Lanusei (Nuoro), 29 Giu 2021 – A conclusione di una congiunta attività d’indagine, coordinata dal Procuratore Capo dott. Biagio Mazzeo reggente la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei e condotta dai militari della Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Lanusei, del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cagliari, dal personale del Commissariato di P.S. di Lanusei e del N.I.P.A.F. dell’Ispettorato Forestale di Lanusei, sono state deferite in stato di libertà 34 persone che, a vario titolo, si sono resi responsabili di Associazione per Delinquere, uscita o esportazioni illecite, ricerca Archeologica senza Concessione, tramite Scavi Clandestini, Impossessamento Illecito di Beni Culturali Appartenenti allo Stato, Contraffazione di opere d’arte, ricettazione, furto aggravato, estorsione, coltivazione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, minacce aggravate e danneggiamento a seguito di Incendio, uso/sottrazione di cose sottoposte a sequestro, favoreggiamento personale, inosservanza delle prescrizioni cautelari imposti dall’A.G.
L’indagine ha preso l’avvio nel mese di Agosto 2016 a seguito di un intervento effettuato dalle forze dell’ordine su di un nuraghe sito nella località “Orzili” dell’argo del comune di Arzana e pertanto veniva predisposto dalla Procura della Repubblica di Lanusei, un team di operatori interforze con lo scopo di contrastare l’emergente e radicato fenomeno di ricerca e commercio illecito di reperti archeologici, provenienti da scavi clandestini ed effettuati in diversi siti nuragici ubicati in tutto il territorio sardo. Inoltre nel prosieguo delle indagini sono emersi chiari elementi che hanno concretizzato l’esistenza di diverse associazioni a delinquere sparse nell’isola, tutte collegate tra di loro, finalizzate all’esecuzione di numerosi reati.
L’indagine, oltre a svelare l’organigramma delle organizzazioni, ha permesso di individuare e ricostruire anche le sue ramificazioni. Infatti, già dal contenuto delle prime conversazioni intercettate, era emerso la distinzione di diversi gruppi, autonomi in relazione all’operatività ed alle modalità di ricerca e scavo, ma con la stessa comunione di intenti e di interscambiabilità degli oggetti per la loro successiva immissione nel mercato.
Il Gruppo di Arzana costituito da Vincenzo Beniamino Marongiu, Sabina Romagnoli, Carlo Pili, Pietro Monni, Augusto Puddu, Nicolò Piras, Federico Luigi Laisceddu, Tomaso Melis, Roberto Cabras, Raffaele Cocco, Sebastiano Gioi, Efisio Arbau e Michele Cau.
Invece il gruppo della Baronia, costituito da Antonio Francesco Deledda, Pasqualino Deledda, Mariano Puddu, Diego Pinna, Mauro Maria De Amicis, Massimo Gianfranco Dessolis, Gianpiero Marceddu, Matteo Sanna e Gian Michele Secchi,
Il Gruppo di Cagliari era costituito da Gianluca Meloni, Gabriele Mascia, Felice Ciccolella, Mario Sarais, Enrico Cara Antioco Casula.
I componenti di queste associazioni risultano essere legati da un vincolo associativo molto solido che li ha portati a commettere, come sopra elencato, più e gravi reati, mantenendo continui e reciproci contatti finalizzati all’attività di ricerca, all’ aggiornamento sull’andamento degli scavi in corso, allo scambio di informazioni circa il valore ed i diversi canali di vendita dei reperti archeologici già in loro possesso (spesso costituiti da manufatti abilmente falsificati). Inoltre, la difficile indagini degli investigatori dell’Arma oltre ai reati già perseguiti, ha permesso di far affiorare condotte illecite che inserivano parte degli indagati in un contesto criminale ben più ampio e grave ossia quello di un vasto traffico di armi clandestine e munizioni nonché furti e rapine. Da lì la scelta investigativa, d’intesa con il Procuratore Mazzeo, di dare priorità assoluta a questa emergente fattispecie di reato che, confluita nell’attività d’indagine denominata Diablo e Diablo 2° tempo, che ha permesso nei mesi di gennaio e dicembre del 2018 d’arrestare i capi e i gregari di questa pericolosissima associazione per delinquere arzanese.

