Sassari, 13 Nov 2017 - Il Comandante Giovanni Efisio Camedda è una vera e propria leggenda della marineria della Sardegna: le sue imprese al comando del rimorchiatore "Vincente" e come pilota del porto, i resoconti dei salvataggi che ha compiuto e le testimonianze dei naufraghi che ha salvato da una fine ormai segnata, riempiono di stupore per il suo coraggio e la sua abilità.
Giovanni Efisio Camedda sembra un personaggio tratto da libro d'avventure. Comandante dei rimorchiatori di Porto Torres, più che guidare l’attracco delle navi, il suo mestiere era quello di correre nella tempesta per salvare chi stava affondando.
Egli è stato il protagonista di centinaia di salvataggi impossibili, portando in salvo almeno 600 vite umane e oltre 80 navi nel corso delle bufere che il maestrale scatena nel Mar di Sardegna e nel Golfo dell'Asinara.
Coraggio, ardimento, sprezzo del pericolo, notevole perizia marinaresca sono doti che hanno fatto del Comandante Giovanni Efisio Camedda un eroe d'altri tempi. Una vita dedicata a combattere contro il mare. Eppure non ha mai imparato a nuotare.
Nato nel 1935 a Solanas di Cabras, sette chilometri da Oristano in una famiglia di contadini, aveva frequentato la seconda media, ma poi aveva smesso di studiare. Un giorno però era arrivato in paese l’armatore napoletano Achille Onorato che aveva convinto Giovanni ad andare in mare.
Il primo viaggio fu nell'ottobre del 1955 da Cagliari a Porto Marghera. Viaggio caratterizzato da un po’ di maretta.
Quattro anni dopo Giovanni Camedda divenne marinaio e ricominciò a studiare comprando i libri a rate e superando, nel giugno del 1961, l'esame di terza media. Ad agosto dello stesso anno divenne “padrone marittimo”, titolo appena al di sotto di capitano di lungo corso, col quale fu autorizzato a comandare nel Mediterraneo una nave sino a 5 mila tonnellate: il rimorchiatore “Giuseppe Irrera”.
I salvataggi in mare effettuati da Camedda non si contano più. Di certo, la vita di quest’uomo generoso della terra d’Arborea è stata quanto mai avventurosa, vissuta tra mari in tempesta per soccorrere qualche nave in difficoltà, sempre pronta a impegnarsi, sprezzando il pericolo, a favore del prossimo.
Come il salvataggio effettuato a Cagliari nel 1960 nella notte di Natale. Ci vollero due giorni per portare al sicuro la nave “Marianne Teloc” che, col motore inceppato, era in balia del mare a forza nove.
Nel 1965, Camedda assunse il comando del rimorchiatore “Prode” ed intervenne per portare in salvo una petroliera di 50 mila tonnellate, battente bandiera italiana, rimasta in avaria con quaranta persone a bordo: l'albero del suo motore si era rotto a sessanta miglia da Capo Spartivento. Le capacità professionali di Camedda e dei suoi uomini furono messe a dura prova, ma l'operazione riuscì perfettamente.
Il 1973 e 1974 furono anni davvero intensi per l’attività del Comandante e contano almeno venticinque salvataggi, alcuni dei quali hanno davvero dell’incredibile.
In acque francesi il Comandante Camedda soccorse e portò in salvo la nave “Maria Boz” che stava affondando con i suoi nove membri d’equipaggio; mentre nelle Bocche di Bonifacio infuriava una violentissima tempesta, egli salvò la nave mercantile “Costanza” battente bandiera italiana.
Un altro spericolato salvataggio fu quello della nave petroliera “Saija”, 36 mila tonnellate, battente bandiera panamense, con a bordo quarantacinque persone tutte norvegesi. Per le incredibili condizioni del mare la nave, che stava compiendo il suo viaggio inaugurale, si andò ad incagliare nell’isola di Cavallo, in Corsica. A queste disgrazie si aggiunse il suicidio del Comandante che si era sparato un colpo di pistola e quello del Comandante in seconda trovato moribondo da Camedda perché si era reciso le vene dei polsi. Ignorando il pericolo, e con una buona dose di sangue freddo, Camedda, salito a bordo, fece assumere il comando ad un ufficiale, evitò la riuscita del carico ed alleggerì l’imbarcazione scaricando il gasolio su altre petroliere giunte nel frattempo da Livorno. Alla fine, rimorchiò la nave con tutto l’equipaggio nel porto di La Maddalena.
