Da Bruxelles, la discussione sull’emergenza immigrazione nel Mediterraneo si sposta nella sede dell’Onu. Il vertice straordinario Ue chiesto dall’Italia ha ottenuto un aumento dei finanziamenti e dei mezzi per l'operazione Triton, ma anche l’attivazione di Francia e Gran Bretagna per proporre all’Onu una risoluzione che autorizzi una missione in Libia finalizzata alla distruzione delle imbarcazioni degli scafisti. Nessuna apertura invece sulla redistribuzione dei richiedenti asilo in paesi diversi da quelli di approdo.
L'immagine dei 28 leader europei in piedi che osservano un minuto di silenzio per le vittime della strage del Canale di Sicilia è il segno di un cambiamento all'interno dell'Unione europea, un cambio di passo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi auspicava e che ha cercato con forza. Il premier è arrivato a Bruxelles sottolineando che l'emergenza sbarchi "non è più soltanto un problema dell'Italia e di Malta, ma è una questione di diritto umanitario, di sicurezza e di giustizia".
Intorno al tavolo che riunisce i 28, la questione è diventata più complicata. Nel corso di un vertice iniziato mentre da Washington arrivava la notizia dell'uccisione di Giovanni Lo Porto, vittima di un raid americano in Pakistan, la solidarietà dei leader per l'emergenza immigrazione affrontata dall'Italia è stata totale e palpabile, così come la disponibilità a interventi importanti come il rafforzamento di Triton sia economicamente - risorse triplicate - che dal punto di vista dei mezzi a disposizione. Jean Claude Juncker, che ai 28 ha distribuito un dossier intitolato "Gestire le migrazioni: una sfida comune", ha chiesto e ottenuto che siano triplicati i fondi per le operazioni di Triton: dai 3 milioni al mese attuali, si passa a 9.
Ovvero, quanto l'Italia da sola spendeva per Mare Nostrum. Ci saranno però molti più mezzi: Belgio, Germania, Francia, Svezia, Lituania, Norvegia e Danimarca hanno promesso complessivamente 8 navi, 1 elicottero e 1 pattugliatore. Altri, come la Spagna, hanno assicurato che saranno "generosi" quando la Commissione avrà definito le necessità.
Chiara la volontà di intervento anche per quanto riguarda una missione ad hoc per la distruzione dei barconi degli scafisti. Una soluzione per la quale serve una risoluzione dell’Onu, come ha sottolineato il presidente francese, Francois Hollande. Per questo la Francia e la Gran Bretagna, nella loro veste di membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, prenderanno l'iniziativa presso le Nazioni Unite. L'Alto rappresentante Federica Mogherini sarà all'Onu a New York già martedì ed il giorno successivo a Washington, per incontri già programmati: in quell'occasione parlerà della possibilità di condurre un'operazione Pesd contro gli scafisti. Matteo Renzi invece parlerà di Libia con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon lunedì, quando sarà in Italia.
Il nodo più spinoso, come si sapeva fin dall'inizio, è sempre lo stesso: la redistribuzione dei richiedenti asilo per i diversi paesi europei e non solo tra quelli di approdo. Il tema tocca direttamente gli interessi nazionali, in particolar modo quelli dei paesi sotto elezioni come la Gran Bretagna. Non è un caso che il premier britannico David Cameron, arrivando al vertice, abbia dato la massima disponibilità sulla fornitura di armi e mezzi, ma a condizione che le persone salvate non "richiedano asilo in Gran Bretagna".
Alcuni paesi si sono dimostrati disponibili ad ospitare gli immigrati e hanno fatto delle aperture, ma, al momento, resta sempre la base volontaria dell'intervento. La ripartizione tra i paesi europei dei richiedenti asilo resta quindi il tabù: l'idea delle 'quote' obbligatorie nemmeno si discute. Nelle bozze di conclusioni spunta un meccanismo di emergenza, tutto da definire. E ci potrebbe essere una scappatoia per la redistribuzione, assegnando al paese della nave che salva in mare il compito di trattare le richieste di asilo. D'altronde era stato lo stesso presidente del Consiglio, il polacco Donald Tusk (che ha impiegato 24 ore prima di sciogliere le riserve e convocare questo vertice), a dire chiaramente che sarebbe stata la redistribuzione "la questione più difficile" da discutere perché si sarebbe trattato di convincere tanti paesi "a sacrificare qualche interesse nazionale in nome del bene comune".