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Secondo i giudici di Cassazione mafia capitale non esiste e cade associazione mafiosa

Roma, 23 Ott 2019 - Il 'Mondo di mezzo' non era un'associazione di stampo mafioso. Lo ha sancito la Cassazione nel processo su Mafia Capitale.

La sesta sezione penale aveva al vaglio la posizione di 32 imputati, di cui 17 condannati dalla Corte d'Appello di Roma, lo scorso anno, a vario titolo per mafia (per associazione a delinquere di stampo mafioso, o con l'aggravante mafiosa o, ancora, per concorso esterno). L'accusa, mossa dalla procura di Roma, ruotava attorno alla costituzione di una "nuova" mafia, con propaggini nel mondo degli appalti della Capitale. Mercoledì scorso la procura generale della Cassazione aveva chiesto la sostanziale convalida della sentenza d'appello.

La Sesta sezione penale della Cassazione ha quindi negato il carattere mafioso dell'associazione guidata da Salvatore Buzzi e Massimo Carminati.  Quella del 'mondo di mezzo' non fu mafia e Salvatore Buzzi e Massimo Carminati non avevano messo in piedi un unico gruppo criminale ma due associazioni che poco o nulla avevano a che vedere l'una con l'altra. Con una sentenza che ribalta il secondo grado la Cassazione annulla la condanna per 416 bis a Buzzi e Carminati, che in appello erano stati condannati rispettivamente a 18 anni e quattro mesi e 14 anni e mezzo, e quelle per gli altri 15 accusati di reati di mafia, tra cui l'ex capogruppo Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi in appello).

I giudici della Cassazione, che con la sentenza di questa sera hanno annullato senza rinvio quindi non riconosciuto il 416 bis, hanno rinviato in Appello per la rideterminazione della pena in relazione all'associazione a delinquere semplice.

Dopo l'annullamento del 416bis, sarà la Corte d'Appello di Roma a dover rideterminare le condanne per i membri delle due associazioni a delinquere 'semplici' - come riconosciute dalla Cassazione - capeggiate da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, essendo caduta anche l'aggravante del metodo mafioso. È quanto stabilito dalla VI sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza sull'inchiesta Mondo di Mezzo.

"Il reato di mafia è caduto per manifesta infondatezza. Finalmente c'è un giudice a Berlino". Lo ha dichiarato l'avvocato Francesco Tagliaferri, difensore dell'ex esponente Nar Massimo Carminati.

"Era una storia giuridicamente un po' forzata, per annullare senza rinvio vuol dire che la Cassazione l'ha ritenuta giuridicamente insostenibile". Lo ha detto l'avvocato di Massimo Carminati, Cesare Placanica, commentando la lettura della sentenza della VI sezione penale della Corte di Cassazione che ha negato il carattere mafioso delle due associazioni a delinquere riconosciute nell'inchiesta 'Mondo di Mezzo.'

"Buzzi su mia indicazione aveva ammesso alcune delle contestazioni. A Roma c'era un sistema marcio e corrotto e la sentenza di primo grado l'ha riconosciuto. La procura ha provato a sostenere la mafia. La Cassazione ha detto quello che avevamo sostenuto fin dall'inizio". Lo ha detto l'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi, dopo la sentenza sul processo Mafia Capitale.

"Una cosa è certa: la mafia in questo processo non esiste, è un'invenzione giuridica fatta a freddo". Lo ha dichiarato Valerio Spigarelli, difensore di Luca Gramazio, l'ex consigliere regionale Pdl al quale in appello era stato riconosciuto il reato di associazione di stampo mafioso.

"Non trovo giustificate le esultanze di qualcuno visto che la Suprema Corte ha riconosciuto l'esistenza di associazioni, nei termini affermati dalla sentenza di primo grado, che aveva irrogato pene non modeste: due associazioni a delinquere che erano state capaci di infiltrare in profondità la macchina amministrativa e politica di Roma". Lo afferma il procuratore generale della Capitale, Giovanni Salvi, commentando la decisione della Cassazione nel procedimento Mondo di Mezzo. "Siamo in presenza di una sentenza molto complessa e per un commento più approfondito occorrerà leggere con attenzione il dispositivo e le motivazioni. Va detto che si ritorna all'esito di primo grado in cui non fu riconosciuta l'associazione di stampo mafioso, un elemento senza dubbio importante", conclude Salvi.