Nacque così la sua leggenda. Camedda Giovanni Efisio era in servizio permanente, a disposizione 24 ore su 24, mai un giorno di vacanza. Quando gli uomini normali scappavano e nessuno aveva il coraggio di avventurarsi nella tempesta, lui metteva l’avanti tutta.
Nel settembre del 1970, quando stava per arrivare nel Golfo di Porto Torres la prima superpetroliera, e molti ritenevano che non vi fosse un rimorchiatore capace di farla attraccare, chiamarono Camedda.
Dal 1971 Camedda fu posto al comando del “Vincente”, un rimorchiatore che poteva tirare al gancio una nave di 200 mila tonnellate. Con questo guscio, lungo 34 metri e largo 7, Camedda compì una centinaio di salvataggi a seguito dei quali ha avuto ampi riconoscimenti.
Come quella volta che Camedda trasse d’impaccio mezza flotta militare di quindici navi nell’avamporto di Cagliari: una “maestralata” improvvisa e il mare forza nove. Le navi erano finite una addosso all’altra, col rischio di finire sugli scogli.
O il salvataggio compiuto nel marzo del 1979 a 45 miglia dalle Bocche di Bonifacio: una nave militare, la motocisterna “Bradano”, con 56 marinai a bordo, rimasta in avaria nel mare in burrasca.
Ogni rapporto è un romanzo drammatico a lieto fine. Come quello del Comandante della nave cipriota “Santa Marina”, Spyridon Messinezos, il quale il giorno 20 ottobre 1974 alle ore 16,00 rilevò un grave danno al timone. La nave non governava più. Grossi cavalloni irrompevano e s’infrangevano sulla “Santa Marina”. Il comandante lanciò l’S.O.S. e la radio della Guardia Costiera di Porto Torres rispose che, date le condizioni del tempo che tendevano a peggiorare, poteva uscire in loro soccorso soltanto il rimorchiatore “Vincente”. All’alba del 21,00 montagne d’acqua si abbattevano sulla nave. Il mare era a forza dieci. Alle 8,00 il Comandante Camedda e il suo equipaggio avvistarono, l’albero di un rimorchiatore che sprofondava nei flutti compiendo manovre che facevano rabbrividire. Mentre il rimorchiatore risaliva sulla cresta di un’onda e la nave stava per sprofondare nel vuoto, veniva lanciata una cima, la cima però si spezzava ed il tentativo d’aggancio si ripeteva 7 volte per svariate ore. Il Camedda, sommerso dalle onde, navigava da 49 ore. Il “Vincente” s’infilava nel mare, e le turbine aspiravano acqua e l’aria dei locali interni. C’era da impazzire ed effettivamente un suo marinaio impazzì davvero. Le ultime trenta ore Camedda rimase solo a governare la nave mentre l'equipaggio pregava nella saletta.
Il Camedda, nonostante tutto, dice però di non essere immune alla paura. Soprattutto quando partiva, perché sapeva che cosa lo aspettava. Talvolta aveva invocato persino la morte. "Per soffrire così, dico a quello lassù, falla finita guarda che non siamo qui per divertirci, dacci una mano, tu puoi farlo. E lui mi aiuta. Mi ha sempre aiutato ".
Altro salvataggio al largo dell’Asinara. Un fulmine cadde sulla “Capo Falcone”, carica di 1.150 tonnellate di gas. Dopo due ore e mezzo di navigazione Camedda riuscì a recuperare i naufraghi, poi salito a bordo della “Capo Falcone”, spense l’incendio e trascinò la nave in porto.
