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Donald Trump a giugno aveva ordinato di licenziare il procuratore speciale per il Russiagate Mueller

Washington, 26 Gen 2018 - Donald Trump aveva ordinato lo scorso giugno di licenziare il procuratore speciale sul Russiagate, l'ex idrettore dell'Fbi Robert Mueller, poco dopo la sua nomina da parte del vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein. Solo il rifiuto - dopo un tempestoso confronto alla Casa Bianca - del consigliere legale del presidente, Donald F. McGahn II, di eseguire l'ordine bloccò tutto.

A rivelarlo è il New York Times, secondo il quale solo la minaccia di McGahn di dimettersi invece di chiamare il ministero della Giustizia ed ordinare di far fuori Mueller, salvò la testa di quest'ultimo, che Trump ha sempre smentito di voler licenziare - benché ne abbia i poteri - e che solo mercoledì sera ha detto che non "vede l'ora" di farsi interrogare "sotto giuramento".

Il quotidiano  cita 4 diverse fonti dell'amministrazioni secondo le quali Trump sostenne che Mueller aveva tre diversi conflitti di interessi per poter occuparsi delle indagini sul Russiagate imparzialmente: la prima, sostenne, quando diversi anni fa un confronto su un conto al Trump National Golf Club di Sterling in Virginia, portò Mueller, allora direttore dell'Fbi, a dimettersi; per il presidente Mueller non sarebbe poi stato al di sopra delle parti perché aveva lavorato - elemento già emerso - per uno studio legale (dopo ave lasciato l'Fbi al cui posto venne nominato James Comey, licenziato da Trump il 9 maggio scorso, portando alla nomina di Mueller a procuratore speciale) che aveva rappresentato il genero Jared Kushner; da ultimo Trump disse che Mueller era stato tra le personalità prese in considerazione per guidare l'Fbi dopo la cacciata di Comey.

McGahn non concordò con la decisione di Trump e avverti che licenziare Mueller - peraltro un repubblicano di lungo corso nominato da George W. Bush e poi confermato alla guida dell'Fbi dal democratico Barack Obama - "avrebbe avuto effetti catastrofici sulla sua presidenza" e alla fine il presidente fece marcia indietro.

McGahn è stato a lungo un avvocato finanziatore del partito repubblicano e membro della Commissione Elettorale Federale Usa, ed era il capo dei legali della campagna di Trump nel 2016. È stato coinvolto in ogni decisione di Trump, incluso il licenziamento di Comey dalla guida dell'Fbi perche' non accetto' la richiesta, secondo i media Usa, di lasciar perdere nelle sue indagini sul Russiagate l'ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, costretto a lasciare solo 24 giorni dopo la nomina, formalmente per aver mentito al vicepresidente Mike Pence sui suoi rapporti con l'allora ambasciatore russo a Washington, Serghei Kislyak.

All'epoca del licenziamento di Mueller, ordinato da Trump, il capo dei suoi consiglieri legali era Marc Kasowitz, a favore di un approccio piu' aggressivo contro l'inchiesta e che in seguito rimosso. Al suo posto venne nominato l'attuale avvocato del presidente, Ty Cobb.

Trump, prosegue il Nyt, aveva anche pensato di rimuovere il viceministro della Giustizia Rosenstein - cui peraltro aveva inizialmente attribuito la scelta di licenziare Comey salvo un repentina marcia indietro - e sostituirlo con il numero 3 del ministero, Rachel Brand. Il titolare del dicastero Jeff Sessions, si era ricusato da marzo perché a sua volta coinvolto nel Russiagate: era stato beccato a mentire al Senato sui suoi rapporti con l'ambasciatore russo Kislyak. Cosa che fece imbestialire Trump che disse che non lo avrebbe mai nominato alla Giustizia ma non se avesse saputo dei suoi contatti con i russi ma se avesse saputo che si sarebbe astenuto.