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Inchiesta grandi opere, Anm: “da stato schiaffi a Pm, carezze a corrotti”. Bufera sul ministro Lupi

"Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità". Commenta così il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli l'inchiesta di Firenze sulle tangenti sulle Grandi Opere che ha portato all'arresto di 4 persone. Invece "i magistrati sono stati schiaffeggiati e i corrotti accarezzati".  Nel mirino della maxi operazione gli appalti delle più importanti tratte dell'Alta velocità del nord e del centro Italia, di Expo e anche quelle delle autostrade. Corruzione, induzione indebita, turbata libertà degli incanti ed altri delitti contro la Pubblica amministrazione sono queste le accuse, "un articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori".

Tra gli arrestati il super-dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici (ora consulente esterno) Ercole Incalza; è lui, secondo l'accusa, il principale artefice del "sistema corruttivo". Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di 'dominus' della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l'illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti. In un colloquio del 25 novembre 2013 - riportato nell'ordinanza di custodia cautelare- -Giovanni Paolo Gaspari, già alto dirigente del Gruppo ferrovie dello Stato e consigliere presso il ministero delle Infrastrutture, parla di Ercole Incalza con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa: "Ercolino.. è  lui che decide i nomi... sì.. sì.. tra tutti i suoi.. sì.. si' ancora.. ancora... fa il bello e il cattivo tempo ormai là  dentro..". Gli altri arrestati sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. 51 gli indagati tra cui Antonio Acerbo, l'ex manager di Expo già arrestato lo scorso ottobre nel filone d'inchiesta milanese sulla '"cupola degli appalti"; è accusato di turbativa d'asta per aver pilotato la gara per il 'Palazzo Italia'.

È bufera sul Ministro Lupi dopo che nell'inchiesta è spuntato il nome del figlio e i rapporti tra il ministro e l'imprenditore Perrotti. Lasciare l'incarico? "No, le dimissioni no. Anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo ingiustamente mio figlio, mi sono chiesto se il gioco valga la candela" le parole del ministro in un'intervista a Repubblica. "Provo soprattutto l'amarezza di un padre nel vedere il proprio figlio sbattuto in prima pagina come un mostro senza alcuna colpa". Torna poi sul Rolex che Stefano Perotti ha regalato al figlio Luca per la Laurea: "l'avesse regalato a me non l'avrei accettato". Lupi si sofferma anche sull'intercettazione in cui aveva minacciato la crisi di governo: "era una battaglia politica, non difendevo la persona", "ma l'integrità del ministero.

Si stava discutendo di legge di Stabilità e del futuro della nuova Struttura tecnica di missione". Il governo frana sulle dimissioni del ministro. Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio "è prematuro trarre elementi di colpevolezza per il ministro e il governo". Quanto alla legge Severino, "il governo non assume nessuna iniziativa, se ci sono le condizioni in Parlamento lo deciderà il Parlamento".

"Effettivamente, Stefano Perotti", l'imprenditore arrestato, "ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi", dice il magistrato. Nelle intercettazioni si viene a sapere che Perotti ha assunto Luca Lupi in cantiere per 2 mila euro al mese: "Ho visto Perotti l'altro giorno, tu sai che Perotti e il ministro sono non intimi, di più. Perché lui ha assunto anche il figlio, per star sicuro che non mancasse qualche incarico di direzione lavori, siccome ne ha soli 17, glieli hanno contati, ha assunto anche il figlio di Lupi, no?"

"La corruzione che viene scoperta, purtroppo, è soltanto la punta dell'iceberg" amaro il commento del Presidente del Senato Piero Grasso. Intervistato da Repubblica invita la politica a fare presto: "deve correre".  "Il punto vero della corruzione è riuscire a farla emergere". Grasso propone di seguire la strategia utilizzata negli Usa, che convincono il corrotto a collaborare prima dell'arresto: "per questo, - spiega l'ex procuratore antimafia - nella mia proposta di legge, ho inserito un sconto di pena per chi collabora".

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