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Dichiarazione del Consigliere regionale dei Riformatori su Servitù militari, trasferire in Sardegna le industrie dell’indotto

“Ben venga la dismissione del poligono di Capo Frasca, installazione non indispensabile per le esigenze della Difesa che pesa come un macigno sull’economia di uno dei territori costieri più belli della Sardegna, ma questo deve essere solo l’inizio: la dislocazione delle servitù militari nell’Isola deve essere interamente ripensata affinché non sia soltanto un fardello di cui la Sardegna si fa carico per un vincolo di solidarietà ma anche una concreta occasione di sviluppo”, dichiara il capogruppo dei Riformatori Sardi – Liberaldemocratici in Consiglio regionale, Attilio Dedoni, annunciando che sabato parteciperà alla manifestazione per la riduzione della presenza militare che si terrà davanti al poligono del Medio Campidano.

“L’atteggiamento del presidente Pigliaru è troppo tenero, non possiamo accontentarci di una semplice riduzione delle aree interdette”, sottolinea Dedoni. “Poiché facciamo parte della Repubblica italiana, dobbiamo essere solidali così come lo sono tutte le altre Regioni, non certo facendoci carico del 65 per cento delle servitù presenti sull’intero territorio italiano.

Soprattutto, non si può immaginare una tale disponibilità nei confronti di uno Stato che solidale con noi non lo è mai stato, come dimostrano la mai risolta vertenza sulle entrate erariali spettanti alla Sardegna e l’accordo-capestro sul patto di stabilità imposto alla Regione. La presenza militare nell’Isola deve essere ridiscussa partendo da zero e al Governo di turno dovrà essere chiesta una contropartita realmente proporzionata a ciò che stiamo cedendo: un ristoro in termini di risorse finanziarie per le porzioni di territorio sottratte alla nostra fruizione e all’utilizzo produttivo, ma anche e soprattutto la creazione di sviluppo e occupazione”.

“Per sviluppo e occupazione”, conclude il capogruppo, “non si intende certo qualche decina di buste paga magnanimamente offerte dall’amministrazione militare per tenere buone le popolazioni locali, ma l’apertura in Sardegna di stabilimenti produttivi delle diverse industrie da cui si forniscono le Forze Armate, dai mezzi e dai sistemi di armamento (Agusta, Alenia, Oto Melara, ecc.) fino alle divise. L’indotto dovrà generare nell’Isola una quantità di posti di lavoro proporzionata al territorio occupato dai poligoni, non certo come accade oggi che non esiste, in Sardegna, alcun indotto: le installazioni militari sono un gravame totalmente improduttivo, un danno alla nostra economia che non possiamo più tollerare”.

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