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Covid, Istat: nel 2020 la pandemia ha causato almeno 99mila decessi in più.

Roma, 3 Apr 2021 - La mortalità indotta direttamente e indirettamente dal Covid-19 ammonta a 99mila decessi, un livello che può considerarsi come limite minimo. È quanto emerge dal report Istat Indicatori demografici 2020. Nel 2020 i decessi totali in Italia sono stati 746mila, il 18% in più di quelli rilevati nel 2019. Ad influire, ovviamente, anche il Covid che ha avuto effetti su tutte le componenti del ricambio demografico, facendo registrare una "dinamica naturale (nascite-decessi)" negativa nella misura di 342mila unità.

In dettaglio, il sistema di sorveglianza Nazionale integrata dell’Istituto Superiore di Sanità, nel corso del 2020 ha registrato 75.891 decessi attribuibili in via diretta a Covid-19 ma l’incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull’anno precedente è stato pari a +112mila. In attesa degli approfondimenti sui dati dettagliati per causa di morte - precisa Istat - è possibile effettuare alcune valutazioni di massima che portano alla stima dei 99mila decessi in più come stima di limite minimo. Infatti, precisa l'Istituto nazionale di statistica, nei primi due mesi del 2020, in una fase antecedente alla diffusione del virus, i decessi sono stati 6.877 in meno rispetto agli stessi mesi del 2019. "È dunque lecito ipotizzare che senza la pandemia i rischi di morte sarebbero stati inferiori e non, come qui è ipotizzato ai fini del calcolo, precisamente eguali", sottolinea l'Istat. Delle 99mila unità stimate come eccesso di mortalità 53mila sono uomini e 46mila donne, a riprova che la pandemia ha prevalentemente colpito il genere maschile.

In base all'età le perdite umane in eccesso si concentrano tutte dopo i 50 anni e risultano maggiori all'avanzare dell'età. Fino a sotto i 50 anni, infatti, l'ipotesi di rischi di morte costanti nel 2020 sui livelli espressi nel 2019 produce un numero di decessi atteso in ogni caso superiore, di circa 1.500 unità, a quello realmente osservato nonostante la pandemia. "Ciò avvalora non solo la tesi che la letalità del virus sia di fatto irrilevante nelle classi di età più giovani, ma anche quella che senza la pandemia il 2020 avrebbe potuto essere un buon anno per le prospettive di sopravvivenza nel Paese", aggiunge l'Istat.

Si registra invece un eccesso di mortalità nelle età più fragili, che per gli uomini interessa soprattutto le classi 80-84 e 85-89 anni (circa 22mila decessi in più) mentre per le donne, in ragione di una presenza più numerosa, l’eccesso prevale nella classe 90-94 anni (oltre 15mila decessi in più). A livello nazionale l’eccesso di mortalità rappresenta il 13% della mortalità riscontrata nell’anno, ma la situazione è molto varia sul piano territoriale. Nel Nord rappresenta il 19%, nel Centro l’8% e nel Mezzogiorno il 7% del totale. A livello regionale i valori variano dal 4% di Calabria e Basilicata al 25% (un decesso su quattro) della Lombardia. In quest’ultima regione, peraltro, emergono le aree più colpite. Nella provincia di Bergamo l’eccesso di mortalità costituisce il 36% del totale, in quella di Cremona il 35%, in quella di Lodi il 34%.

Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d’età, la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione. La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. È quanto emerge dal report Istat Indicatori demografici 2020. Nel 2020 minimo nascite in Italia, 1,24 figli per donna.

Il 2020 in Italia, a causa della pandemia, ha registrato il minimo di nascite e massimo di decessi: 7 neonati e 13 decessi per mille abitanti. Nel volgere di 12 anni si è passati da un picco relativo di 577 mila nati agli attuali 404 mila, ben il 30% in meno.  Come si legge nel report dell'Istat sugli indicatori demografici del 2020, alla contrazione dei progetti riproduttivi, con un tasso di fecondità totale sceso lo scorso anno a 1,24 figli per donna da 1,27 del 2019 (era 1,40 nel 2008), si accompagnano anche deficit dimensionali e strutturali della popolazione femminile in età feconda, che si riduce nel tempo e ha un'età media in aumento.

La riduzione della natalità interessa tutte le aree del Paese, da Nord a Sud, salvo rare e non significative eccezioni. Sul piano regionale le nascite, che su scala nazionale risultano inferiori del 3,8% sul 2019, si riducono dell'11,2% in Molise, del 7,8% in Valle d'Aosta, del 6,9% in Sardegna. Tra le province, a riprova di un quadro generale piuttosto critico, sono soltanto 11 (su 107) quelle in cui si rileva un incremento delle nascite: Verbano-Cusio Ossola, Imperia, Belluno, Gorizia, Trieste, Grosseto, Fermo, Caserta, Brindisi, Vibo Valentia e Sud Sardegna.    La fecondità si mantiene più elevata nel Nord del Paese, con 1,27 figli per donna ma in calo rispetto a 1,31 del 2019 (e a 1,44 del 2008). Nel Mezzogiorno scende da 1,26 a 1,23 (1,34 nel 2008) mentre al Centro passa da 1,19 a 1,17 (1,39 nel 2008).

La regione più prolifica è il Trentino-Alto Adige con 1,52 figli per donna, in calo da 1,57 del 2019. Sotto il livello di 1,2 figli per donna si trovano soltanto regioni del Centro-sud. Una situazione decisamente sfavorevole è nelle aree a maggiore declino demografico, che, al contrario, avrebbero grande necessità di invertire le tendenze in corso. In Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata si è molto più prossimi al livello di rimpiazzo della sola madre (cioè a un figlio per donna) che non, idealmente, a quello della coppia di genitori (due figli). In Sardegna (0,95 figli per donna), per il secondo anno consecutivo non si coglie nemmeno l'obiettivo minimo di rimpiazzare almeno un genitore.

Diminuisce la popolazione in Italia. Sono 5 milioni gli stranieri residenti Continua a diminuire la popolazione in Italia anche per diretta conseguenza del Covid: dal 1° gennaio 2021 i residenti ammontano a 59 milioni 259mila, 384mila in meno su base annua. Al 1 gennaio 2021 gli stranieri residenti nel Paese ammontano a 5 milioni 36 mila, in calo di 4 mila unità (-0,8 per mille) rispetto a un anno prima. Nel conteggio concorrono a saldo 128 mila unita' in più per effetto delle migrazioni con l'estero (di cui 174 mila iscrizioni e 46mila cancellazioni), 51 mila unità in più per effetto della dinamica naturale (60 mila nati stranieri contro 9mila decessi), 84 mila unita' in meno per effetto delle revisioni anagrafiche e circa 100 mila unità in meno per acquisizione della cittadinanza italiana.  

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