Roma, 19 Lug 2022 – Dopo giorni di varie prese di posizione dai capi partito, se così possiamo chiamarli, e lo stato confusionale in cui versa il M5S e più propriamente il suo presidente Conte, che negli ultimi mesi non ne azzecca una. Un disastro politico continuo e la cui azione e scelte gli sta franando il Movimento con continui evasioni verso altri lidi più promettenti specialmente di chi ha paura dopo due lustri di lauti stipendi erogati a perfetti sconosciuti e anche, nella vita, senza arte e nei parte, come Di Maio che si è fondato un partito con dei fuoriusciti come lui con la paura di tornare ad essere ‘niente’ come lo erano prima.
Subito dopo le dimissioni capricciose di Draghi, che vuole ora fare la prima donna e vuole tornare al governo con acclamazione popolare, come i primi attrici di teatro, si stanno levando voci che chiedono a Mario di tornare su suoi passi e accetti nuovamente l’incarico, ma se ottiene la fiducia, che non gli è mai mancata neanche l’altro ieri quando si è dimesso ma le dimissioni sono state respinte da Mattarella, visibilmente infastidito dal suo comportamento (non si era mai visto un primo ministro dimettersi dopo aver ottenuto la fiducia al Senato) ed ora, domani si presenta davanti ai deputati per un nuovo voto di fiducia, trovando quasi tutti d’accordo che egli rimanga al suo posto anche se vi sarà qualche defezione per stupidi veti messi da chi prima si era comportato peggio dei ciquestelle.
Infatti, nel frattempo "Ieri sera abbiamo superato le1500 firme, siamo quasi a 1600" per l'appello dei sindaci al premier affinché rimanga in carica, e "probabilmente arriveremo a 2000 prima del discorso del presidente Draghi al Senato", ha affermato Dario Nardella, sindaco di Firenze, in collegamento con Omnibus su La7. "C'è un'adesione larghissima - ha aggiunto - che va da nord a sud, dal centrosinistra al centrodestra, e che nasce da una preoccupazione oggettiva, quella che noi viviamo ogni giorno sul territorio". Per Nardella le tante firme dei sindaci sono" un dato sorprendente, mai vista una cosa del genere: evidentemente c'è un sentimento fortissimo".
Anche "all'assemblea dell'Anci sul Pnrr, il 22 giugno, ho espresso a nome di tutti i sindaci la forte preoccupazione per le fibrillazioni della maggioranza che si intravedevano già allora. In quella occasione chiesi ai partiti, entrati ormai da tempo in modalità campagna elettorale, di evitare che a pagare il prezzo del confronto politico fosse il Paese. Purtroppo non ci hanno ascoltato e ora, se la crisi non rientra, saranno guai per l'Italia". Lo dice il sindaco di Bari e presidente Anci, Antonio Decaro, in un'intervista a 'Repubblica'.
Inoltre "Viviamo in una situazione di incertezza che non fa bene al Paese", ha detto il presidente leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga in un'intervista a 'Il Giornale'. "L'instabilità - prosegue - non porta mai cose positive, è quello che la Lega ha contestato più volte a Conte. Ha scatenato una crisi per un pretesto".Verso Mario Draghi "nutro una grande stima, penso che abbia lavorato molto bene, anche sul piano internazionale per tutelare i nostri interessi internazionali grazie alla sua autorevolezza. La nostra volontà - aggiunge il presidente della Conferenza delle Regioni - invece è molto chiara: una maggioranza dove c'è il M5s è insostenibile, proprio per l'atteggiamento irresponsabile che hanno avuto". Quindi se il M5s rientrasse in qualche modo nella maggioranza sarà la Lega a dire di no? "Lo faremmo - aggiunge Fedriga - a tutela di Draghi e dell'azione di governo, che sarebbe sempre minata dall'inaffidabilità dei Cinque Stelle, un partito che non ha votato la fiducia a un governo in cui ha i suoi stessi ministri".
Infine, pare si sia aperto un piccolo spiraglio nella Lega verso la possibilità che il partito di Matteo Salvini possa votare per la prosecuzione del governo di Mario Draghi. Anche se nel partito di via Bellerio, come in Forza Italia, si attendono segnali dal presidente del Consiglio che ancora non sono arrivati. La condizione che viene posta sia da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini è che il partito di Giuseppe Conte esca dal governo. Durante la riunione di Salvini con i parlamentari - presenti anche i ministri Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani - le critiche ai pentastellati sono molto aspre. Nel mirino finisce anche il Pd per le proposte di legge su cannabis e ius scholae e i ministri dell'Interno e della Salute, Luciana Lamorgese e Roberto Speranza.
Il segretario leghista, in posizione descritta di "sfinge", ascolta i suoi, dopo aver fatto una piccola introduzione, in cui ha ringrazia, tra gli applausi i ministri e esprime stima per Draghi. Salvini riferisce di non sapere se si andrà al voto anticipato o meno, come vorrebbe una buona parte della platea. Lega e FI hanno imposto una conventio ad escludendum sui 5 stelle e ora attendono segnali, che finora però non sembrano arrivare, dal presidente del Consiglio. Non solo in FI ma anche nel partito di Salvini - viene riferito - vi sarebbe, però, allo stato una timida apertura nel caso in cui il premier accettasse di proseguire senza il Movimento di Conte, cosa che finora ha negato di voler fare.
Infine, solo la Meloncina, convinta vivamente di vincere le prossime elezioni, (anche la sua camerata francese per ben tre volte era convinta di essere la presidente francese ma per ben tre volte i francesi hanno affermato per i sondaggisti, che l’avrebbero votata ma poi non lo hanno fatto), vuole a tutti i costi affossare Draghi e correre verso nuove consultazioni. Ma i cittadini ora sono convinti di votare per il presunto secondo partito nazionale e quindi lei come presidente del consiglio, dimenticando che il presidente della Repubblica non gli darà mai l’incarico non essendo una atlantista e europeista e poi non vorrebbe una amica di Putin, capo del governo, vista la posizione del presidente Mattarella, più volte espressa, nei confronti del despota russo che ha avviato una guerra senza senso con la quale si sta macchiando di enormi crimini di guerra, che prima, speriamo prima possibile, la sua rovinosa caduta e la sua terribile paura di finire trucidato come Saddam si potrebbe concretizzare. Quini per il capo della destra, per lei moderata ma ancora con la camicia nerissima, lancia "Appelli, ripensamenti, suppliche e giravolte: per paura di esser sconfitta, la sinistra è disposta a tutto pur di scongiurare il ritorno al voto. Possono fuggire quanto vogliono, arriverà presto il giorno in cui dovranno fare i conti col giudizio degli italiani". Così la leader FdI, Giorgia Meloni, che su Facebook accompagna la riflessione con una 'card' che ritrae Enrico Letta e la frase "le stanno tentando tutte pur di evitare di tornare al voto per paura di una sonora sconfitta".











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