Gerusalemme, 15 Mag 2018 - Nel giorno in cui Israele celebra l'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme è strage a Gaza. Decine di migliaia di persone hanno partecipato alla protesta e ci sono state decine di morti palestinesi negli incidenti al confine. L'opposizione alla decisione di Donald Trump dello scorso dicembre non è solo in piazza: riguarda tutto il mondo arabo, l'Onu e gran parte della comunità internazionale, Unione Europea compresa
Tra le vittime anche una bimba di appena otto mesi, perché aveva inalato gas lacrimogeni. Lo ha fatto sapere il ministero della Sanità nella Striscia, confermando che almeno 59 manifestanti sono morti nelle proteste. Non è chiaro quanto la bimba, che si chiamava Leila al-Ghandhour, e i suoi genitori fossero vicini alla barriera di sicurezza dove avvenivano gli scontri piu' violenti. Intanto oggi si temono nuove violenze a Gaza, anniversario della Nakba, (la Catastrofe), l'esodo dei palestinesi dopo la creazione di Israele nel 1948 e giornata in cui saranno celebrati i funerali di alcune delle vittime degli scontri di ieri (almeno 58 morti e 2.700 feriti). Manifestazioni di protesta sono previste oggi anche in Cisgiordania. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha difeso l'operato delle forze militari che, ha detto, hanno agito in auto difesa contro Hamas che ha portato in 13 diversi punti della barriera che divide la Striscia di Gaza 40mila persone. "Tutti i paesi hanno il dovere di difendere i loro confini", ha affermato. L'Anp ha denunciato il "massacro" e proclamato tre giorni di lutto e uno sciopero generale, e le Nazioni Unite "oltraggiose violazioni dei diritti umani".
Nonostante la decisione di oggi degli Stati Uniti abbia sottolineato "una questione ovvia: Gerusalemme è la capitale di Israele", questo non significa che "gli Stati Uniti abbiano preso una posizione nei negoziati sul suo status finale" si legge nella nota della Casa Bianca.
"L'amministrazione Trump- si aggiunge- sostiene lo status quo nel luoghi sacri di Gerusalemme e crede che questa decisione dovrebbe essere presa da israeliani e palestinesi".
Il colpo alla botte (Israele). La responsabilità per i palestinesi morti a Gaza è "senza dubbio di Hamas" sostiene poi Washington, commentando gli scontri di oggi al confine con Israele. La Casa Bianca sostiene, inoltre, che Hamas sta sfruttando "in modo cinico" la situazione a suo favore e che gli Stati Uniti "stanno dalla parte di Israele".
Detto questo, si passa alla messa in sicurezza: temendo attacchi, il Pentagono manda i marines a proteggere le ambasciate Usa in Israele, Giordania e Turchia.
Intanto, al termine di una giornata segnata da un bagno di sangue, il Sudafrica richiama il proprio ambasciatore in Israele: "Il governo del Sudafrica condanna nel modo più forte possibile l'ultimo atto di aggressione violenta condotto dalle forze armate israeliane al confine con Gaza", si legge in una nota del Dipartimento per le relazioni internazionali e la cooperazione. "Le vittime stavano prendendo parte a una protesta pacifica contro la provocatoria inaugurazione dell'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme", prosegue la nota. "Visto il modo grave e indiscriminato in cui è stato condotto l'ultimo attacco israeliano", il governo sudafricano ha deciso di richiamare l'ambasciatore Sisa Ngombane. Stessa decisione dalla Turchia, che denuncia "un genocidio" e richiama anche l'ambasciatore negli Usa.
L'iniziativa, che segue quella sudafricana, è presa da Ankara per protesta nei confronti dei "crimini contro l'umanità" e del "genocidio" compiuti da Israele nel corso della repressione odierna. Erdogan definisce l'azione israeliana di oggi "terrorismo di Stato".
"A Gerusalemme non è stata aperta un'ambasciata ma un avamposto americano". Lo ha detto, citato dalla Wafa, il presidente palestinese Abu Mazen che ha parlato di schiaffo da parte degli Usa ribadendo che "l'America non è più un mediatore in Medio Oriente". Abu Mazen ha poi annunciato lo "sciopero generale dei Territori Palestinesi" e tre giorni di lutto per gli uccisi a Gaza.
Il governo palestinese ha accusato Israele di commettere un "terribile massacro" nella Striscia di Gaza, sollecitando "un intervento internazionale immediato". Il portavoce del governo palestinese, Yusuf al-Mahmoud, ha chiesto in un comunicato "un intervento internazionale immediato per fermare il terribile massacro commesso a Gaza dalle forze dell'occupazione israeliana contro la nostra eroica gente".
Dopo l'inno americano, è poi toccato a Ivanka Trump, la figlia prediletta del presidente Usa, il compito di togliere il velo allo stemma sul muro della legazione americana: "A nome del 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America - ha detto Ivanka - vi diamo ufficialmente il benvenuto per la prima volta all'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, capitale di Israele". "Quando Trump fa una promessa, la mantiene": così Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, che ha poi ha precisato come con il trasferimento della legazione "abbiamo mostrato al mondo, ancora una volta, che degli Usa ci si può fidare".
"Non abbiamo migliori amici al mondo che gli Usa". Il premier israeliano Benyamin Netanyahu inizia così il suo appassionato discorso. "Grazie per aver avuto il coraggio di mantenere la promessa", ha aggiunto rivolgendosi alla delegazione Usa e al presidente Trump. "Ricordate questo momento, questa storia. Il Paese più potente del mondo oggi ha aperto a Gerusalemme la sua ambasciata. Eravamo a Gerusalemme e - ha proseguito tra gli applausi - siamo qui per restarci".
Netanyahu ha fatto anche una digressione di carattere personale. Ha ricordato che nel rione dove viene ora aperta l'ambasciata degli Stati Uniti in passato l'area era pressoché disabitata e ritenuta pericolosa perché molto vicina alla linea di cessate il fuoco con la Giordania. "Io avevo tre anni, mio fratello Yoni ne aveva sei. Quando andavamo nei campi, mia madre ci diceva di fare attenzione perché potevano esserci cecchini o esplosivi. Questo avveniva allora - ha proseguito il premier - mentre oggi viene qui aperta l'ambasciata del Paese più potente al mondo. Che grande differenza".
Netanyahu ha quindi aggiunto: "Questo un gran giorno per la pace. La pace e la verità sono connesse. Non si può edificare la pace se non sulla base della verità. E la verità è che Gerusalemme è la capitale di Israele". Il premier israeliano ha concluso il suo intervento con una formula tradizionale in ebraico di ringraziamento al Signore.
"La nostra più grande speranza è la pace": così il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in un messaggio preregistrato inviato in occasione dell’inaugurazione dell'ambasciata. "Gli Stati Uniti rimangono pienamente impegnati a facilitare un accordo di pace duraturo".