Un'altra notte in strada a protestare contro la decisione del Grand Jury che ha deciso di non incriminare l'agente Wilson per la morte, lo scorso agosto, del 18enne afroamericano Michael Brown. Sembra che l'America, quella multiculturale, quella multirazziale, abbia voglia di far sentire la propria voce: forte e chiara. Per la seconda notte consecutiva, infatti, non solo a Ferguson, ma anche a Chicago, New York, Washington, Baltimora, San Francisco, Seattle e in molte altre grandi città americane, centinaia di migliaia di persone sono scese per le vie in segno di protesta bloccando tunnel, ponti, autostrade.
Ieri, in una intervista alla Abc, l'agente Darren Wilson ha affermato di essere molto dispiaciuto per la perdita di una vita, ma di avere fatto semplicemente il proprio lavoro. Una dichiarazione che non ha certo contribuito a calmare gli animi.
A Ferguson, dove il governatore del Missouri Jay Nixon ha fatto affluire i rinforzi per la Guardia Nazionale, la tensione è infatti altissima e già in serata alcune persone sono state arrestate durante degli scontri. A New York una folla si è riunita nel tardo pomeriggio a Union Square e, scandendo il nome Michael Brown e slogan come "un distintivo non è una licenza di uccidere", ha iniziato a marciare, arrivando fino al Lincoln Tunnel e bloccandone l'entrata per una ventina di minuti. Bloccate anche diversi altre arterie della città, mentre diverse persone sono state arrestate.
A Washington, un gruppo di manifestanti hanno inscenato un 'die-in', sdraiandosi in terra e fingendosi morti davanti ad alcune stazioni di polizia, per quattro minuti e mezzo. "Per simboleggiare le quattro ore e mezza che Michael Brown è rimasto sull'asfalto dopo essere stato ucciso", ha spiegato uno di loro.
A Boston i manifestanti si sono diretti verso l'autostrada, bloccando le rampe di accesso alla Massachusetts Avenue. E ancora, manifestazioni in centro ci sono state anche a Philadelphia, Minneapolis, Seattle, Atlanta e Chicago, dove oggi era peraltro in visita il presidente.
In un intervento nella sua città, Obama ha ripetuto che "il problema non è solo un problema di Ferguson, è un problema dell'America". E se una parte della comunità americana non si sente benvenuta o trattata equamente, ha detto ancora, la cosa mette tutti a rischio. E condannando le violenze della notte di lunedì a Ferguson ha affermato che "dare fuoco ad edifici, bruciare auto, distruggere proprietà" sono reati che devono essere perseguiti. Tuttavia, ha anche detto, "le frustrazioni che abbiamo visto non sono solo per un particolare incidente, hanno radici profonde in molte comunità".





