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Genova, la Commissione del Mit: crollo più da struttura che da stralli.

Genova, 25 Sett2018 - "Si ritiene più verosimile che la causa prima" del crollo del ponte Morandi a Genova "non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli, quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali (travi di bordo degli impalcati tampone o impalcati a cassone) la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione presente negli elementi strutturali". Lo scrive la Commissione ispettiva del Mit (ministero delle infrastrutture e dei trasporti) nella relazione sul crollo del ponte Morandi.

La stessa commissione scrive anche che "le indagini dirette" sullo stato di corrosione del calcestruzzo sul viadotto Polcevera di Genova "erano indispensabili da anni e tale esigenza era nota (e non poteva non esserlo) ad Aspi". Per gli ispettori Mit: "la situazione di cattiva iniezione degli stralli era accertata con prove indirette, senza procedere a una esaustiva indagine diretta, come necessario".

Nel progetto esecutivo di intervento di Autostrade sulla manutenzione del ponte Morandi sono contenuti valori di degrado "del tutto inaccettabili, cui doveva seguire, ai sensi delle norme tecniche vigenti, un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile".

"Dalle informazioni a disposizione di questa Commissione non fu invece assunto alcun provvedimento con tali caratteristiche", si aggiunge. Inoltre, conclude la Commissione, "tale informazione di evidente enorme importanza non era secondo quanto riferito dal personale dirigenziale Aspi udito a loro conoscenza, sebbene interessati a vario titolo alla gestione del tronco, alle valutazioni di sicurezza, alle manutenzioni ed elaborazione ed approvazione dei relativi progetti".

Dopo aver accertato la corrosione che nel 1993 aveva reso necessario l'intervento di potenziamento sugli stralli della pila 11 del ponte Morandi, la prima costruita per realizzare il viadotto sul torrente Polcevera a Genova, società Autostrade avrebbe dovuto intervenire anche sulle pile 9 (crollata il 14 agosto) e 10. È quanto emerge dalla relazione del Mit. "L'intervento su quella sola pila fu giustificato a suo tempo col fatto che essa palesava evidenti difetti nella sommità degli stralli (…) - si legge nel testo della relazione tecnica- tale situazione aveva fatto ritenere necessaria la sostituzione degli stessi. I difetti erano stati riscontrati in misura più contenuta nelle pile 10 e 9, realizzate successivamente nello stesso cantiere. Si era all'epoca ritenuto di poter rimandare la sostituzione degli stralli nelle altre pile pur senza negarne la situazione comunque da monitorare attentamente".

Ma per gli esperti del ministero, "certamente fin dal 1993, il tempo di innesco della corrosione era ormai stato raggiunto in tutta l'opera. La corrosione era quindi già iniziata da anni e l'applicazione del sano principio di prudenza imponeva di fare indagini esaustive dirette e intraprendere le necessarie opere di riduzione della corrosione o sostituzione degli elementi ammalati, che erano mari fuori controllo". Una conclusione a cui, sottolineano i tecnici, era arrivato già lo stesso progettista Riccardo Morandi fin dal 1981. Questi aspetti, concludono gli esperti ministeriali, "sembrerebbero in realtà mai efficacemente risolti e peggio ancora indagati".

Infine la commissione, in relazione al progetto esecutivo predisposto da Aspi per il viadotto Morandi, scrive: "sorprende la scelta di eseguire i lavori in costanza di traffico, insomma con l'utenza utilizzata, a sua insaputa, come strumento per il monitoraggio dell'opera".