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Russiagate, Paul Manafort e Rick Gates agli arresti domiciliari. Sono accusati di cospirazione

Washington, 31 Ott 2017 - Paul Manafort e Rick Gates, incriminati oggi nell'ambito del'l'inchiesta sul cosiddetto Russiagate, sono agli arresti domiciliari. Sono stati chiesti 10 milioni di dollari di cauzione per Manafort e 5 milioni per Gates, riferiscono i media Usa. L'ex capo della campagna elettorale di Trump e il suo ex socio si erano presentati spontaneamente nella sede dell'Fbi a Washington.

Manafort era stato incriminato venerdì scorso nell'ambito dell'indagine sul Russiagate guidata dal procuratore speciale Robert Mueller e gli era stato chiesto di consegnarsi. Al centro dell'inchiesta ci sono le interferenze di Mosca nelle presidenziali Usa, i presunti legami tra il comitato elettorale di Donald Trump e il Cremlino e il possibile intralcio alla giustizia da parte dell'attuale presidente americano.

Le accuse contro Manafort segnano una significativa escalation in un'inchiesta che getta un'ombra su Trump a pochi giorni dal primo anniversario della sua elezione. Con lui, è stato chiamato in causa anche Rick Gates, suo ex socio in affari. Il suo nome, secondo il quotidiano newyorchese, è apparso su documenti collegati alle aziende che l'impresa di Manafort creò a Cipro per ricevere denaro da politici e imprenditori dell'Europa dell'Est.

Manafort e Gates si sono dichiarati "non colpevoli" nella prima udienza di conferma dell'incriminazione chiesta dal procuratore speciale sul Russiagate.

C'è anche la cospirazione contro gli Usa tra i 12 capi di accusa contro Manafort e Rick Gates. Tra gli altri capi di accusa il non essersi registrati come agenti di uno stato straniero, aver fatto dichiarazioni false e fuorvianti, riciclaggio e omessa denuncia di conti su banche straniere. Manafort sarebbe anche accusato di evasione fiscale. Rischia 80 anni di carcere, Gates ne rischia invece 70, secondo i media americani.

"Niente a che fare con il presidente, con la presidenza e con la campagna elettorale. Abbiamo detto dal primo momento che non ci sono segnali di collusione e le incriminazioni di oggi non cambiano questo fatto", commenta la Casa Bianca attraverso la portavoce Sarah Sanders. Trump, aggiunge, "non ha intenzione" di licenziare il procuratore speciale, Robert Mueller, che conduce l'indagine sulle possibili collusioni tra lo staff elettorale e il Cremlino. "Il presidente lo ha detto la scorsa settimana e io l'ho detto molte volte: non c'è l'intenzione o un piano per fare cambiamenti riguardo al procuratore speciale".

Un altro consulente della campagna presidenziale di Donald Trump, George Papadopoulos, ha ammesso di avere mentito all'Fbi riguardo ai suoi contatti con la Russia. In particolare l'ex consigliere per la politica estera ha incontrato un professore con legami con il governo russo per avere informazioni che avrebbero potuto danneggiare la rivale democratica Hillary Clinton. Papadopoulos si è quindi dichiarato colpevole per aver reso false dichiarazioni e di aver omesso del materiale durante un interrogatorio con gli agenti dell'FBI avvenuto nel mese di gennaio.

La Casa Bianca prende le distanze anche da Papadopoulos. Il ruolo dell'ex collaboratore nella campagna di Donald Trump è stato "molto limitato", ha detto la portavoce Sarah Sanders, ricordando che Papadopolous, finito sotto accusa per aver mentito all'Fbi sul caso Russiagate, era "un volontario".

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