Una volta una nave, la “Maria Costanza”, finì sugli scogli iniziando ad inabissarsi. Il Comandante della nave aveva detto per radio che l’equipaggio era costretto a calarsi nelle scialuppe. Camedda stava arrivando, ma era ancora molto lontano. Allora disse una bugia. "Fra un’ora sono da voi". Sapeva che ci sarebbero volute almeno quattro ore, ma era pericoloso abbandonare la nave. Dopo quattro ore di navigazione era riuscito a raggiungere la nave e aveva recuperato tutto l'equipaggio. La nave ormai era quasi tutta sommersa. Emergeva solo la prua. Era riuscito ad agganciarla e a portarla via.
Una sera Camedda era a Solanas ed il Comandante del porto lo svegliò: bisognava partire subito. Il faro di Campo Mannu, trenta miglia da Oristano, aveva segnalato di aver visto una nave che stava investendo l’isola di Mal di Ventre. Le luci erano scomparse. Non c'era tempo per andare a Porto Torres e imbarcarsi sul “Vincente”. Nel porto di Oristano c'era una sola nave, la “Alicia” di bandiera tedesca.
Camedda svegliò quindi l’equipaggio ed riuscì a convincerlo a partire. Navigarono finché non trovarono una lancia con nove marinai che faceva acqua e stava per affondare. Camedda si infilò il giubbotto, si calò con la corda e li tirò su.
Una sola volta Camedda tornò in lacrime: accadde con la nave spagnola, L’"Angel", che stava affondando in mezzo al Golfo del Leone. Camedda ritrovò un zatterino gonfiabile con undici marinai assiderati che non davano segni di vita, dopo averli fatti salire a bordo e riprendere, continuò a cercare per quaranta ore, fino a che il mare non gli restituì soltanto cadaveri.
Ma alla domanda se il mare sia cattivo Camedda risponde che "certe volte mi fa paura, ma lo rispetto.
Non sono mai riuscito ad odiarlo. Non potrei restarne lontano".
Oggi, quest'uomo di mare nato contadino, che ha cominciato a navigare giovanissimo, poco più che quindicenne, lascia spazio ai ricordi e alla nostalgia.
Sfogliando il suo vecchio album si perde addirittura il conto delle numerose onorificenze e centinaia di attestati, che questo uomo schivo e modesto si è guadagnato in tanti anni di attività per i coraggiosi salvataggi effettuati nel mare in tempesta e con grande sprezzo del pericolo.
Vogliamo prenderci il gusto di enumerarne alcune?
La massima onorificenza resta il “Premio Guida” assegnatogli da un organismo internazionale, poi il grande riconoscimento da parte del Consiglio Superiore della Marina Mercantile con “L’Avanti Tutta”, la cittadinanza onoraria dei Comuni di Arborea e Nurachi, le medaglie d’oro conferitegli dalle amministrazioni provinciali di Cagliari, Sassari e la targa al merito della Provinica di Oristano, il titolo di Cavaliere della Repubblica prima, Ufficiale poi e infine Commendatore al merito della Repubblica Italiana e della Repubblica Spagnola; dal Consiglio Superiore delle forze armate ha avuto la medaglia d’argento.
«Tutto sommato», dicono i suoi amici, «potevano anche dargli quella d’oro: lui tutte le volte che salva qualcuno, un poco muore».
Una volta tornò persino con le pupille dilatate. Non vedeva più. Rimase rimasto quattro giorni con le bende agli occhi.
Ma il "Premio Internazionale della Bontà" che Giovanni Efisio Camedda ha ricevuto l'8 dicembre del 2001 a Vercelli dalle mani del Prefetto, Leonardo Cerenzia, è stato sicuramente il più ambito e destinato ad essere gelosamente conservato nel cuore di questo contadino di Solanas diventato "eroe del mare".
Al comandante Camedda è stato inoltre consegnato il Premio "Dottor Giulio Sambonet", da parte dell'Associazione Industriali di Vercelli e della Valsesia per premiare gli atti e le manifestazioni di generosità, altruismo, senso civico ed eroismo nel mondo del lavoro con la seguente motivazione: a Giovanni Camedda "Autentica leggenda vivente del mare, prima, come comandante dei rimorchiatori di Porto Torres, poi, come pilota del porto di Oristano, ha effettuato decine di salvataggi in condizioni estreme, a rischio della propria vita, recuperando naviglio, salvando le coste dall'inquinamento del petrolio, restituendo alle famiglie centinaia di vite di marinai che altrimenti sarebbero andate perdute".
