Press "Enter" to skip to content

Bombe israeliane sulla chiesa cattolica di Gaza, 3 morti. Il criminale di guerra Netanyahu come al solito si giustifica: “Un errore”. Il raid sulla parrocchia ferisce padre Romanelli, amico di papa Francesco.

Gaza, 18 Lug 2025 - Papa Leone XIV chiede "il cessate il fuoco immediato" dopo aver appreso "con profonda tristezza" la notizia della perdita di vite umane e dei numerosi feriti a seguito dell'attacco militare contro la parrocchia cattolica della Sacra Famiglia a Gaza. In un messaggio diffuso dalla Segreteria di Stato, il Pontefice ha voluto far giungere la sua vicinanza spirituale al parroco, padre Gabriele Romanelli, e all'intera comunità parrocchiale duramente colpita da questo drammatico evento. Il Santo Padre affida le anime dei defunti alla misericordia amorosa di Dio Onnipotente e prega con fervore per il conforto di quanti sono nel dolore e per la pronta guarigione dei feriti. Di fronte all'ennesimo episodio di violenza che lacera la Terra Santa, Papa Leone XIV rinnova il suo accorato appello per un cessate il fuoco immediato, esprimendo la sua profonda speranza che si possa finalmente intraprendere un cammino sincero di dialogo, riconciliazione e pace duratura nella regione. Il messaggio è stato firmato dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.

Sono almeno 94 i palestinesi uccisi dai raid israeliani nelle ultime 24 ore, secondo il ministero della Salute di Gaza. Di questi, 26 sono morti mentre cercavano di ottenere aiuti umanitari. Almeno 367 palestinesi feriti sono arrivati negli ospedali di Gaza nelle ultime 24 ore. 

Da quando è stato lanciato a maggio il controverso programma di distribuzione alimentare GHF, sostenuto da Stati Uniti e Israele, almeno 877 palestinesi in cerca di aiuti sono stati uccisi e 5.666 sono rimasti feriti. Il bilancio dei palestinesi morti dall'inizio della guerra sale a 58.667 e almeno altri 139.94 sono rimasti feriti. 

Decine di persone sono morte solo nella giornata di ieri in varie zona della Striscia. Oltre alle tre vittime dell'attacco alla chiesa della Sacra Famiglia, si contano 4 vittime in un attacco al campo profughi di Bureij, nella parte centrale della Striscia, e 3 in un attacco a un edificio residenziale a Gaza city.

A maggio i Paesi Bassi hanno chiamato a raccolta gli altri governi e l'esecutivo europeo per sospendere l'accordo di partenariato con Israele, in seguito al blocco degli aiuti a Gaza. 17 i Paesi che hanno aderito, l'Ue ha però deciso di non procedere.

Questa decisione è stata motivata dalle autorità slovene con l’accusa di incitamento alla violenza estrema e di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi attraverso le loro "dichiarazioni genocide". Questa mossa rappresenta un punto di svolta nelle relazioni tra Slovenia e Israele e riflette una crescente tensione internazionale legata alle politiche israeliane nei territori palestinesi occupati, in particolare a Gaza e in Cisgiordania.

Embargo sulle armi, stop agli appalti pubblici collegati a progetti illegali nei Territori palestinesi occupati e pieno rispetto delle decisioni dei Tribunali internazionali: queste, in breve, le misure diplomatiche, legali ed economiche coordinate che dodici Paesi si impegnano ad applicare "con effetto immediato" per "frenare l'attacco israeliano ai Territori Palestinesi Occupati".  L'annuncio è giunto al termine di due giornate di lavori a Bogotà, dove una coalizione di 30 Paesi denominata The Hague Group e co-presieduta da Sudafrica e Colombia ha stabilito all'unanimità che "l'era dell'impunità per Israele è finita". 

Nella dichiarazione congiunta, l'adozione delle sei misure coordinate viene definita "l'azione multilaterale più ambiziosa dall'inizio del genocidio di Gaza, 21 mesi fa", mirante ad "andare oltre le parole di condanna e intraprendere un'azione collettiva fondata sul diritto internazionale".   I 30 Stati hanno inoltre stabilito che "il diritto internazionale deve essere applicato senza timore o favoritismi attraverso politiche e leggi interne immediate, insieme a un appello unanime per un cessate il fuoco immediato". Per raggiungere questi obiettivi, dodici Paesi - Bolivia, Colombia, Cuba, Indonesia, Iraq, Libia, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, Saint Vincent e Grenadine e Sudafrica - si sono impegnati a: impedire la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e prodotti a duplice uso a Israele; impedire il transito, l'attracco e la manutenzione delle navi in qualsiasi porto in tutti i casi in cui vi sia un rischio evidente che la nave venga utilizzata per trasportare armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e beni a duplice uso verso Israele; impedire il trasporto di armi, munizioni, carburante militare, equipaggiamento militare correlato e beni a duplice uso verso Israele su navi battenti la propria bandiera e garantire la piena responsabilità, incluso il de-flagging, per il mancato rispetto di questo divieto; avviare una revisione urgente di tutti gli appalti pubblici, per impedire che istituzioni e fondi pubblici sostengano l'occupazione illegale del Territorio Palestinese da parte di Israele e ne consolidino la presenza illegale; rispettare gli obblighi di garantire la responsabilità per i crimini più gravi ai sensi del diritto internazionale, attraverso indagini e procedimenti giudiziari solidi, imparziali e indipendenti a livello nazionale o internazionale, per garantire giustizia a tutte le vittime e la prevenzione di crimini futuri; sostenere i mandati di giurisdizione universale, come e ove applicabile nei quadri giuridici e nelle magistrature nazionali, per garantire giustizia alle vittime di crimini internazionali commessi nel Territorio Palestinese Occupato. Nelle deliberazioni della conferenza di Bogotà, è stata fissata la data del 20 settembre, in concomitanza con l'80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, affinché altri stati possano unirsi a loro.

"Siamo venuti a Bogotà per fare la storia, e ci siamo riusciti", ha dichiarato il presidente colombiano Gustavo Petro, osservando: "Insieme, abbiamo iniziato a lavorare per porre fine all'era dell'impunità. Queste misure dimostrano che non permetteremo più che il diritto internazionale sia considerato facoltativo o che la vita dei palestinesi sia sacrificabile".    Il ministro sudafricano delle Relazioni Internazionali e della Cooperazione Ronald Lamola ha aggiunto: "Qui abbiamo affermato collettivamente che nessuno Stato è al di sopra della legge. Il Gruppo dell'Aja è nato per promuovere il diritto internazionale in un'era di impunità. Le misure adottate a Bogotà dimostrano che facciamo sul serio e che un'azione coordinata degli Stati è possibile".

"Questi 12 Stati hanno compiuto un passo epocale", ha dichiarato Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati. "Il tempo stringe affinché gli Stati - dall'Europa al mondo arabo e oltre - si uniscano a loro".

More from PRIMO PIANOMore posts in PRIMO PIANO »

Comments are closed.