Washington, 29 Maggio 2020 – L’instabile presidente americano, dopo che il suo amato twitter si era permesso di sbugiardarlo affermando che diffondeva notizie non certe e palesemente false, si vendica e vuole mettere la museruola ai social. Solo Orban e Putin hanno fatto come lui. E, infatti, durante una delle sue solite farneticazioni, vedendo nemici in ogni angolo, ha affermato che i social "Fanno attivismo politico. Un piccolo gruppo di social media controlla in monopolio tutte le comunicazioni pubbliche e private negli Stati Uniti e sappiamo chi sono".
La scure di Donald Trump si abbatte sui social con un ordine esecutivo che punta a ridurre la loro immunità legale esponendoli al rischio di cause, dopo che twitter ha 'corretto' per la prima volta due 'cinguettii del tycoon che equiparavano il voto per corrispondenza a brogli. "Questo è un grande giorno per i social media e l'imparzialità!", ha twittato il Presidente. Ed ha attaccato: "Le grandi imprese dell'hi-tech stanno facendo tutto quello che è in loro potere per censurare le elezioni del 2020. Se questo dovesse succedere perderemmo la nostra libertà, e io non permetterò che accada! Ci hanno provato nel 2016 e hanno perso. Ora impazziranno. Restate sintonizzati!!".
La mossa di Trump sarà sicuramente sfidata nei tribunali da giganti come Twitter, Facebook, Youtube e Google, che da ieri continuano a subire perdite a Wall Street. Eventualità che comunque non impensierisce il Presidente Usa: "Immagino che saremo sfidati in tribunale, ma cosa non lo è? ". La posta in gioco è altissima e riguarda gli argini alla disinformazione, la prerogativa di accertare i fatti in un'epoca dove il potere usa sempre di più le piattaforme social per comunicare direttamente con l'opinione pubblica. A partire da Trump che, forte dei suoi oltre 80 milioni di follower, brandisce twitter come arma politico-propagandistica a 360 gradi, seminando anche teorie cospirative e oltre 16 mila affermazioni false o fuorvianti da quando è in carica, secondo un resoconto dei media.
La battaglia, ennesimo test sui confini dei poteri della Casa Bianca, vede Twitter e Facebook su fronti opposti, con i loro leader che litigano indebolendo la risposta di Big Tech. "Abbiamo una politica differente da Twitter su questo, credo fortemente che Facebook non debba essere l'arbitro della verità di tutto ciò che la gente dice online", ha detto l'Ad Mark Zuckerberg in una intervista a Fox. "In generale le società private, specialmente queste piattaforme, probabilmente non dovrebbero essere nella posizione di farlo".
"Segnalare le informazioni errate non ci rende un arbitro della verità", gli ha risposto il numero uno di Twitter Jack Dorsey. "Continueremo a segnalare informazioni errate o contestate sulle elezioni a livello globale, ha aggiunto, spiegando che i tweet di Trump "potrebbero indurre le persone a pensare erroneamente che non è necessario registrarsi per ottenere una scheda elettorale". "La nostra intenzione è collegare i punti di dichiarazioni contrastanti e mostrare le varie informazioni in una disputa in modo che la gente possa giudicare da sola", ha proseguito.
Non è la prima volta che il Presidente Usa rivendica la piena libertà di parola sui social. Twitter finora si è sempre difesa sostenendo di non poter rimuovere o censurare i leader politici perché l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere e valutare ogni loro dichiarazione. Ma evidentemente ora la compagnia, incalzata ripetutamente da più parti, sta aggiustando il tiro in una battaglia che si annuncia rovente. La decisione presa dal Presidente Usa farà sicuramente discutere e riporta in primo piano un tema su cui si dibatte oramai da anni: la pretesa dei grandi magnati della Silicon Valley di autoregolamentare la loro immensa influenza sulla formazione della pubblica opinione soprattutto in campo politico, forti di un’assoluta impunità.
La bozza dell'ordine esecutivo anticipata dai media punta a reinterpretare una legge del 1996, la Communications Decency Act, riducendo l'ampia immunità contro eventuali cause garantita ai siti che moderano le loro piattaforme. A farsene carico dovrebbe essere il Dipartimento del Commercio e la Federal Trade Commission, che tuttavia è un'agenzia federale indipendente.
L'ordine argomenta che la protezione si applica alle piattaforme che operano in "buona fede", sostenendo che i social non ne hanno e attuano invece una "censura selettiva". "In un Paese che a lungo amato la libertà di espressione non possiamo consentire che un limitato numero d piattaforme online selezionino personalmente i discorsi cui gli americani possono avere accesso o mettere online", si legge nella bozza. "Questa pratica è fondamentalmente anti americana e anti democratica. Quindi grandi e potenti società social censurano le opinioni che non condividono esercitano un potere pericoloso", prosegue il testo, che prevede anche limitazioni agli investimenti federali sulle loro piattaforme. Difficile, secondo gli esperti, che Trump posso da solo cambiare la legge. Ma l'effetto deterrente della mossa è chiaro.