Roma, 4 Lug 2024 - Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è a Trieste per la cerimonia di apertura della Settimana sociale dei cattolici in Italia, dal titolo “Al cuore della democrazia”. E proprio intorno al concetto di “democrazia” ruota la lunga riflessione che il capo dello Stato ha voluto affidare alla platea del Generali Convention Center in Porto vecchio, che ha ascoltato il suo lungo discorso.
“Democrazia. Parola di uso comune, anche nella sua declinazione come aggettivo. È ampiamente diffusa. Suggerisce un valore. Le dittature del Novecento l’hanno identificata come un nemico da battere. Gli uomini liberi ne hanno fatto una bandiera. Insieme una conquista e una speranza che, a volte, si cerca, in modo spregiudicato, di mortificare ponendone il nome a sostegno di tesi di parte”.
Il capo dello Stato, accolto dal presidente Cei, cardinale Matteo Maria Zuppi, oltre che dal sindaco della città, Roberto Dipiazza, dal presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e dal vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, affida le sue riflessioni a una platea attenta, che lo ascolta assorta: la democrazia, ricorda ancora, è “un tessuto che gli avversari pretenderebbero logoro. L’interpretazione che si dà di questo ordito essenziale della nostra vita appare talora strumentale, non assunto in misura sufficiente come base di reciproco rispetto. Si è persino giunti ad affermare che siano opponibili tra loro valori come libertà e democrazia, con quest'ultima artatamente utilizzabile come limitazione della prima”. Ma, ricorda l’inquilino del Quirinale, “Alexis de Tocqueville affermava che una democrazia senz'anima è destinata a implodere, non per gli aspetti formali naturalmente, bensì per i contenuti valoriali venuti meno”.
Mattarella ricorda anche come “la democrazia si invera ogni giorno nella vita delle persone e nel mutuo rispetto delle relazioni sociali, in condizioni storiche mutevoli, senza che questo possa indurre ad atteggiamenti remissivi circa la sua qualità. Si può pensare di contentarsi che una democrazia sia imperfetta? Di contentarsi di una democrazia a “bassa intensità”? Si può pensare di arrendersi, “pragmaticamente”, al crescere di un assenteismo dei cittadini dai temi della “cosa pubblica”? Può esistere una democrazia senza il consistente esercizio del ruolo degli elettori? Per porre mente alla defezione, diserzione, rinuncia intervenuta da parte dei cittadini in recenti tornate elettorali…” chiede retoricamente Mattarella.
“Intervenendo a Torino, alla prima edizione della Biennale della democrazia, nel 2009, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – ricorda Mattarella – rivolgeva lo sguardo alla costruzione della nostra democrazia repubblicana, con la acquisizione dei principi che hanno inserito il nostro Paese, da allora, nel solco del pensiero liberal-democratico occidentale. Dopo la “costrizione” ossessiva del regime fascista, soffiava “l'alito della libertà”, con la Costituzione a intelaiatura e garanzia dei diritti dei cittadini. L'alito della libertà anzitutto come rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale e politico, come diritto all'opposizione”. Per questo, prosegue il capo dello Stato, “è la pratica della democrazia che la rende viva, concreta, trasparente, capace di coinvolgere. Quali le ragioni del riferimento all'alito della libertà parlando di democrazia? Non è democrazia senza la tutela dei diritti fondamentali di libertà, che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia stessa”.
In un altro passaggio del suo intervento, Mattarella fa un altro richiamo: “Occorre adoperarsi concretamente affinché ogni cittadino sia nelle condizioni di poter, appieno, prendere parte alla vita della Repubblica. I diritti si inverano attraverso l'esercizio democratico. Se questo si attenua, si riduce la garanzia della loro effettiva vigenza. Democrazie imperfette vulnerano le libertà: ove si manifesta una partecipazione elettorale modesta. Oppure ove il principio “un uomo-un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori. Ancor più le libertà risulterebbero vulnerate ipotizzando democrazie affievolite, depotenziate da tratti illiberali”.
“Al cuore della democrazia ci sono le persone – ricorda il capo dello Stato –, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità: questo è il cardine della nostra Costituzione. Questa chiave di volta della democrazia opera e sostiene la crescita di un Paese, compreso il funzionamento delle sue istituzioni, se al di là delle idee e degli interessi molteplici c'è la percezione di un modo di stare insieme e di un bene comune. Se non si cede all'ossessiva proclamazione di quel che contrappone, della rivalsa, della delegittimazione. Se l'universalità dei diritti non viene menomata da condizioni di squilibrio sociale, se la solidarietà resta il tessuto connettivo di una economia sostenibile, se la partecipazione è viva, diffusa, consapevole del proprio valore e della propria essenzialità”.
