Ultraliberista anti casta, Javier Milei è il nuovo presidente dell'Argentina. Futuro nero per la nazione, uomo pericoloso e di estrema destra con pulsioni dittatoriali.
Buenos Aires, 20 Nov 2023 – In Argentina un uomo molto pericoloso è stato eletto alla guida dell’Argentina, giovane democrazia del Sud America. E se i primi a congratularsi con lui sono stati Trump, altro uomo esiziale per gli Stati Uniti d’America e l’ex presidente brasiliano Bolsonaro, altro elemento di estrema destra con pulsioni poco democratiche, non fa ben sperare per la povera e affamata Argentina.
Comunque è il popolo ad averlo scelto ma non sanno a cosa vanno incontro. Come in Italia, che votando l’estrema destra di Meloni si pesava di andare su una strada democratica, ma il paese lo stanno trasformando in uno stato di polizia, come fanno i governi con intendono soffocare la democrazia e la libertà del popolo.
Ma tornando al paese divenuto democratico da appena 40 anni, dopo le tremende dittature, centinaia di bandiere gialle, con l’immagine di un leone, sventolano in Avenida Cordoba di fronte all’hotel Libertador, scelto come bunker elettorale dallo staff di Javier Milei.
Il suo ruggito ha attraversato tutto il Paese sudamericano fino a scardinare le certezze peroniste della provincia di Buenos Aires.
Con un consenso del 55,70% contro il 44,30% di Sergio Massa, l’anarco-capitalista Milei, a capo del partito La Libertà Avanza, è il nuovo presidente dell’Argentina. Promette dollarizzazione, lotta alla “casta” e la chiusura della Banca centrale. La rabbia ha avuto la meglio sulla paura e dal 10 dicembre, quando varcherà la soglia della Casa Rosada, il paese volterà pagina e chiuderà il ventennio peronista. L’appoggio dell’ex presidente Macri ha dato i suoi frutti.
Alle 18 la chiusura dei seggi: affluenza al 76%, due punti in più rispetto al primo turno. Ma non è stata l’obbligatorietà del voto, con il rischio di una multa, a spingere gli argentini al voto. Solo l’1,62% le schede nulle, l’1,5% quelle bianche. La “gente” ha scelto.
Non sono ancora le 20, ora locale, quando Sergio Massa, il candidato del governo in carica, ammette la sconfitta.
Sale sul palco al barrio Chacarita e tra gli applausi e la delusione dei sostenitori dichiara: “Milei è il presidente che la maggioranza degli argentini ha eletto per i prossimi quattro anni. Noi abbiamo scelto la strada della difesa della salute e dell’educazione pubblica, dell’industria nazionale. Gli argentini hanno scelto un altro cammino”.
Sì, con un’inflazione che sfiora il 140% annuo, e il 40% della popolazione in povertà assoluta, l’Argentina non ha voluto credere alle ricette del ministro uscente dell’economia di Union por la Patria. Ha scelto di svoltare a destra e di credere al sogno proposto da Milei, l’economista che vuole scardinare “il sistema”.
Javier Milei, un personaggio quantomeno singolare: 52 anni e cinque cani ai quali è legatissimo. È favorevole alla vendita degli organi ma contrario all’aborto. Come vicepresidente propone Victoria Villaruel, con la quale strizza un occhio ai negazionisti della dittatura. Ma l’Argentina dei giovani rampolli che lo hanno votato e fatto votare, che usano i social e non leggono i giornali ma girano il mondo e sognano l’altra America, quella del Nord, non vogliono saperne del passato: rivendicano il futuro. Così come i poveri delle villas, i quartieri dei diseredati che circondano la capitale. Facile intercettare i loro desideri. Terreno fertile per quel “capellone” che mesi fa distribuiva con un sorteggio il suo stipendio da parlamentare a una moltitudine di aspiranti.
L’esordio alle primarie con il 30% dei consensi e un crollo proporzionale della moneta, il peso argentino. Poi al primo turno del 22 ottobre era stato scavalcato da Massa. I timori sul futuro avevano preso il sopravvento. L’alleanza strategica con la terza classificata, Patricia Bullrich, ex ministra della Sicurezza del governo Macri, ha portato al risultato. E oggi è il presidente dell’Argentina.
I caroselli di auto sfilano per l’Avenida 9 de Julio, costeggiando l’Obelisco, simbolo di Buenos Aires: la folla canta e aspetta. Sono quasi le 22 quando Milei prende la parola. “Libertà” gridano i suoi. E lui risponde: ”Paresse que sì”, parrebbe di sì, annunciando il cambio di cui l’Argentina sente il bisogno.
“Oggi termina l’idea di ripartirsi il bottino tra gli amici che governano, oggi ritroviamo il cammino che perdemmo. Basta con il modello della casta se vogliamo essere una potenza mondiale. Dentro la legge tutto, fuori dalla legge niente. Saremo implacabili con chi usa la forza per mantenere i propri privilegi. La situazione dell’Argentina è critica e non c’è spazio per le mezze misure, bisogna intervenire drasticamente". "È fondamentale - continua - lavorare uniti per dare risposte a una società abbandonata dalla classe politica. Troveremo le soluzioni solo lavorando uniti. Il nostro impegno - conclude - è nella democrazia, nel commercio libero e nella pace. È terminata una forma di politica e ne comincia un’altra. Agli argentini dico che il paese ha un futuro ma quel futuro esiste solo se è liberale”.
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