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Cento Ong denunciano: “carestia di massa” in atto a Gaza. Israele uccide oltre 60 persone in 24 ore.

Gaza 23 Lug 2025 – Oltre un centinaio di organizzazioni umanitarie hanno lanciato un allarme mercoledì, segnalando una "carestia di massa" in rapida espansione nella Striscia di Gaza, già gravemente provata dal conflitto. "Mentre una carestia di massa si diffonde nella Striscia di Gaza, i nostri colleghi e le persone che aiutiamo stanno scomparendo", hanno dichiarato le Ong in un comunicato congiunto. Tra le firmatarie figurano Medici Senza Frontiere, diverse sezioni di Medici del Mondo, Caritas, Amnesty International e Oxfam International.

Ammontano a 33 i morti per malnutrizione nelle ultime 48 ore nella Striscia di Gaza, di cui 12 bambini. Quindici i decessi soltanto ieri, una cifra definita "senza precedenti". La stima è stata diffusa dal ministero della Sanità di Gaza, il quale punta il dito contro la decisione di Israele di sigillare le frontiere di Gaza a partire dal 2 marzo, lasciando così senza cibo, acqua potabile, energia elettrica e cure mediche adeguate oltre 2 milioni di residenti. 

L'Onu calcola 69 bambini morti di stenti dal 7 ottobre 2023, di cui una cinquantina da marzo. A Gaza oggi entrano solo i pacchi alimentari che distribuisce la Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), che distribuisce al posto delle agenzie Onu in quattro punti in tutta la Striscia. Nei pressi di tali punti di distribuzione, secondo le Nazioni Unite, dal 27 maggio sono state uccise oltre un migliaio di persone. 

In un'intervista all'emittente Cnn Cindy McCain, direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale dell'Onu (Pam/Wfp) ha confermato che ieri "abbiamo assistito una delle peggiori tragedie mai viste finora". Ha continuato: "Mentre migliaia di persone affamate stavano raggiungendo i convogli del Wfp, l'esercito israeliano ha iniziato ad aprire il fuoco contro la folla". Secondo McCain, "anche lo staff del Wfp è stato messo in grave pericolo. Ora le operazioni umanitarie sono state sospese", chiarendo che l'agenzia Onu "non lavora con la Ghf. Le Nazioni Unite hanno il loro metodo, non sappiamo nulla di loro". Le Nazioni Unite, col supporto di decine di ong operative a Gaza, accusano Israele di aver "privatizzato e militarizzato" gli aiuti umanitari e denunciano "una crisi umanitaria creata ad arte".

Le organizzazioni umanitarie chiedono un cessate il fuoco immediato, l'apertura di tutti i varchi terrestri e la garanzia di un flusso libero degli aiuti umanitari. L'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha accusato l'esercito israeliano di aver ucciso più di 1.000 persone a Gaza dalla fine di maggio, mentre queste cercavano di accedere agli aiuti umanitari. La maggior parte delle vittime si trovava nei pressi dei centri della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un'organizzazione sostenuta da Stati Uniti e Israele attraverso finanziamenti la cui trasparenza è messa in discussione. 

Le autorità israeliane affermano regolarmente di consentire l'ingresso di ingenti quantitativi di aiuti, ma le ONG denunciano la persistenza di numerose restrizioni. "Appena fuori Gaza, nei magazzini - e anche all'interno - tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche, materiali per l'alloggio e carburante rimangono inutilizzati, con le organizzazioni umanitarie che non possono accedervi o consegnarli", lamentano le organizzazioni umanitarie. Un ospedale di Gaza ha reso noto martedì che 21 bambini sono deceduti a causa della malnutrizione o per fame nell'arco di 72 ore.

Quindici persone, tra cui sei bambini, sono rimaste uccise in un attacco israeliano contro un edificio che ospitava sfollati palestinesi a nord-ovest di Gaza City. Lo riporta Al Jazeera citando una fonte dell’ospedale al-Shifa.

Fonti mediche hanno riferito ad Al Jazeera che gli attacchi israeliani a Gaza hanno causato dall'alba di ieri la morte di almeno 63 persone, tra cui 26 che erano alla ricerca di aiuti. Secondo il ministero della Salute locale, da quando è iniziata la guerra di Israele contro Hamas, gli attacchi israeliani hanno ucciso almeno 59.106 palestinesi e ne hanno feriti altri 142.511. Più della metà delle vittime sono donne e bambini.

"Ci rifiutiamo di vederli morire". Con queste parole, l'Agence France-Presse (Afp) lancia un appello urgente per i suoi giornalisti nella Striscia di Gaza, oggi esposti al rischio concreto di morire di fame. È una situazione senza precedenti nella storia dell'agenzia, fondata nel 1944: nei conflitti passati si sono contati reporter uccisi, feriti o imprigionati, ma mai era stato necessario temere la morte per denutrizione. 

A Gaza, l'Afp opera attualmente con un piccolo gruppo di collaboratori locali: un giornalista freelance, tre fotografi e sei videomaker. Sono loro a garantire una delle poche voci rimaste all'interno della Striscia, da cui i media stranieri sono esclusi da mesi. Il personale permanente dell'agenzia ha lasciato l'area all'inizio del 2024, e da allora la copertura giornalistica si regge interamente sul lavoro dei freelance, che vivono nelle stesse condizioni estreme dei civili. 

Tra loro c'è Bashar, fotografo di 30 anni. In un post su Facebook ha scritto: "Non posso più lavorare nei media. Il mio corpo è troppo magro e non posso più camminare". Bashar vive in costante fuga tra i campi profughi, soffre di problemi intestinali legati alle condizioni igieniche precarie e da oltre un anno è in uno stato di grave deprivazione. Domenica 20 luglio ha riferito che il fratello maggiore è morto per la fame. 

Secondo l'agenzia di stampa, sempre più giornalisti non sono più in grado di lavorare a causa della malnutrizione. Le autorità sanitarie locali parlano ormai apertamente di carestia provocata da Israele. Il direttore dell'ospedale da campo di Al-Mawasi, il dottor Suhaib Al-Hams, ha lanciato l'allarme per una ''ondata imminente di morti'' legata a cedimento degli organi tra gli sfollati. Si moltiplicano i casi di esaurimento, perdita di memoria, debilitazione estrema: sintomi tipici della fame prolungata. Oltre alle bombe - a Gaza l'esercito israeliano ha ucciso più di 300 giornalisti dal 7 ottobre 2023 - a uccidere chi testimonia il genocidio in diretta è ora la fame.

Diversi ministri del governo britannico hanno chiesto al premier Keir Starmer di riconoscere lo Stato palestinese, mentre cresce l'indignazione per le uccisioni dei civili nella Striscia di Gaza: è quanto pubblica il quotidiano The Guardian.

La politica ufficiale della Gran Bretagna è di riconoscere la Palestina nell'ambito di un processo di pace in corso, ma insieme ad altri governi occidentali e "nel momento di massimo effetto", senza specificare quale possa essere.

"Riconoscere lo Stato palestinese è un importante atto simbolico che può essere fatto solo una volta: ma se non ora, quando?", ha spiegato un Ministro; il titolare del Foreign Office, David Lammy, ha dichiarato da parte sua che Londra "farà la sua parte" per raggiungere la soluzione dei due Stati.

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