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Settimo giorno dell’aggressione di Israele sulla popolazione inerme di Gaza: oltre 170 morti e migliaia di persone in fuga

Settimo giorno dell'offensiva israeliana contro il lancio di razzi dalla striscia di Gaza: raid e tiri d'artiglieria hanno colpito postazioni delle brigate Ezzedine al-Qassam, senza fare vittime. Ieri, domenica 13 luglio, l'appello del Papa per la fine delle violenze e in giornata a Tel Aviv è prevista una riunione dei ministri degli Esteri dei paesi arabi e la visita del tedesco Steinmeier. Anche il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini è in partenza per il Medio Oriente.

Il conflitto a Gaza si intensifica e il bilancio si aggrava: circa 170 palestinesi morti e più di 1100 feriti mentre Hamas rivendica ancora razzi su Israele, Tel Aviv compresa e fino a Haifa, all'estremo nord del paese. Nella Striscia è fuga di massa dalla zona nord, dove la gente ha abbandonato con ogni mezzo le case prima dei nuovi bombardamenti annunciati da Israele. Diciassettemila persone - mentre la comunità internazionale accelera gli sforzi per un cessate il fuoco e papa Francesco rivolge un appello accorato a interrompere le ostilità - si sono rifugiate nei centri di accoglienza dell'Onu, lasciando una spettrale Beit Lahya da dove, secondo Israele, arriva un buon numero di razzi.

Prima che l'escalation entri in una fase ancora più difficile da sciogliere di quella attuale - visto che l'opzione terrestre appare tuttora sul tavolo - la diplomazia prova a dare un segno di vita: il segretario di stato John Kerry ha avvisato da Vienna via telefono il premier Benyamin Netanyahu che gli Usa sono pronti "a facilitare una cessazione delle ostilità" e a favorire "un ritorno all'accordo di cessate il fuoco del 2012", assicurando al contempo "il suo impegno con i leader della regione per fermare il lancio di razzi" contro Israele. Una posizione che sembra andare incontro al concetto di 'calma in cambio di calma' evocato da Netanyahu prima della crisi, anche se il premier è sembrato insistere sulla linea dura ammonendo che l'operazione Margine Protettivo potrà "richiedere tempi lunghi".

"Continueremo ad operare con forza - ha incalzato - in modo da riportare la quiete". Israele resta fortemente determinato su questo punto, tanto che il presidente uscente Shimon Peres, una 'colomba' rispetto a Netanyahu, ha messo a sua volta in guardia che "non ci può essere compromesso con il terrorismo".

Dall'inizio della settimana Gerusalemme e Ramallah in Cisgiordania diventeranno tuttavia la prima linea degli sforzi di mediazione internazionale, con le visite del ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e della sua collega Federica Mogherini. Quest'ultima, l'Italia al timone del semestre di presidenza dell'Ue, ha sottolineato che "serve una tregua immediata". Il premier Matteo Renzi ha del resto rimarcato che occorre "fermare gli estremisti" per avvicinare una soluzione che garantisca a un tempo "la sicurezza d'Israele" e "il diritto alla patria del popolo palestinese".

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