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Detenuti 41 bis in Sardegna, seduta congiunta delle commissioni Sanità e Lavoro.

Cagliari 31 Lug 2025 – Il trasferimento nel carcere di Uta di 92 detenuti sottoposti al regime del 41 bis espone la Sardegna al rischio concreto di infiltrazioni mafiose nel territorio regionale. Non solo, la decisione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria avrebbe un impatto devastante sul sistema sanitario regionale. E’ un quadro drammatico quello emerso questa mattina durante la seduta congiunta della Seconda e Sesta Commissione del Consiglio regionale a cui hanno preso parte i rappresentanti degli organi giudiziari, i commissari delle Asl di Cagliari, Sassari e Nuoro e la Garante per i diritti dei detenuti. A far scattare l’allarme le parole contenute nella nota ufficiale inviata alle commissioni dal Procuratore generale di Cagliari Luigi Patronaggio: «Occorre adeguatamente fronteggiare il pericolo rappresentato da stanziamenti e infiltrazioni mafiose nell’isola – scrive Patronaggio – è noto, infatti, che i familiari e gli accoliti dei detenuti di lungo corso, per stare vicino ai reclusi, si insediano nel territorio comprando immobili ed investendo in attività imprenditoriali nei settori del turismo e della ristorazione. Le indagini più recenti dimostrano che tali soggetti per sfuggire alle investigazioni, anche di tipo preventivo, operate nei territori di provenienza, sono indotti a investire in altri contesti facilmente penetrabili come quello sardo, privo di una competitiva classe imprenditoriale. Le ingenti risorse economiche della criminalità mafiosa continentale, spesso costituite da ragguardevoli liquidità frutto di commerci illeciti, rappresentano purtroppo un fattore facilitante per la penetrazione criminale nel sano tessuto economico dell’Isola».

Un quadro inquietante confermato dalla presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari Maria Cristina Ornano. «Stiamo parlando di detenuti ancora al vertice di organizzazioni criminali – ha detto Ornano – persone che si portano dietro familiari e sodali. C’è il rischio concreto di infiltrazioni mafiose e anche quello del riciclaggio di danaro sporco. Per questo occorrerà monitorare con attenzione il flusso di capitali per acquisto di immobili o di attività commerciali».

La presidente del Tribunale ha illustrato alle Commissioni i dati ufficiali del Ministero sulla situazione delle carceri isolane aggiornati al 30 giugno scorso. In Sardegna sono presenti 10 istituti di pena con una popolazione di 2309 detenuti. Tra questi oltre 1.000 detenuti non sono sardi. Un altro dato rilevante è il rapporto tra detenuti e popolazione residente: la Sardegna è la regione con il tasso più alto: 1 detenuto ogni 680 abitanti. Il Friuli con un popolazione di 1,2 milioni di abitanti (simile a quella sarda che arriva a 1,5 milioni di residenti) ha un detenuto ogni 3325 abitanti. In Emilia il rapporto è 1/1150. Anche la Campania dove il tasso di criminalità è molto più alto rispetto alla Sardegna il rapporto è più basso: un detenuto ogni 750 abitanti.

Numeri che dovrebbero indurre a riflettere attentamente sull’opportunità di inviare in Sardegna un numero così alto di detenuti sottoposti al regime del 41 bis. L’arrivo dei 92 reclusi a Uta, secondo i dati ministeriali, farebbe diventare la Sardegna la prima regione in Italia per numero di soggetti sottoposti al carcere duro: 182 su 728 presenti in tutto il sistema penitenziario nazionale.

Un numero ingestibile con l’attuale organizzazione degli uffici giudiziari. «Il personale degli uffici è rapportato alla popolazione delle Regioni – ha detto ornano – in Sardegna c’è un alto numero di detenuti con uffici sottodimensionati non in grado di reggere un impatto così pesante. Le procedure per i reclusi al 41 bis sono prioritarie. Con i nuovi arrivi faremo fatica a trattare le cause di media sicurezza».

Un capitolo a parte è stato dedicato all’aspetto sanitario con l’intervento dei commissari delle Asl di Cagliari, Sassari e Nuoro e il rappresentante della rete penitenziaria della Sardegna Michele Usai. Tutti gli operatori sentiti in audizione hanno evidenziato l’inadeguatezza del sistema regionale a confrontarsi con il nuovo scenario prospettato dal Ministero. Nelle carceri isolane si registra una cronica carenza di medici e infermieri, nessuna struttura riesce a garantire un assistenza completa per le cure e le visite specialistiche. Questo comporta, in molti casi, la necessità di trasportare i detenuti fuori sede con tutte le conseguenze del caso. Per garantire la sicurezza sono necessari una decina di agenti per ogni detenuto al 41 bis, macchine di servizio e coinvolgimento delle forze dell’ordine. In caso di ricovero in ospedale, oltre alla sorveglianza, occorre un sistema di videosorveglianza nelle strutture. Non basta l’idea di un reparto speciale al Santissima Trinità di Cagliari. Per la sua apertura servirebbero oltre 2 milioni di euro per l’adeguamento della struttura e il reperimento del personale. Senza questi reparti però, l’assistenza ai detenuti speciali rischia di mandare in tilt l’intero sistema sanitario che la Regione paga interamente dal proprio bilancio.

Netta anche la posizione della Garante regionale dei diritti dei detenuti Irene Testa che ha denunciato il mancato confronto su una decisione così importante: «Prima di pensare di trasferire altri 92 detenuti al 41 bis avrebbero dovuto convocare sindaci, questori e prefetti – ha detto Testa – è impensabile portare in Sardegna altri detenuti. Il carcere di Uta non è nelle condizioni di ospitarli. Non ci sono celle né personale sufficiente. La situazione, già drammatica, rischia di aggravarsi ulteriormente. E’ doveroso aprire un tavolo di confronto con lo Stato».

Alle audizioni di stamattina non hanno partecipato il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e i direttori delle carceri. Una decisione stigmatizzata dalle presidenti della Seconda e Sesta Commissione Camilla Soru e Carla Fundoni. “Lo Stato si sottrae al confronto – hanno detto – è un fatto gravissimo». Della questione si occuperà il Consiglio. Allo studio un ordine del giorno delle due Commissioni da discutere in Aula. Com

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