Il Comandante Giovanni Efisio Camedda, con decreto del 18 dicembre del 2002, è stato insignito dell'altissima onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito dalla Repubblica Italiana, da parte del Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Camedda benché abbia affrontato nella sua lunga carriera in ogni angolo del Mediterraneo, mare forza nove e forza dieci, con venti da 130 a 150 chilometri all'ora e onde gigantesche, non ha mai imparato a nuotare, rivendicando le sue origini contadine e sottolineando che dal mare non saprebbe stare lontano.
Dice di aver sempre portato con se, in una tasca il Rosario e nell'altra una P38. Con ciò volendo sottolineare che la protezione dell'Onnipotente e la fortuna sono indispensabili. Ma quando è il momento di agire, occorre saper prendere anche le decisioni più estreme.
Negli anni Settanta il giornalista genovese Giorgio Bubba scrivendo sulle colonne del giornale “Il Secolo XIX” del rimorchiatore “Vincente”, specializzato in eroici salvataggi, ha definito Giovanni Camedda <<un personaggio che tanto sarebbe piaciuto a Hemingway>>. Ma Camedda (sardo di nascita, ligure per mentalità marinara) rifiuta l’alone della leggenda. «Sul mare soprattutto quando ci sono in gioco vita e barca, cadono le barriere che gli uomini si sono costruiti in terra e si ritorna ad essere veramente fratelli ed amici».
Per concludere come ha sottolineato l’Ammiraglio Luigi Romani, in occasione della consegna a Giovanni Camedda dell’XI° Premio “Una vita dedicata al mare”, nel novembre 1993 a Pisa nel Palazzo dei Cavalieri di Santo Stefano, <<Camedda è protagonista di una storia fatta di tanta dedizione ed altruismo, ancora più encomiabile nei tempi aridi in cui viviamo, nei quali troppo spesso anche un semplice gesto umano e generoso verso il prossimo, non è più la regola ma l’eccezione>>.
Per quanto riguarda la vita privata del sig. Camedda Giovanni Efisio, vi è da dire che egli ha contratto matrimonio con la signora Sidore Gesuina il 23.10.1960. Dal matrimonio sono nati quattro figli: Gianmario, Anna Maria Assunta, Roberto e Silvia.
Nel febbraio 2007, decedeva la moglie Gesuina Sidore e il Camedda, trasferitosi a Sassari, contraeva matrimonio religioso con la sig.ra Rosa Piga con la quale vive a tutt’oggi.
L’attività eroica del Camedda ha consentito allo stesso di ottenere numerosi profitti, tali da consentirgli l’acquisto di un ingente patrimonio immobiliare costituito da una decina di immobili di pregio sparsi nelle varie città tra cui Roma, Oristano, Cabras, Porto Torres, Bonorva e San Leonardo.
Di tutto il patrimonio immobiliare acquistato però attualmente al Camedda non rimane alcunché, in quanto i quattro figli lo hanno spartito tra loro con vari atti notarili, lasciando il padre privo di qualsiasi immobile, senza altre fonti di reddito se non una piccola pensione che gli consente a mala pena di pagare un piccolo immobile detenuto in locazione.
Proprio in relazione a tali atti notarili pende causa civile davanti il Tribunale di Oristano tendente a far dichiarare la nullità di tali atti in quanto parrebbe essere stati stipulati approfittando dello stato di cattiva salute temporaneo del Camedda il quale proprio in quel periodo (maggio 2008) aveva subito un ictus celebrale.
Attualmente il Camedda ha 78 anni, vive come già detto a Sassari con la Sig.ra Rosa Piga, gode di discreta salute, ricorda benissimo le varie gesta eroiche dallo stesso compiute ed è in grado di raccontarle con precisione e dovizia di particolari, in grado di affascinare chiunque li ascolti.
Testimonianza raccolta dalla Dott.ssa Giulia Nieddu – Sassari