Gaza, 6 Giu 2025 - Il Capo dello Stato parla di guerre e diritto nel messaggio inviato al presidente della Società italiana di diritto internazionale e di diritto dell'Unione Europea. Non era mai stato così duro Mattarella nel condannare quel che accade in particolare in Medio Oriente.
Nonostante lo sdegno del mondo per i crimini contro donne e bambini di Gaza e per colpa del criminale di guerra Netanyahu, in vari Paesi cresce l’antisemitismo, nel frattempo a Gaza è in corso "la più feroce strage di bambini a memoria d'uomo". E a questo ora si aggiunge anche l'incubo del ritorno della poliomelite, a causa dello stop ai vaccini, "con rischi anche per i bambini israeliani e giordani che vivono nella zona". A dirlo è Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia.
Dall'ottobre 2023 a oggi, "a Gaza sono stati uccisi o gravemente feriti oltre 50.000 bambini. Dalla fine del cessate il fuoco, il 18 marzo scorso, nella Striscia sono stati uccisi 1.309 bambini e altri 3.738 feriti. Circa un bambino su 20 a Gaza è stato ucciso o ferito". Inoltre, "quasi mezzo milione di persone sono sull'orlo della fame e si stima che nei prossimi 10 mesi 71.000 bambini e 17.000 madri soffriranno di malnutrizione acuta". La priorità, spiega Unicef, ora è permettere una "reale distribuzione" dei beni di prima necessità. "Ci sono mille camion di Unicef con aiuti umanitari pronti a entrare a Gaza- afferma Iacomini- abbiamo bisogno che all'Unicef e ai suoi partner umanitari sia permesso di fare il proprio lavoro: non stiamo chiedendo l'impossibile, ma il rispetto e l'applicazione del diritto internazionale". A causa del blocco degli aiuti umanitari imposto da Israele per due mesi, continua il portavoce di Unicef Italia, "le scorte di cibo e farmaci a Gaza sono drammaticamente limitate. Prima della ripresa delle ostilità le Nazioni Unite gestivano un vasto ed efficace sistema di distribuzione degli aiuti e durante il recente cessate il fuoco abbiamo fornito assistenza distribuendo vaccini, medicine, servizi nutrizionali salvavita e consentendo l'accesso all'acqua potabile". In questo modo erano stati raggiunti "400 punti di distribuzione".
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che il governo israeliano sta armando i "clan di Gaza che si oppongono ad Hamas", aggiungendo: "Cosa c'è di sbagliato in questo?" La conferma arriva dopo che l'ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha dichiarato che Natanyahu ha approvato la fornitura di armi al clan criminale Abu Shabab, una milizia attiva nel sud della Striscia di Gaza.
Immagini satellitari e video pubblicati online nelle ultime settimane mostrano che la milizia palestinese guidata da Yasser Abu Shabab ha ampliato la propria presenza nel sud della Striscia di Gaza, operando all'interno di un'area sotto il diretto controllo delle forze israeliane.
Lo scrive Haaretz, ricordando che Yasser Abu Shabab, abitante di Rafah di famiglia beduina, è noto per attività criminali e per aver saccheggiato, alla fine dello scorso anno, gli aiuti umanitari. Fonti a Gaza hanno detto ad Haaretz che il gruppo sarebbe composto da circa 100 uomini armati, che operano con l'approvazione di Israele. Fonti della difesa israeliana hanno confermato oggi al Times of Israel la fornitura di armi al gruppo da parte di Israele, tra cui quelle sequestrate ad Hamas durante il conflitto. Haaretz ricorda che nelle ultime settimane Abu Shabab ha aperto due pagine Facebook in cui sono stati pubblicati messaggi contro Hamas e contro l'Autorità nazionale palestinese e sono stati evidenziate le operazioni della milizia per garantire la sicurezza e distribuire aiuti ai civili. I video condivisi su queste pagine mostrano uomini che indossano uniformi, elmetti e giubbotti antiproiettile con insegne che includono la bandiera palestinese. Alcuni filmati mostrano ispezioni su convogli della Croce Rossa e delle Nazioni Unite, operazioni di sorveglianza lungo la strada Salah al-Din, la principale direttrice nord-sud di Gaza, ed esercitazioni. A metà aprile, quattro membri della milizia sono rimasti uccisi nell'esplosione di un ordigno piazzato da Hamas che aveva rivendicato l'attacco, affermando di aver preso di mira un'unità israeliana sotto copertura. In seguito è emerso che le vittime erano membri del gruppo di Abu Shabab.
