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Dopo il referendum in Catalogna, centinaia di migliaia alla marcia unionista. Rajoy: “Con i ricatti non si costruisce nulla”

Barcellona, 8 Ott 2017 - "Decine di migliaia" di persone, venute da tutta la Spagna, stanno partecipando alla grande manifestazione unionista in corso a Barcellona. Fra gli slogan cantanti dalla folla, i più popolari sono contro il presidente catalano ("Puigdemont in prigione!") e contro il capo della polizia catalana dei Mossos ("Trapero traditore!"). Secondo Tv3, si tratta della più grande manifestazione unionista mai svoltasi a Barcellona. Sono in 350mila per la polizia urbana, un milione secondo gli organizzatori della marcia.

La folla, in un mare di bandiere spagnole e catalane, riempie la Via Laietana dove si trova la sede della Polizia Nacional spagnola, che i manifestanti passando acclamano. Nella prima fila del corteo si trovano il prefetto spagnolo in Catalogna Enric Millo, il ministro della sanità di Madrid Dolors Montserrat, il Nobel di letteratura Mario Vargas Llosa, che si è pronunciato più volte contro l'indipendenza, l'ex-presidente spagnolo dell'Europarlamento Josep Borell. La manifestazione ha l'appoggio dei tre partiti unionisti, popolari, socialisti e Ciudadanos. Nel corteo si trovano diversi esponenti politici spagnoli, fra cui la presidente Pp della regione di Madrid Cristina Cifuentes, il presidente di Ciudadanos Albert Rivera e il dirigente del Pp catalano Xavier Albiol.

Una manifestazione "in difesa della democrazia, della Costituzione e della libertà. Difenderemo l'unità della Spagna, #NonSieteSoli" ha scritto su Twitter il premier Mariano Rajoy, rivolgendosi alle migliaia di persone in marcia. Il suo tweet inizia con #RecuperemElSeny, che oggi in Spagna è il trend topic sul social network, essendo lo slogan (recuperiamo il senno, in italiano), delle manifestazioni convocate da Societat Civil Catalana.

Approfitta dello slogan "Recuperiamo senno" il dirigente indipendentista Gabriel Rufian, che ironizza su Twitter: "Vediamo se ora facciamo un'altra manifestazione per recuperare i 40 miliardi rubati alla gente con il salvataggio delle banche" deciso dal governo Rajoy.

"L'unità della Spagna non è negoziabile", "sotto ricatto non si può costruire nulla". Così il premier spagnolo, Mariano Rajoy, in un'intervista a El Pais che già ieri era stata anticipata parzialmente sul sito web della testata, in relazione alla situazione catalana. "Fino a quando non si tornerà alla legalità, ovviamente non negozierò", ha detto, aggiungendo che impedirà "che qualsiasi dichiarazione d'indipendenza si concretizzi in qualcosa" e che "la Spagna continuerà a essere la Spagna, e lo sarà per molto tempo". Rajoy ha sottolineato che il governo, come le autorità catalane sa, è fermo sulla "idea che non si può negoziare sull'unità della Spagna, né mediare né esser oggetto di mediazione, né negoziare con la minaccia di rompere l'unità" nazionale.

Il governo, ha sottolineato, userà "tutti gli strumenti che la legge" prevede per far sì che la nazione resti unita. Ha aggiunto, sulle decisioni che "prenderà al momento opportuno", che devono essere "prese con prudenza ed essendo coscienti delle conseguenze". Rajoy ha spiegato di non escludere di applicare l'articolo 155 della Costituzione, ma ha detto che questo andrebbe fatto "a suo tempo", sebbene ritenga che "l'ideale" sia non adottare misure "drastiche". Si è anche detto certo che il governo spagnolo annullerà un'eventuale dichiarazione d'indipendenza della Catalogna e si incaricherà di far sì che "non entri mai in vigore".

Rajoy si è poi lamentato della mancanza di volontà di dialogo del presidente catalano Carles Puigdemont: "E' molto difficile negoziare con chi non ha che un obiettivo e non è in grado di muoversi nemmeno di un centimetro". La Guardia civil e la polizia nazionale, ha aggiunto, resteranno in Catalogna "sino a quando le cose non torneranno alla normalità". Inoltre, Rajoy ritiene "imprescindibile" che il governo abbia "il maggior appoggio possibile" dei gruppi politici e che su questo sono d'accordo Pp, Psoe e Ciudadanos. Il premier ha risposto con un secco "no" all'eventualità di anticipare le elezioni generali spagnole, assicurando che "sarebbe un male" per il Paese e un messaggio "pessimo per i partner europei".

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