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Coronavirus – Censis: l’80% degli italiani a favore della stretta per le festività.

Roma, 4 Dic 2020 - Quasi l'80% degli italiani si dice a favore della stretta in vista delle prossime festività. Lo rivela il 54/mo rapporto del Censis sulla situazione del Paese."In vista del Natale e del Capodanno - si legge - il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% spenderà di meno per i regali da mettere sotto l'albero, il 59,6% taglierà le spese per il cenone dell'ultimo dell'anno. Per il 61,6% la festa di Capodanno sarà triste e rassegnata. Non andrà tutto bene: il 44,8% degli italiani è convinto che usciremo peggiori dalla pandemia (solo il 20,5% crede che questa esperienza ci renderà migliori)".

Secondo i dati del Censis "il 37% degli italiani utilizza molto meno di prima i mezzi pubblici, sostituendoli con l'automobile, la bicicletta o spostandosi a piedi quando possibile. L'82,5% delle Pmi - si legge - ritiene che in futuro nessun lavoratore potrà operare in regime di smart working. La percentuale scende al 66,4% tra le aziende di dimensioni maggiori (10-49 addetti). Si può stimare che 14 milioni di persone, tra settore privato e impiegati pubblici, opereranno presso le abituali sedi di lavoro e 3,5 milioni con modalità nuove che non prevedono una presenza giornaliera costante".

"Il Servizio sanitario nazionale si è presentato all'appuntamento con l'emergenza del Covid-19 piuttosto fragile. Non solo perché ha scontato una impreparazione sistemica rispetto alla prevenzione delle epidemie, ma anche perché nel tempo è stato minato nelle sue basi economiche e umane" evidenzia il Censis, notando come l'impegno pubblico nella sanità sia "inferiore rispetto a quello di altri Paesi europei". Inoltre, "al razionamento delle risorse economiche si aggiunge il mancato ricambio generazionale di medici e infermieri".

L'esperimento della didattica a distanza durante la pandemia sembra non aver funzionato adeguatamente. Secondo il Rapporto infatti, "per il 74,8% dei dirigenti la didattica a distanza ha di fatto ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti" anche se "il 95,9% è molto o abbastanza d'accordo sul fatto che la Dad è stata una sperimentazione utile per l'insegnamento"."Dopo Covid per il

Quasi il 40% degli italiani (il 41,7% dei più giovani) oggi afferma che, dopo il Covid-19, avviare un'impresa, aprire un negozio o uno studio professionale è un azzardo, perché i rischi sono troppo alti, e solo il 13% lo considera ancora un’opportunità" rileva il Censis.

Per l'85,8% degli italiani la crisi sanitaria ha anche confermato che la vera divisione sociale è "tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no" rileva il Rapporto evidenziando come, se da una parte "i garantiti assoluti" sono i 3,2 milioni di dipendenti pubblici, a cui si aggiungono i 16 milioni di percettori di una pensione, una larga parte dei quali ha fornito un aiuto economico a figli e nipoti in difficoltà ("un'silver welfare' informale"), sul versante opposto "c'è poi l'universo degli scomparsi, quello dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero, stimabile in circa 5 milioni di persone che hanno finito per inabissarsi senza fare rumore".

Nelle "sabbie mobili", secondo il Censis, c'è "il settore privato senza casematte protettive. Vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese, per i quali la discesa agli inferi della disoccupazione non è un evento remoto, contro un più contenuto 28,6% degli addetti delle grandi aziende". C'è quindi la "falange dei più vulnerabili: i dipendenti del settore privato a tempo determinato e le partite Iva", si legge nel rapporto: "Infine, i vulnerabili inattesi: gli imprenditori dei settori schiantati, i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati. Nel magmatico mondo del lavoro autonomo, solo il 23% ha continuato a percepire gli stessi redditi familiari di prima del Covid-19".

Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente da quando è cominciata la pandemia. "Lo Stato - scrive il rapporto - è il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni alla mobilità personale. Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni".

"Il 90,2% degli italiani è convinto che l'emergenza coronavirus e il confinamento hanno danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili, ampliando le disuguaglianze sociali già esistenti". Se da un lato, da marzo a settembre 2020 "ci sono 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza (+22,8%)", dall'altro 1.496.000 individui (il 3% degli adulti) hanno una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro): di questi, 40 sono miliardari e sono aumentati sia in numero che in patrimonio durante la prima ondata dell'epidemia.

"Nel 2019 i nati in Italia sono stati 420.170: 148.687 in meno rispetto al 2009, il 26,1% in meno. Gli italiani fanno sempre meno figli. L'esito è un inverno demografico che sta progressivamente rimpicciolendo il Paese" si legge nel Rapporto. "Nel quinquennio 2014-2019 si registra oltre mezzo milione di abitanti in meno e il saldo naturale tra nascite e decessi nel 2019 ha raggiunto il record negativo di -214.000 unità (era -96.000 cinque anni prima)" e si sottolinea come "per le madri diventare genitore significa dover sacrificare la propria realizzazione individuale, specialmente a livello professionale: il tasso di occupazione delle madri 25-54enni è pari al 57%, quello dei padri 25-54enni è dell'89,3%".

Ambiente, 172mila euro per tutelare e valorizzare degli alberi monumentali sardi

Cagliari, 4 Dic 2020 – Nell’ambito del “Fondo per le foreste italiane”, gestito del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, la Regione Sardegna ha ricevuto un contributo di 172mila euro: “Si tratta di un finanziamento per la tutela e la valorizzazione degli alberi monumentali presenti nell’Isola, sia in ambito urbano che in aree ad alta frequentazione turistica, e iscritti nell’elenco nazionale – ha spiegato l’assessore regionale della Difesa dell’ambiente, Gianni Lampis – Al Corpo forestale regionale  è attribuita la competenza delle azioni volte al recupero della funzionalità e della vitalità degli alberi, alla valutazione della loro stabilità, soprattutto in ambito urbano, e alla loro valorizzazione”.

“Per la Sardegna, che nel 2015 ha istituito l’elenco regionale degli alberi monumentali, l’immenso patrimonio ambientale e paesaggistico rappresenta un valore da tutelare, salvaguardare e soprattutto valorizzare, essendo un bene insostituibile per la qualità della vita dei Sardi”. Com

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