La sindaca di Roma, Virginia Raggi, era presente al momento della sentenza ed ha commentato: "Questa sentenza conferma comunque il sodalizio criminale. È stato scritto un capitolo molto buio della storia nostra città. Stiamo lavorando insieme ai romani per risorgere dalle macerie che ci hanno lasciato, seguendo un percorso di legalità e rispetto dei diritti. Una cosa voglio dire ai romani: si va avanti a testa alta".

"Cassazione dice che Mondo di Mezzo non è mafia? Quindi cosa era un'associazione di volontariato?". Lo dice Matteo Salvini nel corso della registrazione di Porta a Porta in merito alla sentenza della Cassazione su Mafia Capitale.

"La corte di Cassazione smentisce l'impianto della sentenza della Corte d'appello di Roma: Buzzi e Carminati nella capitale non avevano costituito un sodalizio di stampo mafioso che, mediante l'intimidazione solo paventata e la leva della corruzione, aveva in pugno tanti uffici dell'amministrazione comunale capitolina, ottenendo appalti ed affidamenti in maniera del tutto illecita. A Roma non c'era mafia. Secondo la Cassazione. Le sentenze si rispettano. Ma le perplessità, i dubbi, le ambiguità permangono tutte". Lo scrive il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra.

Sono otto su 32 gli imputati del processo al 'Mondo di Mezzo' per i quali la sentenza della Cassazione rende definitive le condanne per reati minori. In particolare si tratta dell'ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti (4 anni e mezzo), dell'ex minisindaco del Municipio X, Andrea Tassone (5 anni), dell'ex presidente dell'Isma Istituto di Santa Maria in Aquiro, Guido Magrini (3 anni), dell'ex responsabile dell'ufficio tecnico dell'Ente tiberino Marco Placidi (5 anni), dell'ex segretario di Coratti, Franco Figurelli (4 anni), dell'ex collaboratore di Luca Odevaine, Mario Schina (4 anni), dell'ex consigliere capitolino Giordano Tredicine (2 anni e mezzo) e dell'ex funzionario del Servizio giardini Claudio Turella (6 anni), l'unico ad aver patteggiato in appello. Per 24 persone, invece, si aprirà un nuovo procedimento in appello per rideterminare le pene.

Infatti, la Cassazione, ha rigettato i ricorsi di Coratti, Tredicine e Tassone. Coratti e Tredicine sono stati condannati al pagamento delle spese processuali nei confronti di Roma Capitale e della Regione Lazio. Per la Cassazione, Coratti e Tassone non dovranno invece risarcire il Partito Democratico. La Cassazione, inoltre, ha rigettato i ricorsi di Figurelli, Placidi, Schina e li ha condannati al pagamento delle spese processuali. I supremi giudici hanno inoltre dichiarato inammissibile il ricorso di Turella, che invece è stato condannato al pagamento delle spese processuali e alla somma di 2.000 euro in favore della cassa delle ammende.

"Quella per cui ha optato la Cassazione era una delle opzioni possibili, le motivazioni di questa scelta al livello giuridico possono essere tantissime. Magari sono di carattere meramente giuridico e riconosce che si potrebbe rientrare in quel tipo di associazione ma non è provata a sufficienza, oppure che la riserva di violenza è rimasta solo virtuale. Ovviamente da giurista sono molto interessato a leggere le motivazioni della sentenza". Lo ha detto, interpellato dall'Agi, Alfonso Sabella, giudice del Riesame presso il Tribunale di Napoli, già assessore alla Legalità nella giunta capitolina di Ignazio Marino, chiamato ad entrare nella compagine di Palazzo Senatorio dopo l'avvio dell'inchiesta Mafia Capitale.

"Come cittadino però - aggiunge il magistrato, che per anni si è occupato di lotta alla mafia - non mi sposta granché, la Cassazione infatti oggi ha certificato che la mia città è stata ostaggio di un sodalizio criminale che ha corrotto piegando gare pubbliche ad interessi privati. E questo è un fatto gravissimo, che la Cassazione ha riconosciuto, e che ha avuto effetti negativi sulla vita dei cittadini che si sono visti negare dei servizi". Secondo Sabella "un dato importantissimo ora è non dire che non c'è la mafia a Roma", perché la Consulta ha giudicato che "non c'è in questo sodalizio ma la ha riconosciuta in altri, ci sono sentenze della Cassazione come abbiamo visto negli ultimi anni". Quindi il magistrato conclude: "Diciamo che questa era una organizzazione di tipo diverso, con profili di grande originalità, in ogni caso non era più attuale, qualunque cosa sia stata se l’è portata via la Procura di Roma".