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Ritorno al proporzionale con sbarramento al 5% Legge elettorale, vertice Pd-M5s alla Camera. Si fa strada il ‘tedescum’

Roma, 29 Mag 2017 - E' durato una ventina di minuti l'incontro tra Pd e M5s sulla legge elettorale, avvenuto nella sala Berlinguer negli uffici del gruppo dem. Alla fine dell'incontro la delegazione dei 5 Stelle, composta dal capogruppo alla Camera, Roberto Fico e dai parlamentari delle Commissioni Affari Costituzionali, il deputato Danilo Toninelli e il senatore Vito Crimi (non c'era il capogruppo al Senato, Carlo Martelli), non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Nessun commento neppure dal Pd anche se il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, che ha ricevuto la delegazione M5s insieme all'omologo al Senato Luigi Zanda e al relatore della riforma Emanuele Fiano, alla domanda su come fosse andato l'incontro ha commentato: "tutto bene".

"Abbiamo sulle nostre spalle una grande responsabilità, quella di assicurare all'Italia un Governo libero da inciuci, trame di palazzo e che non sia figlio di leggi elettorali 'scorciatoia' - ha dichiarato Luigi Di Maio in messaggio postato su Facebook mezz'ora prima dell'incontro delle delegazioni alla Camera -. Al nostro Paese serve un Governo messo in condizioni di realizzare il programma elettorale per cui avrà ricevuto la fiducia del Parlamento e degli Italiani.  In questo momento solo il Movimento 5 Stelle può scongiurare la formazione di un ennesimo "Governo Frankenstein" dopo le prossime elezioni politiche: siamo la prima forza politica del Paese e dobbiamo assumerci questa responsabilità partecipando all'approvazione di una legge elettorale onesta. Le elezioni si avvicinano, possiamo davvero cambiare tutto. Io ci credo. Forza!".

Le chance che la riforma del sistema elettorale consegni all'Italia un modello in stile tedesco continuano a salire. Alla vigilia di una settimana chiave, con l'avvio delle votazioni in Parlamento sulla legge elettorale e la direzione del Pd in agenda per martedì, Matteo Renzi scopre le carte e dichiara di ritenere possibile un accordo con Forza Italia e M5S su un modello proporzionale, che abbia però una soglia di sbarramento al 5%.

L'idea dei renziani è quella di accelerare sulla legge elettorale. "Domani si decide tutto", ha fatto sapere ieri ai suoi il segretario del Nazareno. L'ipotesi - in presenza di un accordo ampio - è quella di abbreviare i tempi. Si comincia a votare mercoledì, dopo la direzione dem. Entro il 5 il voto finale in Commissione, poi il via libera di Montecitorio per il 7 o l'8 giugno, prima delle amministrative. Ma se Renzi aveva indicato entro fine luglio la 'deadline' per l'ok del Senato, il semaforo verde potrebbe arrivare anche a fine giugno. Grillo dopo l'ok degli iscritti M5s al sistema tedesco rilancia: "Cercano disperatamente di arrivare al giorno della loro pensione da privilegiati che scatta il 15 settembre. Il MoVimento 5 Stelle vuole che si vada al voto prima di questa fatidica data". Per noi - dice Renzi ai suoi, secondo quanto riferiscono fonti parlamentari dem - va bene ma la prerogativa non spetta al Pd.

La battaglia si giocherà sui tempi: il 'cronoprogramma' dipenderà ovviamente dal Senato ("Non credo che facciano da notai", osserva chi frena sulle urne) e soprattutto dal valzer degli incontri sulla legge elettorale.

Dopo che era saltato in mattinata il faccia a faccia tra i due, Matteo Renzi ha incontrato al Nazareno, a quanto si apprende, Angelino Alfano per discutere sulla legge elettorale. Un incontro che non ha fatto superare le divergenze tra i due partiti, tanto da far dire al capogruppo di Ap, Maurizio Lupi, che "le posizioni sono distanti". Tra i nodi irrisolti la soglia di sbarramento del 5 per cento, che invece Ap vorrebbe abbassare al 3%.

