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Prosegue ma rallenta la corsa dell’export sardo nel primo trimestre 2022: i rischi di una flessione in uno scenario di incertezza globale.

Cagliari, 21 Giu 2022 - Nel primo trimestre 2022 il valore dell’export regionale è cresciuto del 35% rispetto al corrispondente periodo del 2021. Se si considera il ritmo espansivo registrato dalle esportazioni alla fine del 2021, si tratta però di un sensibile rallentamento della corsa (era stato registrato addirittura un +63%). In ogni caso il livello della domanda estera di prodotti regionali è molto alto, pari a 1,6 miliardi, superiore a quelli pre-pandemici.

È quanto si evince dall’ultimo report del Centro Studi della Cna Sardegna. Più che il rallentamento della crescita, a lanciare qualche segnale di allarme è però soprattutto il dato al netto dell’export dei prodotti petroliferi raffinati: il valore economico delle esportazioni regionali risulta in questo caso in flessione del 6% rispetto al primo trimestre 2021. In questo contesto solo altre due regioni meridionali segnano una flessione, anche più rilevante, dell’export nel periodo più recente, ovvero Basilicata e Molise, con un calo rispettivamente del 13,5% e 23,5%.

Ma quali sono i settori di attività ai quali si può ricondurre la frenata dell’export regionale nell’anno in corso?

Escludendo i prodotti del settore petrolifero, che in un trimestre ha totalizzato vendite all’estero per poco meno di 1,3 miliardi di euro, ovvero più dell’80% del totale, il comparto di attività produttiva più rilevante è quello dei prodotti chimici (82 milioni), che ha registrato una dinamica molto positiva rispetto al primo trimestre 2021, che arriva però dopo un anno chiuso in calo (-6%); segue il settore dell’agroalimentare, con un valore di prodotti esportati pari a più di 46%, in crescita del 6%, in rallentamento rispetto al tasso positivo registrato alla fine del 2021. In forte calo invece la vendita dei metalli di base e prodotti in metallo (-74,5%) che, insieme ai prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti e alla componentistica per computer e apparecchi elettronici, definiscono il saldo negativo dell’export regionale al netto del settore petrolifero. In particolare, il valore delle vendite di prodotti in metallo passa da 128 milioni del primo trimestre 2021 a poco meno di 33 milioni nel primo 2022, e risulta determinato dalla voce “altri prodotti in metallo” (che comprendono, secondo le definizioni ATECO2007, stoviglie, pentolame, casseforti, calamite e altra minuteria metallica), ai quali è riconducibile un volume di vendite pari a 31,7 milioni quest’anno, contro i 126,9 del corrispondente trimestre 2021.

Da notare come nel 2021 circa la metà della domanda proveniva da un solo paese, il Qatar.

Come si è detto, il settore agroalimentare rimane una delle componenti più strategiche per l’export regionale, rappresentando nell’anno in corso il 15% dell’export regionale al netto dei prodotti petroliferi. Si deve però osservare che il valore dell’export di questo settore ha negli anni più recenti perso rilevanza all’interno del valore delle vendite internazionali: nel primo trimestre 2022 si attesta sul 15% del totale, lo stesso livello registrato alla fine del 2021, ma in contenimento rispetto al 2019 e al 2020, quando aveva superato il 17% e poi il 18%. In quella fase la domanda estera di prodotti agroalimentari sardi aveva mostrato una importante resilienza, che dovrà in questa fase essere in qualche modo riconquistata. In particolare, desta preoccupazione la flessione del 9% registrata dalla domanda di prodotti dell’agroalimentare da parte degli Stati Uniti (-9%), che da sola rappresenta il 44% del totale. Poco rilevante invece l’export di tali prodotti verso la Russia (0,1%) che per altro si presenta in crescita nel primo trimestre dell’anno, mentre preoccupa di più la contrazione quasi del 40% registrata dalla domanda cinese, pari però a poco più del 2% del totale.

Tra i mercati di sbocco europei, quello tedesco è il più rilevante in termini economici, rappresentando più del 9% nel primo trimestre 2022, mentre quello spagnolo è il più dinamico, cresciuto da 224mila euro a quasi 2,5 milioni di valore di merci acquistate, per effetto di una domanda fortemente concentrata sui prodotti a base di carne lavorata e conservata. Molto espansiva anche la domanda proveniente dal Regno Unito, sebbene i livelli siano ancora molto modesti (1,6% del totale).

Il quadro pertanto, anche se positivo, mostra alcuni segnali di rallentamento, concentrati, al momento, in alcuni territori e, come visto, in alcuni settori merceologici, tra cui si afferma senza dubbio la rilevanza del comparto agroalimentare.

Al suo interno, guardando più specificamente alle vendite complessive di pecorino e dolce sardo, considerando anche lotti prodotti al di fuori dell’Isola, nel primo trimestre dell’anno in corso si sono attestate su 52 milioni, in crescita del 30% rispetto al primo trimestre 2021. Un anno nel corso del quale si era registrata una incoraggiante ripresa della domanda estera, attestata su oltre 204 milioni, un livello molto importante e superiore del 27% rispetto al 2020, quando comunque questa nicchia strategica della produzione tipica si era contratta solo dell’1%.

Queste dinamiche si sono realizzate in un contesto di prezzi all’export in sensibile crescita, che a partire dagli ultimi mesi dello scorso anno hanno superato i 10 euro al kg, arrivando addirittura al record storico di 11 euro a marzo di quest’anno, contro una media di 8,6 €/kg del 2020. Una dinamica condizionata da una domanda fortemente concentrata territorialmente, beneficiando delle dinamiche positive vissute dall’economia USA a partire dal 2021 (redditi e occupazione), come mostra un trend assai più orientato alla stabilizzazione registrata dalle vendite all’estero di parmigiano, il cui prezzo è stato sostanzialmente raggiunto da quello del pecorino nei primi mesi dell’anno in corso.

“Al netto dei prodotti petroliferi raffinati, le esportazioni sarde hanno mostrato nel primo trimestre dell’anno una significativa flessione in un contesto generale di rallentamento della crescita mondiale – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. Tiene molto bene, insieme al petrolifero, il comparto della chimica, mentre il comparto della lavorazione dei metalli, cresciuto nel 2021, registra una forte contrazione. Si mantiene positivo anche il trend delle vendite agroalimentari, ma preoccupa il rallentamento della crescita considerando la sua non omeogena distribuzione a livello territoriale, con aree di forti riduzioni, tra cui mercati strategici come quello statunitense, ma anche quella proveniente da un altro motore economico, la Cina. Considerando che i dati oggi disponibili ancora non registrano gli effetti della crisi in Ucraina, è chiaro che anticipano una situazione che potrebbe peggiorare drasticamente. I rischi legati all’incerto scenario globale sono particolarmente rilevanti proprio per quelle produzioni regionali spiccatamente orientate verso grandi mercati, quello statunitense e quello tedesco, la cui economia risulta fortemente impattata dagli effetti della crisi in Ucraina (la Germania) e dall’esaurimento delle politiche fiscali e monetarie espansive (soprattutto gli USA), nonché, più in generale, dalle rigidità che gravano su tutto l’apparato produttivo manifatturiero (problemi di approvvigionamento e strozzature delle catene logistiche). Altrettanto rilevante sarà l’evoluzione della dinamica dei prezzi delle commodity e dell’energia, soprattutto per quanto riguarda attività produttive altamente energivore come la lavorazione dei metalli, con una probabile trasmissione degli aumenti dei costi sui prezzi di produzione (all’export) e, di riflesso, minore competitività al livello internazionale delle produzioni isolane”. Com

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