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Campania, De Luca si difende: “sono parte lesa e sostengo l’azione della magistratura”

Napoli, 11 Nov 2015 - "Il controllo di legalità per le persone perbene è un vantaggio non un fastidio, invito la magistratura ad andare avanti, con estremo vigore e in tempi rapidi. I cittadini italiani hanno diritto a essere rappresentati dalle persone perbene". Inizia così la conferenza stampa del governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca dopo la notizia dell'indagine per concussione che lo vede coinvolto insieme ad altre sei persone. De Luca si è dichiarato "parte lesa in questa vicenda, io e l'istituzione che rappresento", sottolineando che continuerà la sua battaglia "nei confronti di chiunque oserà nei prossimi giorni gettare ombre sui nostri comportamenti. Ci rivarremo nei confronti di chiunque offenderà la dignità delle nostre persone e delle nostre istituzioni". Il presidente campano ha ribadito di non essere a conoscenza dei fatti e di non conoscere altri coinvolti nell'inchiesta: "Leggo di questo Manna: io non so chi sia, dove viva, cosa faccia. Nessuno in maniera pubblica né privata mi ha mai fatto cenno a questa persona", ha assicurato. Questa vicenda, secondo De Luca, servirà quindi a far ripartire l'azione della sua amministrazione, "lanciando la sfida della trasparenza, della correttezza e del rigore amministrativo. Noi e il partito in cui milito siamo protagonisti di questa sfida e non arretreremo di un passo".

Emergono intanto i primi particolari dell'inchiesta. Nel capo d'imputazione del decreto di perquisizione i pubblici ministeri di Roma, Corrado Fasanelli e Giorgio Orano, scrivono che De Luca, tramite Giuseppe Vetrano (ex coordinatore delle liste a sostegno) e Carmelo Mastursi (già capo della segreteria ed assistente del governatore) sarebbe stato minacciato dal magistrato del tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio, che era giudice relatore nella fase di merito del ricorso avviato dal governatore contro il provvedimento di sospensione in base alla legge Severino. La Scognamiglio, sempre secondo gli inquirenti, "abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella suddetta controversia giudiziaria, in concorso con il coniuge Guglielmo Manna e con gli intermediari Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio, minacciando De Luca, per il tramite di Vetrano e Mastursi di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo (De Luca) a promettere a Manna la nomina ad una importante carica dirigenziale nella sanità campana". Questo messaggio sarebbe stato recapitato sempre tramite Vetrano e Mastursi. La condotta sarebbe stata "reiterata" in occasione "dell'udienza tenutasi al tribunale di Napoli l'11 settembre 2015 ed avente ad oggetto la legittimità del Dpcm che aveva sospeso De Luca dalla carica di presidente della Regione Campania".

Concussione per induzione, secondo l'articolo 319 quater del codice penale. E' questo il reato per cui è indagato il presidente della Regione Campania ed altre 6 persone nell'ambito di una inchiesta della Procura di Roma e avviata dalla magistratura partenopea. La contestazione riguarda un periodo di tempo tra il luglio ed il settembre scorso. Oltre a De Luca sono sotto accusa il giudice del tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio; il marito di questa Guglielmo Manna; gli "intermediari" Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio; l'ex coordinatore delle liste a sostegno di De Luca, Giuseppe Vetrano; e Carmelo Mastursi, già capo della segreteria del governatore. In merito alle indagini della Procura di Roma su De Luca, il procuratore capo della Capitale, Giuseppe Pignatone, ha spiegato che il merito della decisione del Tribunale di Napoli, con la quale De Luca aveva vinto il ricorso contro la legge Severino, "non è oggetto di esame da parte nostra". Le perquisizioni eseguite dagli investigatori risalgono al 19 ottobre scorso. L'unico indagato a non essere stato oggetto del decreto è proprio De Luca. Nessuno poi ha fatto ricorso al tribunale del Riesame.