Roma, 13 Ago 2019 - L'Aula del Senato ha votato sui tempi della crisi di governo, respingendo la richiesta di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia di votare entro domani la sfiducia a Conte. Confermata dunque la data del 20 agosto per le le comunicazioni del premier Conte, fissata ieri dalla capigruppo a maggioranza. Duramente contestato dalla sinistra l'intervento del leader della Lega, Salvini, che ha proposto di votare subito il taglio dei parlamentari chiesto dal Movimento 5 Stelle e poi andare ad elezioni.
Nel suo intervento, il vicepremier Matteo Salvini aveva aperto alla richiesta del Movimento 5 Stelle di tagliare il numero di parlamentari: "Tagliamo i parlamentari la prossima settimana e poi subito al voto". Poi: "L'Italia vuole avere certezze e cosa è più bello e democratico, lineare che dare la parola al popolo. Cosa c'è di più bello? Non capisco questa paura, chi ha paura del voto ha la coscienza sporca e teme di non essere rieletto". Domani i capigruppo della Lega alla Camera voteranno "per anticipare il taglio dei parlamentari, si chiude in bellezza e poi per dignità onestà e coerenza subito al voto".
"Fa bene lei ministro Salvini a non avere paura di noi, io invece a volte ho paura di lei". Lo ha detto il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, replicando a Salvini in Aula. "Diamo per scontato che dopo le comunicazioni del presidente che riteniamo sia giusto ascoltare si apra la crisi di questo governo", ha aggiunto Marcucci. "C'è stato un subdolo tentativo di andare alle elezioni gestendo da ministro di parte le elezioni".
Votare subito la riforma costituzionale cara ai 5 stelle sul taglio dei parlamentari e poi tornare direttamente al voto. L'iter per rendere effettiva la riforma, che richiede tempi necessari, innanzitutto i tre mesi che devono trascorrere per verificare che nessuno chieda lo svolgimento del referendum, scatterebbero dopo le elezioni e, quindi, con il nuovo Parlamento. È questo il piano a cui sta lavorando la Lega, viene riferito. Per la Lega, infatti, potrebbe valere il precedente del 2005, con la riforma costituzionale meglio nota come 'Devolution', approvata dal centrodestra a ridosso della fine della legislatura. Si decise di rinviare a dopo il voto politico le procedure richieste dalla Costituzione. Il referendum si svolse infatti solo nel 2006, dopo le elezioni politiche, che decretarono però un cambio di maggioranza: vinse il centrosinistra e il referendum bocciò la riforma, che non entrò mai in vigore.