Le migliaia di intercettazioni captate ed analizzate dagli uomini del Commissariato di P.S. di Lanusei, del NIPAF-Ispettorato forestale, della Compagnia CC di Lanusei e del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cagliari hanno evidenziato come gli indagati eseguivano le ricerche archeologiche clandestine per poi “canalizzare” i reperti rinvenuti verso il mercato estero ed in particolare verso quello francese; qui venivano ricettati e molto probabilmente riciclati grazie a un emigrato sardo/ogliastrino dimorante in Francia. Nel corso dell’indagine sono state eseguite numerosissime perquisizioni tra le quali vengono citate le principali dell’08 ottobre 2016 a carico di Marongiu, del 19 dicembre 2016 a carico di Cabras e Cocco, del 17 gennaio 2017 a carico di Giorgio Quartu e di Irmo Cinus, del 20 gennaio 2017 a carico di Gabriele Mascia e Gianluca Meloni, del 25 gennaio 2017 a carico di Felice Ciccolella, di Mario Sarais, di Davide Sollai di Michele Cau, di Antonio Francesco Deledda e di Pasqualino Deledda, del 17 marzo 2017 a carico di Sebastiano Atzori, Diego Pinna, Mauro Maria De Amicis, Mariano Puddu, Gianpiero Marceddu e Sebastiano Gioi, del 20 marzo 2017 a carico di Enrico Cara, del 21 marzo 2017 a carico di Massimo Gianfranco Dessoli e Matteo Sanna, nonché quelle poste in essere a Tunisi (Tunisia) il 29 dicembre 2016 (a carico di Roberto Cabras e Raffaele Cocco) e a Metz (Francia) il 01 dicembre 2017 (a carico di Carlo Pili), che hanno permesso il recupero di diversi reperti archeologici che, sottoposti ad esame tecnico-scientifico dai funzionari delle Soprintendenze di Cagliari e Sassari, sono stati valutati di notevole interesse storico-scientifico. Tra questi anche il sequestro di un intero “sito archeologico” presente all’interno di una proprietà in uso ad un indagato in territorio di Isili (NU) che è stato senza ombra di dubbio un importantissimo obiettivo finalizzato al contrasto del reato perseguito. L’aver messo in luce quel “museo a cielo aperto” - così come definito dagli stessi indagati nel corso di diverse intercettazioni - è da ritenersi un importante contributo non solo al contrasto del fenomeno, ma anche e soprattutto alla tutela del patrimonio archeologico sardo. Ciò è emerso anche grazie alle relazioni tecniche redatte da funzionari archeologi della Soprintendenza di Cagliari che da tempo riconosce l’importanza della zona. L’intervento assai invasivo compiuto dai componenti dell’associazione per delinquere perseguita, altro non ha fatto che danneggiare irrimediabilmente la stratigrafia del sito, causando la perdita definitiva di dati importanti per la ricostruzione storica delle strutture.
Le intercettazioni hanno anche permesso di mettere in evidenza la cattiveria e la pericolosità sociale di alcuni dei personaggi, in particolar modo di quelli arzanesi, autori anche di un danneggiamento a mezzo fuoco avvenuto nella notte tra il 31 marzo ed il 01 aprile 2017 ad una struttura sita in loc. Cea – agro del comune di Bari Sardo.
Lo screening investigativo effettuato sull’episodio, ha permesso di dimostrare come Vincenzo Beniamino Marongiu, rivolgendosi a un complice Ogliastrino – facente parte dei 34 soggetti deferiti – abbia organizzato la spedizione punitiva a Cea.
È bene ricordare che in Sardegna gli insediamenti archeologici sono così numerosi che, sovente, le segnalazioni relative agli scavi clandestini pervengono alle Autorità preposte alla tutela anche a distanza di anni rispetto alla data della loro effettiva esecuzione. Proprio questo è il problema più rilevante nella protezione del patrimonio culturale in Sardegna che risente sicuramente della scarsa presenza antropica nel territorio, perlopiù concentrata nei maggiori centri urbani (la superfice del territorio si aggira intorno ai 24.000 Km2 circa e la popolazione è di circa 1.680.000 per una densità abitativa pari a 69 abitanti/Km2, tra le più basse d’Italia). La Sardegna possiede un immenso patrimonio archeologico, non esattamente quantificabile, ma sicuramente nell’ordine di migliaia di siti difficilmente controllabili, fra i quali, certamente, alcuni noti solo ai c.d. “tombaroli”.
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