Cagliari, 8 Lug 2023 - Se il sistema imprenditoriale sardo riuscisse ad avvicinarsi in termini di produttività alla media nazionale investendo sul miglioramento dei processi produttivi, della tecnologia, dell’organizzazione e dei modelli gestionali, la Sardegna potrebbe recuperare circa 10 punti percentuali di Pil, pari a 3 o 4 miliardi di euro. È il dato più evidente che si evince dalla ricerca “Sardegna 2023, scenari strategici per lo sviluppo delle piccole e medie imprese al tempo del PNRR”, presentata oggi a Cagliari dalla Cna Sardegna.
Proponendo un’analisi comparata della struttura del Pil della Sardegna con quello delle altre regioni italiane, la ricerca da un lato conferma il fallimento delle politiche di coesione (la convergenza con le aree più dinamiche del nostro paese e dell’Europa resta irrealizzata, in virtù di una crescita inferiore in termini di Pil pro-capite, occupazione, produttività del lavoro) ma dall’altro, analizzando le potenzialità di settori strategici come turismo, agroindustria, costruzioni e trasporti preserva la speranza che il declino per la Sardegna non sia irreversibile.
Il sistema delle imprese sarde potrebbe aumentare il proprio valore aggiunto, a parità di costi produttivi e ore lavorate, di circa il 25% se operasse in maniera ottimale come le regioni che si collocano sulla frontiera efficiente. Si tratterebbe di circa 8/9 miliardi di euro di maggiore PIL (ai prezzi del 2019).
Nell’ultimo ventennio l’economia della Sardegna ha avuto grandi difficoltà a mantenere ritmi di crescita in linea con la media nazionale. Nel decennio pre-pandemico, in un contesto di stagnazione generale, l’Isola aveva fatto registrare un tasso di crescita medio persino negativo, mentre nel 2020 l’impatto della crisi sanitaria, e dei diversi lockdown attuati per contrastare la diffusione dell’epidemia, è stato decisamente più grave che altrove. Alla fine del 2023, crisi energetica, inflazione, stretta monetaria e incertezza geopolitica, metteranno in discussione la capacità dell’Isola di raggiungere i livelli di attività del 2019.
Non a caso, le ultime previsioni della CNA per il 2023 indicano che la Sardegna, nonostante uno scenario atteso di lenta normalizzazione della congiuntura nazionale e internazionale, ancora una volta dovrebbe fare peggio della media generale: una crescita attesa pari al +0,8% (+1,2% la previsione per il PIL italiano). Dopo aver individuato le caratteristiche peculiari del sistema economico sardo e i suoi molteplici fattori di debolezza – la Cna evidenzia uno dei problemi principali del sistema imprese sardo nella poca competitività in termini di produttività.
Al fine di misurare la produttività dell’economia sarda, la ricerca ricorre al concetto di Produttività totale dei fattori (TFP) che – in sintesi - indica il contributo alla crescita del Pil che non è relativo al lavoro o al capitale, ma è strettamente correlato al livello di efficienza del sistema produttivo (tecnico, organizzativo, amministrativo, infrastrutturale, umano, allocativo, etc.).
Ebbene, il calcolo della TFP conferma il gap di produttività per l’economia sarda, con l’Isola che si posiziona al quartultimo posto tra le regioni italiane. Questo risultato rafforza l’idea che le difficoltà dell’economia della Sardegna di realizzare una crescita competitiva e duratura nel tempo siano legate, per buona parte, all’incapacità di tenere il passo con l’innovazione (tecnologica, digitale, organizzativa).
“Tre cicli di programmazione europea – hanno spiegato Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA Sardegna – non sono bastati ad avvicinare gli obbiettivi della politica di coesione. Gli elementi di criticità storici e strutturali non sono stati scalfiti.
I lasciti di quest’ultimo ventennio, come conferma la ricerca, ci dicono – continuano Tomasi e Porcu - che è necessario introdurre elementi di discontinuità radicale rispetto al passato. Sulle grandi “riforme di struttura”, efficientamento della P.A. Regionale, il riordino dell’assetto amministrativo /istituzionale/locale, il modello Sanitario, il rapporto con lo Stato, la riforma del nostro Statuto, il riconoscimento del principio di insularità da declinare con le proposte sull’autonomia differenziata, servirebbero accordi bipartisan tra le forze politiche nel definire un quadro di regole e valori condivisi entro i quali esercitare la doverosa dialettica politica.
Condizione necessaria per evitare come accaduto nell’ultimo ventennio - a fasi alterne – che chi governa, anche su questioni strategiche, cancelli il modello di chi ha amministrato precedentemente. Tutto ciò - continuano i vertici Cna - sottrae efficacia, priva di effetti le politiche di programmazione e sviluppo.
L’auspicio è che la parte finale della legislatura, mancano pochi mesi alle elezioni regionali, si concluda in maniera ordinata ed utile, approvando i provvedimenti di legge su cui già esiste specifica copertura finanziaria”.
Tra gli esempi di provvedimenti attesi – continuano Porcu e Tomasi - il collegato alla legge di stabilità e le direttive di attuazione alla norma che ha stanziato 70 mln. di euro per la transizione energetica, di cui 30 destinati alle imprese, per la riduzione dei costi energetici e l’ottimizzazione dei processi produttivi su cui Cna ha presentato una proposta che prevede l’incentivazione dell’auto produzione di energia elettrica attraverso l’installazione degli impianti fotovoltaici sui tetti dei capannoni industriali e/0 artigianali.
Urgente – concludono Tomasi e Porcu - per non rischiare ritardi sulla spendita delle risorse del PNRR ridare operatività alla macchina amministrativa regionale, coprendo i vuoti nella direzione tecnica di assessorati strategici e del Centro regionale di programmazione”.
Per rilanciare la produttività della Sardegna in un’ottica di modernizzazione, digitalizzazione e sostenibilità, un ruolo importante, una grande opportunità sarà fornita nei prossimi anni dal PNRR. Le risorse potenzialmente destinate alla Sardegna da quanto risulta dai progetti presentati sono circa 3,6 miliardi, corrispondenti al 2,4% delle risorse pianificate al livello nazionale (149 miliardi): in rapporto alla popolazione si tratta di circa 2.300 euro per abitante, un dato decisamente inferiore alla media delle regioni del Sud (3.000 euro) e che posizione l’Isola al sestultimo posto nella classifica regionale.
Analizzando i dati sui progetti presentati nell’isola emerge come in Sardegna i temi del digitale siano considerati strategici dalle amministrazioni locali. Si tratta, nello specifico, di 1.582 progetti (su 3.620 totali), per una spesa prevista pari a 611 milioni, finalizzati a trainare il processo di modernizzazione del sistema della PA, a favorire la digitalizzazione delle imprese e a promuovere la cultura del digitale nella società. Il loro peso è pari al 17% in termini di importo previsto, un dato che pone l’Isola al terzo posto tra le regioni italiane, alle spalle soltanto di Valle d’Aosta e Molise (in termini numerici il peso è anche maggiore, il 33,3%, un dato inferiore soltanto a quello registrato in Valle d’Aosta).
Il rischio è che la bassa qualità della governance pubblica possa, in una certa misura, compromettere l’efficacia di questi progetti di incidere realmente sui trend attuali della produttività regionale. Com
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