Macerata, 12 Feb 2018 - Ci sarebbe un quarto indagato per l'omicidio di Pamela, la 18enne romana il cui cadavere fatto a pezzi è stato ritrovato chiuso in due trolley, il 31 gennaio nelle campagne di Pollenza.
È in corso un nuovo sopralluogo degli uomini del Ris dei carabinieri di Roma nell'appartamento mansardato di via Spalato 124 a Macerata dove gli inquirenti ritengono sia stata uccisa e smembrata Pamela. Al sopralluogo partecipano gli investigatori, i legali dei tre indagati nigeriani fermati - Innocent Oseghale, 29 anni, Desmond Lucky, 22 anni, e Lucky Awelima, 27 anni - e i loro consulenti. La Procura contesta a tutti le accuse di concorso in omicidio, occultamento e vilipendio di cadavere e spaccio di stupefacenti. Il gip aveva escluso l'accusa di omicidio durante la convalida d'arresto di Oseghale che abitava nella casa. Per gli altri due, in stato di fermo da sabato, non stata ancora fissata l'udienza di convalida.
"Chiediamo sia fatta giustizia, ma giustizia vera. Ci costituiremo parte civile e vorremmo che sulla base del principio di coerenza, alle belle parole e alle dimostrazioni di vicinanza che abbiamo ricevuto e apprezzato seguano i fatti: si costituiscano come parti civili anche la comunità nigeriana e il Comune di Macerata". Lo afferma Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro e legale della famiglia, in un'intervista a Qn.
"Possiamo escludere con certezza che sia stata Pamela a procurarsi un'overdose, se overdose c'è stata. Pamela odiava gli aghi e quei buchi sul polso che sembra le abbiano trovato non ci convincono", dichiara Verni, fratello della madre di Pamela. "Di sicuro non è stata lei a farsi l'iniezione, ma le è stata fatta da qualcun altro: per stordirla, iniettarle un anestetico, perché si voleva abusare di lei? Mia nipote è stata fatta passare come una drogata all'ultimo stadio, ma non era così. Le va resa giustizia".
La manifestazione di Macerata "significa strumentalizzare quanto accaduto, non vedo il nesso tra il massacro di Pamela e una manifestazione antirazzista", osserva Verni. "Che questo delitto possa essere stato compiuto da nigeriani è nei fatti, mentre come famiglia non abbiamo esitato a prendere le distanze dal gesto sconsiderato di Luca Traini. Doveva finire lì". "Quello che accaduto a Pamela - aggiunge - documenta il fallimento dello Stato. Il primo dei nigeriani indagati ha il permesso di soggiorno scaduto, è irregolare. Integrazione e accoglienza sono due cose bellissime, ma ci deve essere rispetto reciproco e voglia reciproca di integrarsi e vivere insieme”.
Sono stati "poco collaborativi", secondo fonti investigative, Desmond Lucky e Lucky Awelima, i due nigeriani fermati dalla Procura di Macerata in relazione alla morte di Pamela Mastropietro. Awelima, 27 anni, assistito dall'avv. Giuseppe Lupi, ha riposto ad alcune domande del procuratore Giovanni Giorgio e dl sostituto Stefania Ciccioli, poi si è avvalso della facoltà di non rispondere. In particolare non ha spiegato perché se ne fosse andato da Macerata, dirigendosi a Milano, dove ha incontrato la moglie ospite di un centro di accoglienza in Lombardia, e dove lo hanno rintracciato i Carabinieri. Anche Desmond Lucky, 22 anni, si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere,
Desmond Lucky e Lucky Awelima sono stati sottoposti a rilievi dattiloscopici e biologici, prima di essere interrogati dal procuratore della Repubblica di Macerata Giovanni Giorgio e dal sostituto contitolare dell'inchiesta Stefania Ciccioli, che hanno anche sentito altri cittadini nigeriani risultati coinvolti nella vicenda. Dalla comparazione dei dati acquisiti, ma anche da quelli ancora da acquisire, dei tre nigeriani e di quelli della 18enne romana, si attendono altri elementi per ricostruire la dinamica del delitto.
È stato il telefono a mettere gli investigatori sulle tracce di Lucky Awelima, il 27enne nigeriano fermato insieme al 22enne Desmond Lucky. Lo conferma la stessa procura di Macerata, in una nota nella quale si spiega che l'esame dei primi dati forniti dagli esperti in materia telefonica ha permesso di "acquisire la ragionevole certezza" che il 30 gennaio scorso un terzo uomo, di cui gli investigatori non conoscevano l'identità, ma solo un nomignolo datogli dagli altri due e corrispondente ad un numero telefonico registrato nella loro rubrica, era stato presente nell'appartamento di via Spalato 124, domicilio di Oseghale, dove Pamela sarebbe morta e sarebbe stata fatta a pezzi.
Il telefonino aveva agganciato la cella telefonica corrispondente a quella dell'abitazione. Nella stessa giornata il terzo uomo aveva avuto "apprezzabili" contatti telefonici con gli altri indagati. I primi risultati delle perizie telefoniche sono arrivati nella notte tra il 9 e il 10 febbraio. Contestualmente gli investigatori hanno capito che il terzo uomo, ancora non identificato, si stava allontanando da Macerata, diretto verso la Lombardia e sono scattati gli accertamenti per controllare i movimenti dell'utilizzatore del telefono, che è stato individuato nella stazione ferroviaria di Milano in partenza la Svizzera, dove stato bloccato dai Carabinieri.