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Mafia, maxiblitz: 91 arresti in tutta Italia. Clan pronti a “sfruttare crisi causata dal Covid”

Palermo, 12 Maggio 2020 - La Guardia di Finanza di Palermo ha arrestato 91 tra boss, gregari e prestanomi di due storici clan palermitani. Il maxiblitz, coordinato dalla Dda di Palermo guidata da Francesco Lo Voi, ha colpito i clan dell'Acquasanta e dell'Arenella. In manette sono finiti esponenti di storiche famiglie mafiose palermitane come quelle dei Ferrante e dei Fontana. Le accuse contestate sono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, ricettazione, riciclaggio, traffico di droga, frode sportiva e truffa.

L'inchiesta, che disarticola due "famiglie" di spicco di Cosa nostra palermitana, ha svelato gli interessi dei clan negli appalti e nelle commesse sui lavori eseguiti ai Cantieri navali di Palermo, nelle attività del mercato ortofrutticolo, nella gestione delle scommesse online e delle slot-machine, oltre che in quella "storica" del traffico di droga e nelle corse dei cavalli. Lunghissima la lista delle attività commerciali sottoposte al racket del pizzo. Sequestrati anche beni del valore di circa 15 milioni di euro.

Il blitz in Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania. Impegnati 500 uomini delle Fiamme Gialle, con l'appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta. Tra gli arrestati anche un ex concorrente del 'Grande Fratello', l'ex broker Daniele Santoianni, 39 anni. Santoianni, che è finito ai domiciliari, secondo i magistrati, sarebbe prestanome di una società di commercializzazione del caffè tra Palermo-Milano.

Attività ferme per il confinamento, una drammatica crisi economica, imprese sull'orlo della chiusura e Cosa nostra pronta a sfruttare l'emergenza. È la fotografia della realtà economica palermitana messa nero su bianco nell'inchiesta della Dda di Palermo che ha portato all'arresto di 91 tra boss, gregari ed estortori mafiosi. Il gip che ha disposto gli arresti parla di "contesto assai favorevole per il rilancio dei piani dell'associazione criminale sul territorio d'origine e non solo".

Il quadro dipinto, non frutto di prognosi ma basato su dati di inchiesta, è allarmante. "Le misure di distanziamento sociale e il confinamento in casa su tutto il territorio nazionale, imposti dai provvedimenti governativi per il contenimento dell'epidemia, hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa, se non altro - scrive il giudice -per le molteplici precauzioni sanitarie da adottare nei luoghi di produzione. Da una parte, l'attuale condizione di estremo bisogno persino di cibo di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell'economia sommersa, può favorire forme di soccorso mafioso prodromiche al reclutamento di nuovi adepti". "Dall'altra, il blocco delle attività di tanti esercizi commerciali o di piccole e medie imprese - spiega - ha cagionato una crisi di liquidità difficilmente reversibile per numerose realtà produttive, in relazione alle quali un 'interessato sostegno' potrebbe manifestarsi nelle azioni tipiche dell'organizzazione criminale, vale a dire l'usura, il riciclaggio, l'intestazione fittizia di beni, suscettibili di evolversi in forme di estorsione o, comunque, di intera sottrazione di aziende ai danni del titolare originario".

"Con la crisi di liquidità di cui soffrono imprenditori e commercianti - conclude il giudice - i componenti dell'organizzazione mafiosa potrebbero intervenire dando fondo ai loro capitali illecitamente accumulati per praticare l'usura e per poi rilevare beni e aziende con manovre estorsive, in tal modo ulteriormente alterando la libera concorrenza tra operatori economici sul territorio e indebolendo i meccanismi di protezione dei lavoratori-dipendenti".

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