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Dopo le varie visite dell’inutile e incompetente Ministro degli Esteri Di Maio ora tocca a presidente Draghi oggi in visita a Tripoli.

Roma, 6 Ap4 2021 – Dopo le varie visite dell’inutile e incompetente ministro degli esteri Di Maio in terra libica, oggi tocca, nella sua prima visita all’estero dopo essere stato nominato presidente del Consiglio da una maggioranza eterogena e agli antipodi come idee politiche, quindi non durerà molto, Mario Draghi in mattinata è giunto in Libia.

Obiettivo della missione del premier, nella Tripoli che torna a "vedere" la stabilità politica: riaffermare una leadership italiana oscurata, negli ultimi mesi, dall'egemonia turca in Tripolitania e da quella russa in Cirenaica.

La Libia, sia pur a fatica, è tornata a rimettersi in carreggiata in direzione delle elezioni politiche il prossimo dicembre. Ha un primo ministro riconosciuto in Tripolitania e Cirenaica e votato con un notevole, anche se provvisorio, consenso politico. E per l'Italia dopo un periodo di "assenza", tornano ad aprirsi spiragli diplomatici, come l'apertura del consolato a Bengasi, economici con il consolidamento del ruolo dell’Eni e possibilmente anche sulla cooperazione sui migranti.

Sono questi i tre dossier che Draghi esaminerà con Dabaiba nell'incontro che si terrà in mattinata a Tripoli e che sarà seguito da una dichiarazione congiunta. Nella missione di Draghi, accompagnato da Di Maio, c'è un pacchetto di investimenti sul quale Roma può puntare.

"Riaprire al più presto a investitori e ditte italiane" è la richiesta giunta da Dabeiba. Ieri, ad esempio, è stato siglato un accordo per rinnovare l'aeroporto di Tripoli, ma oltre al progetto di raddoppio della cosiddetta "autostrada della pace", frutto del controverso Trattato d'amicizia Italia - Libia siglato da Berlusconi e Gheddafi nel 2008, c'è soprattutto il capitolo energetico.

La presenza dell'Eni in Libia è strategica sia per Tripoli sia per Roma. Lo era molto di più al tempo di Gheddafi, ma lo è ancora oggi, nonostante l’attività sempre aggressiva di Parigi o quella, più recente, di Ankara e di Mosca. Una concorrenza che si estende a tutto il Mediterraneo Orientale e che coinvolge, nuovamente, anche gli Stati Uniti. Ma ora, grazie al rinnovato interesse dell'amministrazione Usa, che il ruolo italiano può puntare a conquistare nuovi spazi. E poi c'è il dossier migranti. Con l'intesa in Ue sulla redistribuzione degli arrivi che latita da mesi, per Roma, tocca anche fare da soli. Il governo potrebbe puntare a favorire lo stop ai flussi sin dal Fezzan, la regione desertica che occupa il Sud della Libia. Una regione dove, tradizionalmente, è la Francia ad esercitare la sua influenza diplomatica.

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