagliari con lo 0,39% e 53 milioni di euro, quella di Nuoro con 0,37% e 17 milioni e quella di Oristano con 0,36% e 11 milioni. Chiude Sassari-Olbia con lo 0,35% e 42 milioni di euro.
“Il caro energia, che ha colpito imprese e famiglie, ci deve far capire come sia fondamentale ottimizzare il consumo di energia attraverso interventi comportamentali e, soprattutto, con le nuove tecnologie – prosegue Meloni - la transizione verso le rinnovabili e le tecnologie a basse emissioni di carbonio è una delle scelte decisive che la nostra Regione, così come tutto il nostro Paese, deve fare e sta facendo. Dobbiamo compiere scelte lungimiranti, coraggiose e decise sulla base degli strumenti che oggi abbiamo a disposizione”.
Nel primo semestre 2025 il prezzo dell’energia elettrica pagato dalle piccole imprese italiane con consumi fino a 2.000 MWh, comprensivo di accise, oneri e al netto dell’IVA, è pari a 28,46 centesimi di euro al KWh e supera del 24,3% la media UE di 22,90 centesimi, risultando il più elevato tra le prime dieci economie manifatturiere europee. Quindi, si stima che le imprese italiane con consumi inferiori a 2.000 MWh abbiano pagato un extracosto di 5.393 milioni di euro. Le imprese più penalizzate sono quelle di minor dimensione: le imprese con consumi inferiori a 20KWh, che pagano un prezzo dell’energia elettrica del 34,5% superiore alla media UE, sono gravate da un extracosto di 2.492 milioni di euro.
Sul divario di costo pesa un carico per accise e oneri elevato e squilibrato. Il prelievo fiscale e parafiscale sul costo dell’energia elettrica per le MPI in Italia supera del 68,0% quello medio europeo. Sono più penalizzate le imprese con consumi entro i 20 MWh, dove il gap arriva al 92,5%, oscilla tra il 35 e il 65% per consumi fino a 20.000 MWh, mentre il divario diventa relativamente vantaggioso per le imprese italiane di maggiore dimensione con consumi più elevati. Sulla base di questo andamento, il carico fiscale e parafiscale sull’elettricità acquistata dalle imprese nella prima classe di consumo (fino a 20 MWh, classe IA) è 17,9 volte quello nella classe di consumo più elevata (oltre 150.000 MWh, classe IG), ampiamente superiore alle 4,0 volte registrate nella media UE.
L’analisi nazionale.
Le dimensioni dell’extra costo dell’energia elettrica per le MPI.
L’Italia è la seconda economia manifatturiera dell’Unione europea, ma sale al primo posto per occupati nelle micro e piccole imprese (MPI) manifatturiere. La competitività di questo sistema di imprese è compromessa dall’elevato costo dell’energia. Nel primo semestre 2025 il prezzo dell'energia elettrica pagato nelle classi di riferimento delle MPI in Italia - consumi fino a 2.000 MWh, comprensivo di accise, oneri e al netto dell’IVA - è pari a 28,46 centesimi di euro al KWh e supera del 24,3% la media UE di 22,90 centesimi, risultando il più elevato tra le prime dieci economie manifatturiere europee. Applicando il differenziale di prezzo con le imprese dell’UE a 27 per le rispettive classi di consumo, si stima che le imprese con consumi inferiori a 2.000 MWh pagano un extracosto di 5.393 milioni di euro. Le imprese più penalizzate sono quelle di minor dimensione: le imprese con consumi inferiori a 20KWh, che pagano un prezzo dell’energia elettrica del 34,5% superiore alla media UE, sono gravate da un extracosto di 2.492 milioni di euro.
La distribuzione territoriale dell’extra costo si delinea a livello regionale, un maggior extracosto in Lombardia con 1.021 milioni di euro (18,9% del totale), pari a 0,22% del PIL della regione, seguita da Veneto con 563 milioni (10,4%), pari a 0,31% del PIL, Emilia-Romagna con 496 milioni (9,2%), pari a 0,27% del PIL e Puglia con 410 milioni (7,6%), pari a 0,47% del PIL (3° maggior peso tra le regioni).
A livello provinciale l’extracosto dell’energia elettrica nei settori di MPI sono pari o superano i 100 milioni di euro a: Brescia con 192 milioni di euro (3,6%), pari a 0,38% del PIL della provincia, Milano con 177 milioni (3,3%), pari a 0,08% del PIL, Napoli con 155 milioni (2,9%), pari a 0,23% del PIL, Taranto con 144 milioni (2,7%), pari a 1,18% del PIL (il maggior peso tra le province), Bergamo con 143 milioni (2,6%), pari a 0,33% del PIL, Torino con 129 milioni (2,4%), pari a 0,16% del PIL e Verona con 119 milioni (2,2%), pari a 0,33% del PIL, Vicenza con 100 milioni (1,8%), pari a 0,29% del PIL e Treviso sempre con 100 milioni (1,8%), pari a 0,30% del PIL.
Sul divario di costo pesa un carico per accise e oneri elevato e squilibrato - Nel primo semestre del 2025 il prelievo fiscale e parafiscale sul costo dell’energia elettrica per le MPI in Italia supera del 68,0% quello medio europeo. Sono più penalizzate le imprese con consumi entro i 20 MWh, dove il gap arriva al 92,5%, oscilla tra il 35 e il 65% per consumi fino a 20.000 MWh, mentre il divario diventa relativamente vantaggioso per le imprese italiane di maggiore dimensione con consumi più elevati. Sulla base di questo andamento, il carico fiscale e parafiscale sull'elettricità acquistata dalle imprese nella prima classe di consumo (fino a 20 MWh, classe IA) è 17,9 volte quello nella classe di consumo più elevata (oltre 150.000 MWh, classe IG), ampiamente superiore alle 4,0 volte registrate nella media UE.
L’analisi dei dati sull’andamento dei prezzi delle commodities sottolinea la presenza di fattori distorsivi della concorrenza sul mercato dell’energia italiano che amplificano lo spiazzamento competitivo delle MPI. Il trend discendente del prezzo all’import di petrolio e gas riporta la media dei primi sei mesi dell’anno al di sopra di un limitato 2,2% al livello del 2021, precedente allo scoppio della crisi energetica. In parallelo, nei primi sei mesi del 2025 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica (PUN) è del 4,5% inferiore alla media del 2021. Nonostante la bolla dei prezzi si sia completamente sgonfiata per le commodities importate e nel mercato all’ingrosso, si osserva una coda lunga della crisi energetica sui costi delle imprese: nel primo semestre del 2025 il prezzo dell’energia elettrica pagato dalle MPI rimane superiore del 36,8% i livelli pre-crisi, confermando la prolungata pressione sui costi subita dal sistema produttivo italiano. Red












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