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La Consulta dichiara incostituzionale l’ergastolo ostativo: cade divieto assoluto permessi premio

Roma, 23 Ott 2019 - La Consulta boccia l'ergastolo ostativo. "La Corte - si legge in una nota - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'Ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo".

La Consulta ha preso la sua decisione nel corso della camera di consiglio di oggi in cui ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal tribunale di sorveglianza di Perugia. In entrambi i casi, si trattava di due persone condannate all'ergastolo per delitti di mafia. La Corte, pronunciandosi nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti, ha quindi sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo 'ostativo' (secondo cui i condannati per i reati previsti dall'articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall'ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti). In virtù della pronuncia dei 'giudici delle leggi', che nelle prossime settimane depositeranno la loro sentenza con le motivazioni, la presunzione di 'pericolosità sociale' del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

"La sentenza non scardina il regime carcerario speciale utile a contrastare la criminalità organizzata, e tuttavia ristabilisce il principio che, quanto meno sui permessi premio, non sono accettabili automatismi, e il tribunale deve valutare caso per caso la pericolosità sociale del detenuto". Lo dichiara Alfredo Bazoli, capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera, che sottolinea: "Credo che la politica debba prendere rispettosamente atto della decisione, e intervenire rapidamente con le modifiche mirate e puntuali che restituiscano alla piena legalità costituzionale, sul punto, l'ordinamento penitenziario".

"Ma che testa hanno i giudici della Corte Costituzionale? Permessi premio anche per chi è condannato all'ergastolo per mafia e terrorismo. È un ossimoro. Che Paese sta diventando l'Italia? Con tutto il rispetto che si deve alla componente libera e indipendente che amministra la giustizia, permessi premio a ergastolani per mafia e terrorismo? Non vedo l'ora di tornare al governo per sistemare un po' di cosine. Vediamo se è possibile ricorrere perché è una sentenza che grida vendetta. O è una sentenza che possiamo provare a cambiare o va cambiata la Costituzione se questa è l'interpretazione". Lo ha detto, in una diretta Facebook dall'Umbria, il leader della Lega Matteo Salvini, che ha aggiunto: "Sentenza indegna".

"La decisione della Corte Costituzionale è un pesante colpo alla lotta alla criminalità, ma soprattutto è una gravissima mortificazione per i familiari delle vittime". Lo afferma il senatore di Fratelli d'Italia Alberto Balboni, vicepresidente della Commissione Giustizia del Senato. "Aprire ai permessi premio a chi si è macchiato di delitti e omicidi sancisce l'impotenza dello Stato nei confronti di mafiosi e delinquenti seriali e vanifica ancora una volta il senso di giustizia del popolo italiano e la certezza del diritto".

"Benissimo la sentenza della Corte su ergastolo ostativo, ma questa è solo una prima tappa. Il nostro obiettivo, fin dal 1981 con il referendum indetto dal Partito Radicale, è che la Corte dichiari incostituzionale la misura dell'ergastolo". Lo afferma in una nota il Partito Radicale.

Per l'associazione Nessuno tocchi Caino, da anni impegnata, con il Partito Radicale, per l'abolizione dell'ergastolo ostativo, la decisione della Corte costituzionale "apre una breccia nel muro di cinta del fine pena mai". "È un primo passo nell'affermazione del diritto alla speranza ed infrange il totem della collaborazione come unico criterio di valutazione del ravvedimento", hanno dichiarato i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, Sergio d'Elia ed Elisabetta Zamparutti.

"Ora la corte deve affermare lo stesso per gli altri benefici penitenziari secondo la progressività del trattamento penitenziario. Continueremo in questa lotta, consapevoli di aver fatto bene a perseguire, già quattro anni fa, la via dei ricorsi alle alte giurisdizioni per scalfire quello che sembrava intoccabile in nome di una malintesa antimafia che poco ha a che fare con i principi costituzionali, cioè la collaborazione con la giustizia come unico criterio di valutazione del ravvedimento, della rottura con logiche criminali del passato e del cambiamento dei detenuti per i reati dell'art 4 bis. La Consulta ha tratto coraggio dalla sentenza Cedu - hanno dichiarato i dirigenti di Nessuno tocchi Caino - a conferma di quel dialogo tra le corti nazionali e sovranazionali che le rafforza reciprocamente nell'affermazione dello stato di diritto, a partire dal divieto di tortura e di ogni trattamento inumano e degradante. Inoltre, abbiamo incardinato la prima azione collettiva di 252 ergastolani ostativi al comitato diritti umani delle Nazioni Unite e abbiamo sollevato il problema anche nel processo di revisione periodica universale (upr) dell'Onu nei confronti dell'Italia che sarà discusso a novembre a Ginevra."

"È una sentenza di straordinario valore questa della Corte Costituzionale. I giudici pongono un limite al potere di punire e ribadiscono un principio fondamentale della nostra carta costituzionale: sempre e comunque la pena deve tendere alla rieducazione del condannato". A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone dopo il verdetto della Consulta. "In attesa di leggere nel dettaglio le motivazioni della sentenza, la Corte ribadisce anche l'importanza del ruolo delle istituzioni penitenziarie e della magistratura di sorveglianza. Nessun mafioso infatti uscirà - sottolinea ancora Gonnella - con questa decisione, così come con quella della Cedu, si restituisce alla magistratura il potere di decidere, caso per caso, se per un detenuto condannato per reati di mafia sussista ancora il criterio di pericolosità sociale e quindi se possa essere idoneo o meno ad usufruire di permessi premio. Ci auguriamo che questa doppia decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte costituzionale venga recepita dai decisori politici in nome del principio di legalità costituzionale", conclude il presidente di Antigone.

"La sentenza della Consulta apre le maglie per i permessi ai mafiosi...". Lo ha detto all'Adnkronos l'ex Procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, commentando a caldo la decisione della Corte costituzionale sull'ergastolo ostativo. "Ancora una volta l'onere e la responsabilità connesse alla effettiva esecuzione della pena di condannati di mafia vengono caricati sulle spalle dei singoli giudici che, privi dello scudo normativo finora esistente, dovranno adottare decisioni molto delicate sostanzialmente da soli data la inadeguatezza di gran parte delle strutture di cui potranno avvalersi", dice in una intervista. "Peraltro si avvalgono di supporto non sempre adeguato alla effettiva comprensione del fenomeno mafioso -aggiunge - È probabile che si verificheranno delle pronunce contrastanti tra un giudice e l'altro sulla concreta valutazione dell'effettivo distacco dall'associazione mafiosa", dice ancora il magistrato ora in pensione