"Al Senato la manovra passerà con i voti di FI. È un Nazareno bis, i veri alleati di Renzi sono Berlusconi e Verdini". Il Movimento dei democratici e progressisti non voterà la fiducia sui buoni lavoro: "Hanno vinto i falchi renziani", spiegano fonti parlamentari di Mdp. "Mdp - la 'risposta' Pd - vuole picconare la legislatura". La manovrina passerà a Montecitorio, ma i renziani ora alzano la posta: "Se ci sono difficoltà ad approvare la manovrina come si fanno a trovare i numeri sulla manovra?". La tesi quindi è che occorrerebbe prendere atto subito che la maggioranza non c'è più, accelerare sulla crisi qualora si arrivasse all'intesa sulla legge elettorale con FI e M5s.

I fari, anche quelli delle più alte istituzioni, sono tutti puntati sul 'patto delle riforme'. Indiscrezioni filtrate dai giornali sottolineano la preoccupazione del Colle per la prossima manovra. Ma il Quirinale come sempre resta fuori dalla partita. Resta tutto nelle mani dei partiti, anche la partita sui voucher. Che il quadro si stia complicando è sensazione anche di diversi esponenti del governo ma il dibattito si concentra a livello parlamentare anche se l'auspicio che arriva da più parti è che si arrivi, al di là dell'esito del 'match' sulle regole del voto a un tra le forze politiche sui provvedimenti economici, a partire dalla prossima legge di bilancio.

"Una volta approvata la legge elettorale - sottolinea un 'big' dem - non si può altro che sciogliere il Parlamento. Alfano e Mdp hanno fatto capire di non voler più sostenere l'esecutivo e la maggioranza, e senza Mdp e Ap è finita". Mentre nel centrosinistra si accelera sulla formazione di una lista, Renzi però vuole che l'accordo sulla legge elettorale sia ampio, rifiuta l'idea di un patto del Nazareno bis e per questo motivo al momento non è previsto un incontro con Berlusconi. Ma le incognite sulla legge elettorale, nonostante il via libera del M5s al 'tedescum' con il voto sul blog sono ancora tante: al di là degli aspetti tecnici ci sarà da superare appunto lo scoglio del Senato. Con resistenze nello stesso gruppo dem (soprattutto da parte degli orlandiani), i numeri risicati e la poca voglia delle urne anticipate. Il primo passaggio delicato sarà sui voucher: il governo porrà la fiducia e - dicono dal Pd - "se Mdp non vota se ne assumerà le conseguenze".

Gli interrogativi sono legati anche al futuro: i renziani puntano sulle urne a settembre ma sarebbe in ogni caso l'attuale governo a preparare la manovra, "si tratterebbe - spiega una fonte parlamentare dem - di un bilancio di transizione". Ma occorrerà fare i conti con le clausole sull'Iva e aprire una trattativa con l'Europa per fare più deficit. Ma soprattutto entro ottobre bisognerà votare la nota di aggiornamento sul Def e sarà necessaria una maggioranza al Senato di 161 voti. Una corresponsabilità sul bilancio - anche sulla manovrina - potrà arrivare da Forza Italia, ma si dovranno in ogni caso trovare i numeri necessari.

"Il voto anticipato non è un obiettivo, ma può essere la conseguenza del risultato di avere una legge elettorale. Del resto la paura di dover andare alle urne con quella che c'è, spinge a dire 'o facciamo subito l'accordo, o non si fa più'". Lo dice il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, che in un'intervista al Corriere della sera assicura: "Paolo Gentiloni fa bene il presidente del Consiglio e noi lo sosteniamo con lealtà e con forza. Ma l'interesse generale viene prima e su questo abbiamo sempre trovato, tra di noi, un punto di caduta comune". Secondo Rosato, "il governo non cade. Semmai si giungerà a una fine anticipata della legislatura, sarà il Pd con Paolo Gentiloni a deciderlo", spiega l'esponente dem. Quanto alle tensioni con Ap e Mdp innescate dalla legge elettorale, Rosato commenta: "Bisogna tenere distinta la legge elettorale dall'azione di governo. La manovra correttiva non vale di piu' o di meno se c'è il 3% o il 5% di sbarramento sulla legge elettorale". Quello della soglia di sbarramento è un tema che "non c'entra niente la manovra correttiva dei conti".

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