Dal Congo alla Svizzera, dalla Francia alla Thailandia, passando per Gabon, Brasile, Israele, Regno Unito, Pakistan, Togo, Egitto, Libano, Nuova Zelanda: sono 136 le testate che dai cinque continenti hanno già aderito alla "Lettera aperta dei media e delle organizzazioni per la libertà di stampa" che invoca l'accesso a Gaza per i media internazionali.
A oltre 600 giorni dall'inizio dell'operazione militare di Israele su vasta scala, seguita all'attacco perpetrato da Hamas contro il sud di Israele, è ancora in vigore il divieto assoluto per i giornalisti stranieri all'ingresso nella Striscia. Così, Reporter senza frontiere (Rsf) e il Comitato per la protezione dei giornalisti (Icj), hanno promosso un appello per "un accesso immediato, indipendente e senza restrizioni ai media internazionali a Gaza e la piena protezione dei giornalisti che continuano a lavorare sotto assedio".
Nella lettera si legge: "Per 20 mesi le autorità israeliane si sono rifiutate di concedere ai giornalisti al di fuori di Gaza un accesso indipendente al territorio palestinese, una situazione senza precedenti nella guerra moderna. I giornalisti locali, quelli meglio posizionati per dire la verità, rischiano lo sfollamento e la fame. Ad oggi, quasi 200 giornalisti sono stati uccisi dall'esercito israeliano. Molti altri sono rimasti feriti e subiscono continue minacce di morte per aver svolto il loro lavoro: testimoniare. Questo- lamentano gli organismi- è un attacco diretto alla libertà di stampa e al diritto all'informazione".
I firmatari aggiungono: "Comprendiamo i rischi intrinseci del giornalismo dalle zone di guerra", rischi che "molte delle nostre organizzazioni hanno corso per decenni per indagare, documentare gli sviluppi man mano che si verificano e comprendere l'impatto della guerra. In questo momento cruciale, con la ripresa dell'azione militare e gli sforzi per riprendere il flusso di aiuti umanitari a Gaza, è fondamentale che Israele apra i confini di Gaza affinché i giornalisti internazionali possano lavorare liberamente e che rispetti i suoi obblighi internazionali di proteggere i giornalisti in quanto civili".
L'appello è rivolto anche ai "leader mondiali, governi e istituzioni internazionali ad agire immediatamente per garantire questo obiettivo. L'appello viene diffuso nel giorno in cui a Gaza sono morti a causa degli attacchi altri tre operatori dei media palestinesi, tra giornalisti e video operatori. Tutti e tre hanno perso la vita nel bombardamento che ha colpito l'ospedale Battista di Gaza City, come informano i dirigenti della struttura. Altri quattro cronisti sono rimasti feriti. Lo conferma anche il Sindacato dei giornalisti palestinesi, che aggiorna a 225 il bilancio dei report palestinesi uccisi da ottobre 2023.
I portuali del porto di Marsiglia-Fos si sono rifiutati di caricare componenti militari destinati a Israele. Nel mirino, 19 pallet di parti per mitragliatrici prodotte dall'azienda marsigliese Eurolinks: si tratta di piccoli componenti metallici, utilizzati per collegare i proiettili delle mitragliatrici e consentire le raffiche. La decisione dei portuali è sostenuta dalla segretaria generale del sindacato Cgt, Sophie Binet, che ha chiesto al governo francese di "bloccare immediatamente" le consegne di armi a Israele. "Ovviamente, siamo molto orgogliosi di questa azione, guidata dai nostri compagni e che si inserisce nella lunga tradizione internazionalista per la pace della Cgt", ha commentato da Strasburgo, mettendo l'accento sul rispetto dei "principi fondamentali del diritto internazionale e i valori francesi". "Non possiamo, come sta facendo ora Emmanuel Macron - e questo è positivo - dire che (il premier israeliano) Benjamin Netanyahu è un criminale di guerra e allo stesso tempo permettere che le armi partano per Israele!", ha aggiunto. "Siamo per la pace" e "contrari a tutte le guerre", ha ribadito il sindacato dei portuali Cgt in una nota, rifiutandosi di "partecipare al genocidio in corso orchestrato dal governo israeliano".
Mercoledì gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza, affermando che avrebbe incoraggiato i militanti di Hamas. Tutti gli altri 14 membri del Consiglio hanno votato a favore della risoluzione, che definiva la situazione umanitaria a Gaza "catastrofica" e invitava Israele a revocare tutte le restrizioni alla fornitura di aiuti ai 2,1 milioni di palestinesi nel territorio.
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