“Nel cambiamento d'epoca che ci è dato di vivere, avvertiamo tutta la difficoltà, e a volte persino un certo affanno, nel funzionamento delle democrazie. Oggi constatiamo criticità inedite, che si aggiungono a problemi più antichi. La democrazia non è mai conquistata per sempre. Anzi, il succedersi delle diverse condizioni storiche e delle loro mutevoli caratteristiche, ne richiede un attento, costante inveramento”. Il capo dello Stato prosegue: "Oggi dobbiamo rivolgere sguardo e attenzione a quanto avviene attorno a noi, in un mondo sempre più raccolto e interconnesso. Accanto al riproporsi di tentazioni neo-colonialistiche e neo-imperialistiche, nuovi mutamenti geopolitici sono sospinti anche dai ritmi di crescita di Stati-continente in precedenza meno sviluppati, da tensioni territoriali, etniche, religiose che, non di rado, sfociano in guerre drammatiche; da andamenti demografici e giganteschi flussi migratori. Attraversiamo fenomeni - questi e altri – che mutano profondamente le condizioni in cui si viveva in precedenza e che è impossibile illudersi che possano tornare”, ricorda Mattarella.
“Monsignor Adriano Bernareggi, nelle sue conclusioni della Settimana sociale del '45, argomentò, citando Jacques Maritain, che una nuova cristianità si affacciava in Europa. L'unità da raggiungere nelle comunità civili moderne non aveva più un'unica base spirituale bensì un bene comune terreno, che doveva fondarsi proprio sull'intangibile dignità della persona umana. Questa la consapevolezza che è stata alla base di una stagione di pace nel continente europeo. Continuava l'allora vescovo di Bergamo, la democrazia non è soltanto governo di popolo, ma governo per il popolo. Affrontare il disagio, il deficit democratico che si rischia, deve partire da qui. Dal fatto che, in termini ovviamente diversi, ogni volta si riparte dalla capacità di inverare il principio di eguaglianza, da cui trova origine una partecipazione consapevole. Perché ciascuno sappia di essere protagonista nella storia” dice ancora il capo dello Stato.
“Se in passato la democrazia si è inverata negli Stati - spesso contrapposti e comunque con rigidi, insormontabili frontiere - oggi, proprio nel continente che ne è stata la culla, si avverte la necessità di costruire una solida sovranità europea che integri e conferisca sostanza concreta e non illusoria a quella degli Stati membri. Che consenta e rafforzi la sovranità del popolo disegnata dalle nostre Costituzioni ed espressa, a livello delle istituzioni comunitarie, nel Parlamento Europeo”.
Per il capo dello Stato, “l'esercizio della democrazia, come si è visto, non si riduce a un semplice aspetto procedurale e non si consuma neppure soltanto con la irrinunziabile espressione del proprio suffragio nelle urne nelle occasioni elettorali. Presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino - perché tra loro inscindibili - libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell'umanità condivisa. Né si tratta di questione limitata ad ambiti statali”. Mattarella afferma poi che “la Costituzione seppe dare un senso e uno spessore nuovo all'unità del Paese e, per i cattolici, l'adesione ad essa ha coinciso con un impegno a rafforzare, e mai indebolire, l'unità e la coesione degli italiani. Spirito prezioso, come ha ricordato di recente il cardinale Zuppi, perché la condivisione intorno a valori supremi di libertà e democrazia è il collante, irrinunciabile, della nostra comunità nazionale”.
L’inquilino del Quirinale mette in guardia: “È necessario misurarsi con la storia, porsi di fronte allo stato di salute delle istituzioni nazionali e sovranazionali e dell'organizzazione politica della società. Nuovi steccati sono sempre in agguato a minare la basi della convivenza sociale: le basi della democrazia non sono né esclusivamente istituzionali né esclusivamente sociali, interagiscono fra loro. Cosa ci aiuta? Dare risposte che vedono diritti politici e sociali dei popoli concorrere insieme alla definizione di un futuro comune”.
“La democrazia non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento, ferma restando l'imprescindibilità della definizione e del rispetto delle “regole del gioco”. Perché - come ricordava Norberto Bobbio - le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze”.
Per questo, aggiunge ancora Mattarella, “ci soccorre Bobbio quando ammonisce che non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare”. Una democrazia “della maggioranza” sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà”.
In un ultimo passaggio del suo lungo discorso, il presidente Mattarella ricorda la figura di “don Lorenzo Milani”, che “esortava a dare la parola, perché solo la lingua fa eguali. A essere alfabeti nella società. La Repubblica ha saputo percorrere molta strada, ma il compito di far sì che tutti prendano parte alla vita della sua società e delle sue istituzioni non si esaurisce mai. Ogni generazione, ogni epoca, è messa alla prova della “alfabetizzazione”, dell'inveramento della vita della democrazia. Prova, oggi, più complessa che mai, nella società tecnologica contemporanea.
“Battersi affinché non vi possano essere “analfabeti di democrazia” è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti. Non soltanto chi riveste responsabilità o eserciti potere. Per definizione, democrazia è esercizio dal basso, legato alla vita di comunità, perché democrazia è camminare insieme”.
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